Il 15 febbraio nasce l’alleanza dei cosiddetti “V-4”, vale a dire i quattro paesi di Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, riuniti nello scenario internazionale sotto il nome di “gruppo di Viségrad”.

Scopo della manifestazione, secondo la presidenza ungherese (che ruota ogni anno e la cui fine è prevista per il mese di luglio), è stato quello di avvicinare lo spirito di Viségrad e i suoi valori alle persone comuni e di rafforzare il legame tra cittadini e tale forma di cooperazione con i paesi vicini. Eppure, qual è l’origine di questa alleanza tra paesi culturalmente diversi, che ultimamente sembrano avere come maggiore punto in comune una postura intransigente sul tema immigrazione?

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Firma dell’Accordo di Visegrad tra i capi di stato di Cecoslovacchia, Polonia ed Ungheria, 1991

Storicamente, un primo incontro dal valore programmatico tra le potenze dell’Europa centrale rimonta al lontano 1335: a quel vertice, tenutosi per la prima volta nel castello di Viségrad, partecipò il padrone di casa Carlo (Roberto) I d’Angiò, re d’Ungheria, Giovanni I re di Boemia e Casimiro III, re di Polonia.  Risultato dell’incontro fu una Carta che aveva lo scopo primario di risolvere definitivamente, con dovizia di particolari,  le dispute territoriali e dinastiche dei quattro sovrani e quello secondario di inaugurare una nuova e proficua stagione di mutua cooperazione.

Secoli dopo, come a completare un arco di raccordo ideale con il passato, un altro incontro si tenne a Viségrad, il 15 febbraio 1991, tra il presidente della repubblica cecoslovacca Vaclav Havel (protagonista della  esemplare “rivoluzione di velluto” nel proprio paese), il presidente polacco Lech Walesa e il primo ministro ungherese József Antall: la formazione del gruppo di Viségrad in quella circostanza fu motivata da quattro ragioni fondamentali: il desiderio di abbattere le ultime reminiscenze del defunto regime comunista nei paesi dell’Europa centro-orientale, la volontà di superare le storiche rivalità tra i paesi di quell’area geografica, l’idea che la collaborazione tra stati avrebbe accelerato il processo di trasformazione della società e aiutato nel processo di adesione all’Unione Europea e, infine, un allineamento congiunturale degli interessi strategici dell’élite politica.

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Vista del Castello di Visegrad, Ungheria

A partire dal 1993, con la disintegrazione della Cecoslovacchia, i componenti del sodalizio sono diventati quattro, includendo la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Il periodo di maggior successo per il gruppo fu il triennio 1991-1993, con la moltiplicazione dei negoziati per l’adesione alla NATO e all’UE, affievolitisi negli anni seguenti in virtù della concezione che sforzi individuali per l’integrazione nell’alleanza Euro-Atlantica avrebbero portato risultati più concreti. La cooperazione in seno al gruppo di Viségrad fu poi ufficialmente ripresa a partire dal 1998.

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I primi ministri del Gruppo Visegrad ad un incontro nel 2017

Oggi, il sodalizio attraversa forse il suo periodo di maggior fioritura: il V-4, ha affermato il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjartó, è diventato un “brand”, capace di elaborare una linea comune e di rappresentare un modello di cooperazione per il resto del continente. Il coordinamento in ambito economico sta portando i suoi frutti, come testimoniano i dati  che danno l’interscambio tra V-4 e Germania come tre volte superiori all’interscambio tra quest’ultima e l’Italia; i più ottimisti, come Victor Orbán, ritengono che a breve il fulcro economico d’Europa si sposterà ad est, e ciò non potrà che accrescere il peso politico dei paesi della zona in seno all’Unione. Sul piano energetico, i quattro stanno lavorando con successo al fine di diversificare le proprie fonti di somministrazione e ridurre dunque la troppo marcata dipendenza dalla Russia. Infine, ingenti investimenti infrastrutturali sono stati fatti negli ultimi anni per migliorare il collegamento tra le capitali dei paesi V-4, e tra queste e i paesi vicini come la Serbia. Tuttavia, la sfida più grande posta dalle ex-repubbliche socialiste è quella politica: la difesa orgogliosa dei propri tratti identitari e il rifiuto categorico di qualsiasi forma di ripartizione di migranti  mette in discussione gli stessi valori su cui si fonda il progetto comunitario, primo fra tutti la solidarietà: i V-4 sono oggi espressione di un modello alternativo di Unione Europea, un’unione di stati sovrani essenzialmente svuotata di prerogative sovranazionali. È certamente un modello contrario alla tendenza dell’ultimo decennio, ma il peso politico dei paesi che ne sono ambasciatori rende impossibile ignorarlo.



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Articolo di Filippo Gualtiero Blancato

Foto: Visegrad Group, Contagious Middle Ages,Travelub, dailyhungary