Estate, 1945. Un anonimo villaggio rurale ungherese. Un contadino comunista, un “borgomastro” conservatore dal passato misterioso, un poliziotto enigmatico, un ubriacone, un invalido di guerra, un ragazzo che sogna un futuro migliore, una ragazza che lotta per la propria indipendenza. Un paese di campagna normale all’apparenza, in cui si sta per celebrare un importante matrimonio.

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Una scena del film

La guerra è finita da poco, i sovietici hanno occupato il paese, e gli ungheresi cercano di tornare, con difficoltà, alla vita di tutti i giorni. Ma una mattina, un evento stravolge la fragile tranquillità di questo piccolo villaggio. Alla stazione ferroviaria, nella quale solitamente non scende nessuno, arrivano due uomini misteriosi con un carico pesante. Un anziano con un largo cappello nero ed una lunga e folta barba bianca, accompagnato da un giovane ben rasato e vestito con abiti scuro, scendono dal treno a vapore.  Sono due ebrei.

La loro presenza stravolge il paese, creando una psicosi generale. Cosa vorranno? Perché sono tornati? Non dovevano essere “scomparsi” tutti, per sempre?

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L’arrivo dei due misteriosi ebrei alla stazione del paese

In questo contesto, si svolge la riflessiva pellicola in bianco e nero diretta da Ferenc Török il quale, attraverso l’immaginazione di un archetipico villaggio ungherese del dopo guerra, ha voluto interrogarsi circa il tema della delazione, dell’antisemitismo e della “colpa collettiva” del popolo ungherese per i fatti legati al triste destino dell’ebraismo magiaro. Infatti, Török ha avuto il coraggio di focalizzare la propria pellicola su un tema che rappresenta ancora oggi un vero e proprio tabù, ossia quello della corresponsabilità della nazione ungherese nel massacro di mezzo milione di ebrei nell’arco di appena 3 mesi. Corresponsabilità che solo un intellettuale come István Bibó, nel 1948, ebbe il coraggio di denunciare in un saggio dal titolo “La questione ebraica in Ungheria dopo il 1944”. Bibó rimase solo, allora e per i decenni successivi, in un paese che non aveva alcun interesse a focalizzarsi sulle proprie colpe. Solo di recente si è riaperto il “dibattito” sul tema, grazie anche alle polemiche circa il monumento in ricordo delle vittime della Shoah costruito in Piazza della Libertà a Budapest nel 2014, che sottolinea ancora una volta l’estraneità ungherese nell’eccidio dei “suoi” ebrei.

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Il borgomastro ed il poliziotto del villaggio

Da giovedì 3 maggio, 1945 (92’, bianco e nero), è uscito nelle sale cinematografiche italiane, distribuito da Mariposa Cinematografica e Barz and Hippo. Un film adatto per chiunque voglia comprendere l’Ungheria post-bellica, le sfumature della sua società e la corresponsabilità attiva di alcuni suoi cittadini nel massacro degli ebrei ungheresi.



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Foto: Panorama