Articolo di Francesco Bonicelli Verrina

 

Dal 1920 fu attiva in Ungheria una “Società per le relazioni estere“, fondata dal conte Albert Appony per stimolare la conoscenza all’estero dell’Ungheria, con essa collaborava anche il conte Pal Teleki. Nel 1921 in Italia era stato fondato, a Roma, l’IPEO (Istituto Per l’Europa Orientale), su iniziativa del capo ufficio stampa del Ministero degli Esteri, Amedeo Giannini, con una rivista “L’Europa Orientale“, affidata all’ex direttore di “Russia” e amico di Gorkij, Lo Gatto. Essa avviò una serie di studi volti a riaccendere l’interesse italiano risorgimentale sullo scacchiere orientale, anche attraverso un intenso rapporto culturale con vari istituti, fra i quali l’ungherese Università “Mattia Corvino” di Budapest, con studi e pubblicazioni sul poeta petrarchesco Kisfaludy e sull’influenza di Tasso e Marino sulla letteratura ungherese e, dall’altra parte, con lo studio divulgativo di Rodolfo Mosca “L’Ungheria Contemporanea“. È noto inoltre che nello stesso periodo Cinecittà producesse numerosi film di sceneggiatura ungherese (i famosi “telefoni bianchi”) e i romanzieri ungheresi andassero letteralmente a ruba fra i lettori italiani: Kormendi, Szerb, Harsany, solo per citarne alcuni, ma si potrebbero citare decine di nomi, oggi rimossi dalla memoria dei più, forse anche nella stessa Ungheria.

flickr

Palazzo Falconieri, sede dell’Accademia d’Ungheria a Roma

È evidente che, proprio tramite la diplomazia culturale, l’Ungheria abbia tentato negli anni fra le due guerre mondiali (anche adoperando gli istituti di cultura in Cecoslovacchia e Romania come punti di reclutamento di spie e falsari) di diffondere la conoscenza della civiltà magiara e di intrecciare relazioni politico-commerciali più ampie, per integrarsi stabilmente in Europa e in Occidente, cercando di trovare un appoggio per risollevarsi dalla disfatta e di trascinare gradualmente alla propria causa revisionista i circoli culturali e diplomatici occidentali. Per fare ciò Kuno Klebelsberg, Ministro dell’Istruzione dal 1922 al 1931, incentivò la fondazione e diffusione capillare di istituti e società scientifico-culturali, un po’ in tutto il mondo occidentale, appoggiandosi ai più validi accademici dell’Accademia delle Scienze e della Mattia Corvino. La prima Accademia d’Ungheria all’estero fu fondata proprio in Italia a Roma.

debreceni Nap

Statua dedicata a Kuno Klebelsberg, sostenitore della conoscenza dell’Ungheria all’estero

Berzeviczy, studioso ungherese dell’Italia, sostenne che “la Magiarità trasse dalla cultura di Roma le linfe di sviluppo della sua individualità, e alla cultura di Roma deve perciò tornare a collegarsi, per restituire pieno vigore alla missione che le è affidata nel bacino danubiano“. Non pochi esuli ungheresi avevano trovato rifugio in Italia nell’Ottocento, combattendo anche al fianco di Garibaldi. L’Italia fu la prima dei Paesi vincitori che si fece carico, alla Società delle Nazioni, di una difesa attiva del popolo magiaro, oltre che la prima ad aprire i confini agli scambi commerciali con l’Ungheria e a restituire i prigionieri di guerra ungheresi.

Tutto ciò portò Istvan Bethlen, allora premier, a firmare con l’Italia il Patto di conciliazione, amicizia ed arbitrato il 5 aprile 1927, che riporterà finalmente davvero il Paese agli onori della cronaca togliendolo dall’isolamento; dal 1928 Mussolini rifornirà di armi il disarmato esercito ungherese (in cambio di manzi), nella speranza di riaprire una via all’influenza italiana nei Balcani, scardinando la Piccola Intesa a detrimento della Francia, che armava la Romania.

cultura.hu

Istvan Bethlen, Primo ministro ungherese negli anni ’30

A ciò faranno seguito i protocolli di Roma del ’34, per un’unione economico-commerciale fra Italia, Austria e Ungheria, in chiave anti-germanica. La necessità del comune nemico, più che una reale vicinanza ideologica, riavvicinò le due nazioni, come la stessa necessità avvicinò, nel medesimo periodo, l’Ungheria revisionista all’Unione Sovietica, nel 1924, una soluzione pragmatica che portò Chicherin e Krestinkij (ambasciatore sovietico a Berlino) a importanti colloqui con il Ministro degli Esteri ungherese Kanya e Jungerth-Arnothy (sovietologo di fiducia di Horthy), a proposito dei comuni interessi in Romania: da una parte l’URSS non aveva mai riconosciuto la cessione della Bessarabia e teneva una posizione critica verso tutti i trattati di pace, dall’altra, sebbene Horthy abbia riconosciuto, con il Trianon, la perdita della Transilvania, il giorno dopo quel famoso 4 giugno 1920 annunciava già alla Nazione che “se subito non sarà possibile riconquistarla, perché la Romania ci sovrasta in forze, verrà un giorno in cui ce la riprenderemo!”. Ciò che fece dire a Teleki, profeticamente, che un cieco revisionismo avrebbe fatto perdere tutto all’Ungheria.

