Per chi non si interessa di pugilato Joe Bugner è un personaggio sconosciuto, ma la sua storia rappresenta una delle più significative rispetto al tema dei profughi ungheresi del 1956.

József, bambino della pianura ungherese e la sua voglia di sport

Nato nel 1950, a Szőreg, nella provincia di Csongrád, József Kreul Bugner era ancora un bambino quando la madre lo fece salire su un bus assieme ai fratelli per fuggire in Jugoslavia. Erano i giorni della repressione della Rivoluzione del 1956. Dopo alcuni mesi in un campo profughi la famiglia riuscì ad approdare in Inghilterra. Il piccolo József non conobbe mai il padre. Rimase però sempre molto legato alla madre, “Mia madre aveva più palle di qualsiasi avversario io abbia mai incontrato sul ring” dichiarò.

Fin dai primi anni della scuola dimostrò una certa aggressività ed una predisposizione alle discipline sportive: in particolare si distinse nell’atletica dove fu campione Junior del lancio del disco. Ma erano gli anni dei grandi miti della boxe, Joe Lewis, Rocky Marciano, Cassius Clay. In particolare quest’ultimo fu ispirazione per il giovane nell’ intraprendere la carriera pugilistica.

József diventa Joe: iniziano i primi successi nella boxe

Passare dall’atletica al pugilato non fu uno scherzo nonostante le grandi caratteristiche fisiche del giovane ungherese, alto quasi due metri. Il giovane ungherese divenne ben presto una speranza della boxe britannica. Ma fu proprio grazie alle sue origini ed alla necessità del pugilato inglese di ritrovare nuovi nuovi campioni, che si giocò la partita più difficile per il giovane atleta.

L’incontro per il titolo dei pesi massimi europeo e del Commonwealth con Henry Cooper, vero idolo del pubblico inglese, segnò definitivamente le carriere di entrambi i pugili. Alla fine di 15 estenuanti riprese l’arbitro dichiarò vincitore Joe Bugner con il vantaggio di un quarto di punto, una caratteristica del solo regolamento britannico. Cooper, classe ’37, cedeva il testimone a Bugner, classe ’50.

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Bugner e Cooper

Henry Cooper, i tifosi e gran parte della stampa criticarono aspramente l’arbitro. Benché molte testate e tecnici sostenessero invece Bugner, le critiche all’ungherese continuarono per anni, chiamando in causa anche il fatto di non essere “inglese puro”.

Bugner incontra Alí

Nei primi anni ’70 Joe va negli Stati Uniti, dove si prepara il ritorno sul Ring di Mohamed Alí dopo la nota squalifica per il rifiuto di prestare servizio militare. Joe sarà uno degli sparring partner. Le scenette a bordo ring e nelle conferenze stampa sono una caratteristica dello showbusiness pugilistico del tempo.

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Bugner e Alì

Mohamed Alí incontrò Bugner nella sala da pranzo di un albergo che beveva un cappuccino. Si rivolse a lui inveendo nel suo stile “Non ho mai visto nessuno brutto come te, tua madre deve aver pianto quando sei nato!“. Big Joe, invece di farsi mettere in soggezione rispose “E non hai ancora visto mia sorella!“. Il gruppo al seguito di Alí esplose in una risata ed il campione di Louisville rimase di sasso di fronte al biondo „Apollo” magiaro, che per un attimo gli aveva rubato la scena.

Joe Bugner  rimase nella storia  anche per aver mandato a quel paese niente meno che Elvis Presley, durante un party a Las Vegas. Bugner, Campione Europeo e del Commonwealth, chiese ad Elvis se anche lui poteva ricevere in regalo un accappatoio come quello donato dalla star ad Alí, recante la famosa scritta „People Choice”. Ma Elvis disse a Bugner “tu non sei il campione“: ne nacque un diverbio, alimentato dal fatto che effettivamente, in quel momento, Bugner era l’unico che sulla carta era campione in carica per un qualche titolo. Per niente intimorito dalle guardie del corpo della Star, se ne andò sbattendo la porta.

L’America allontanava sempre di più Joe da József. In Ungheria il mito di Lázló Papp sovrastava qualsiasi altro pugile. Solo gli speaker nella presentazione degli incontri ricordavano le origini del campione, senza che lo stesso potesse divenire, ormai inglese per cittadinanza, un eroe magiaro.

Ma tanti emigrati gli furono vicino ed anche una parte del pubblico inglese, ma soprattutto americano, ebbe modo di amarlo. Soprattutto dopo aver combattuto, nel giro di pochi mesi con Joe Frazier e con Mohamed Alí, dai quali aveva ricevuto stima e apprezzamento.

Con Alí il 14 febbraio 1973 e Frazier il 2 luglio, terminando entrambi gli incontri e perdendo onorevolmente ai punti. In particolare con Joe Frazier, a Londra, Bugner diede il meglio di se esaurendo le energie dell’avversario, riuscendo a riprendersi da un micidiale gancio sinistro di Frazier che lo aveva messo col ginocchio a terra e punendo severamente Frazier nella stessa ripresa. Proprio in occasione dello speciale “All in a Day Fight” della televisione britannica è possibile ascoltare Joe Bugner che scambia alcune battute in ungherese con un giornalista mentre si recava alla Earls Court Arena di Londra per il Match (minuto 31.09).

Con Alí combatterà due volte, di cui una per il titolo mondiale a Kuala Lampur, in un match blindato e sotto la minaccia degli integralisti islamici, perdendo ai punti ma rimanendo nella storia per essere stato l’unico a terminare due volte un incontro con il grande campione.

Fu ancora campione Europeo ma diede inizio ad una serie di ritiri e ritorni che, pur mostrandolo spesso demotivato, ne fecero uno dei pugili più imprevedibili e longevi della sua generazione, combattendo fino all’età di 49 anni.

Alterne anche le fortune economiche, che nella seconda metà degli anni ’80 lo portano in Australia, con la seconda moglie, dove inizia una sfortunata avventura vitivinicola. La bancarotta lo riporterà sul ring ad incontrare il giovane Frank Bruno, il 24 ottobre del 1987, con il pubblico tutto contro di lui, ormai naturalizzato australiano e visto ancora di più come traditore dagli inglesi. Sconfitto per KO tecnico da un Frank Bruno molto allenato e avvezzo al “rabbit punch“.

Nel cinema: spalla di Bud Spencer e non solo

Ma alla carriera nella boxe, Bugner affiancherá anche un discreto curriculum cinematrografico, e tornerà in Ungheria sugli schermi a fianco del grande idolo dei magiari: Bud Spencer (qui un articolo sul mito di Bud Spencer in Ungheria). Bugner esordisce nel 1978 nel ruolo di Orso in “Lo chiamavano bulldozer“, mettendo la faccia in scene che sono ormai classici del cinema, come la scazzottata nel container al buio, e interpretando la favola della redenzione a forza di cazzotti che è un tema ricorrente e fondante della storia della boxe, anche se il film parla di football americano. Ruoli simili gli vengono assegnati con “Brennan” in “Uno Sceriffo Extraterrestre”, mentre sarà il cattivo in “Occhio alla penna” (lo sceriffo traditore) e “Io sto con gli ippopotami” (il Boss).

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Bugner con Bud Spencer

Complessivamente Joe Bugner appare in circa 24 pellicole, tra cui „Street Fight” con Jean Cloud  Van Damme e nel film australiano Bleeders. Tra i vecchi avversari del Ring il più amato dall’ungherese fu senza dubbio Joe Frazier, da Bugner definito un vero gentleman, con il quale si è adoperato per campagne di sensibilizzazione contro il diabete, di cui entrambi si sono trovati a soffrire,  fino  alla morte di Frazier nel 2011. Nella sua vita da „pensionato” in Australia Joe Bugner alterna apparizioni in tv a spot per negozi e ricambi auto, in giro con la sua moto Triumph.

 

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Articolo di Filippo Marchini

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