Solo una faziosa opposizione del deputato ipernazionalista Bajcsy-Zilinski e dei social-democratici e in minor misura dei Piccoli Proprietari, oltre alla secessione di Gombos e i suoi 6 deputati, non permise nel ’24 (di rinvio in rinvio) l’insediamento a Budapest di un’ambasciata sovietica, benché fosse già stato tutto predisposto, data compresa: Jungerth-Arnothy sul piede di partenza per Mosca e Davtian quasi in partenza per Budapest.

alfahir.hu

Miklos Horthy, Reggente dello stato ungherese fino al 1944

Essendo il regime di Reggenza il naturale continuatore della linea asburgica, l’URSS era già stata de facto riconosciuta dalla Duplice Monarchia con Brest-Litovsk. Unica clausola sarebbe stata l’assenza di personale ungherese nella nuova ambasciata russa, per paura di un ritorno di esuli comunisti (fra i quali il futuro dittatore Rakosi), oltre un severo controllo sulle forniture, temendo operazioni segrete di propaganda.

In realtà molto probabilmente Chicherin coltivava davvero buone intenzioni per instaurare un utile e pratico rapporto col piccolo e anacronistico governo revisionista nel cuore dell’Europa, senza doppi fini, per aprire anche all’Unione Sovietica la sua via nei Balcani (distruggere il predominio francese, obiettivo non meno perseguito dagli italiani) per vie diplomatiche anziché con un attacco diretto alla Romania; lo dimostrano anche i suoi sforzi per evitare propagandisti nei corpi diplomatici, consapevole dell’importanza della pace e della mutua assistenza fra Ovest ed Est. D’altra parte l’Ungheria non avrebbe mai accettato un accordo che prevedesse la sua neutralità in un ulteriore conflitto russo-polacco..

I rapporti fra Budapest e Mosca rimasero ibernati fino al 1934, quando finalmente si stabilirono uffici diplomatici russi a Budapest e ungheresi a Mosca. In realtà nello stesso periodo la diplomazia di Bethlen tentò di praticare anche una via alternativa, cioè quella di un’unione economica con la Romania, idea che prevedibilmente fallì.

ORBÁN Viktor; PUTYIN, Vlagyimir

Il passato non muore mai: oggi le relazioni Russo-ungheresi sono più forti che mai

Le relazioni russo-ungheresi videro il loro culmine nel 1941, per ironia della sorte, a un passo dalla dichiarazione di guerra fra Mosca e Budapest, quando una delegazione ungherese si recò a Mosca per donare le opere del vate georgiano Shota Rostavelli, tradotte in ungherese, a Stalin, che in cambio restituiva all’Ungheria le insegne ungheresi rapite da Paskevic nella repressione dei moti del 1848.

Teleki sperò fino all’ultimo nella neutralità italiana e nella possibilità di costituire un blocco anti-nazista con Mussolini, illusione che parve sempre più assurda, e l’Ungheria fu armata dall’Italia e dalla Germania solo in cambio di aiuto bellico e scorte alimentari ingenti, legandosi mani e piedi all’Asse, senza spazi di resistenza e autonomia, tentati con una repentina fuga verso la Jugoslavia, con un patto di eterna amicizia, il cui tradimento costò il suicidio di Teleki stesso e l’onore del paese.

Daily express

Anche le relazioni tra Italia ed Ungheria, specie negli ultimi mesi, sono tornate ad essere centrali.

Bethlen si attivò sotto traccia, fin dal 1944, per una pace separata con Mosca, ma fu imprigionato e deportato in Russia, dove scomparve, insieme a molti altri, fra cui Janos Eszterhazy, rappresentante della minoranza magiara in Slovacchia, uomo del dialogo fra Ungheria e Cecoslovacchia e fra Ungheria e Slovacchia poi, già perseguitato dal governo fascista slovacco per essere stato l’unico parlamentare a non aver votato le leggi razziali e le deportazioni degli ebrei slovacchi.

© Riproduzione riservata

Foto: alfahir.hu, flickr, cultura.hu, Debreceni Nap, moszkva.mfa.gov.hu, 24.hu