Il 20 giugno è la Giornata mondiale dei profughi, un giorno dedicato a commemorare le persone che sono costrette ad abbandonare il proprio paese. A Budapest però questa ricorrenza non è stata celebrata ed anzi proprio il 20 giugno in Parlamento è stata votata una modifica costituzionale che sancisce ancora una volta la posizione assunta dal governo ungherese. Il governo è contrario a qualsiasi ipotesi di redistribuzione dei richiedenti asilo (le quote europee), vuole negare qualsiasi diritto per la richiesta di status di rifugiato a chi arriva da paesi considerati “sicuri” e vuole punire chiunque persone o associazioni aiutino i “migranti” ad arrivare sul suolo ungherese.

Il premier ungherese Orbán già da anni (in particolare dalla crisi del 2015) ha iniziato una energetica politica di chiusura nei confronti dei migranti che ha portato l’Ungheria ha costruire la recinzione nel sud del paese (bloccando il flusso di persone), iniziando un’aspra polemica con Bruxelles e le associazioni civili di tutela dei rifugiati, e una lotta “senza confini” contro il magnante americano Soros. Queste prese di posizioni del premier ungherese l’hanno portato alla ribalta del dibattito pubblico in Europa, ed oggi Orbán è a tutti gli effetti il leader di un variegato sentimento popolare sovranista, nazionalista e anti-migranti. Uno dei suoi più entusiasti sostenitori è sicuramente Matteo Salvini, da poco diventato Ministro dell’interno nel governo di Roma.

259777_orbansalvini.jpg

Orbán e Salvini

La nuova legge ungherese approvata ieri è stata votata da 159 parlamentari. Un’ampia maggioranza ben oltre ai due terzi richiesti. Infatti ha votare a favore del provvedimento c’è stato anche Jobbik, partito della destra radicale, fino a qualche settimana fa estremamente critico con il governo, ma che evidentemente dopo lo scarso risultato elettorale ha preferito assecondare Orbán in questo momento. 5 i contrari, mentre l’opposizione non ha partecipato al voto. La modifica costituzionale prevede:

  • è vietato collocare sul territorio cittadini stranieri;
  • non possono ricevere lo status di rifugiati quelle persone che arrivano da paesi terzi “sicuri”;
  • successive modifiche alla legge sui migranti devono essere fatte come modifiche costituzioni, quindi con il 2/3 dei voti.

Nella stessa giornata è stata votata anche la legge “Stop Soros” che prevede:

  • tasse speciali del 25% per le organizzazioni che aiutano i profughi;
  • pene detentive fino ad un anno per chi aiuta i richiedenti asilo ad arrivare sul suolo magiaro;
  • il bando delle ONG che minacciano la sicurezza nazionale.

Nella stessa seduta sono stati votati due altri provvedimenti. Il primo sottolinea come compito di tutte le istituzioni statali sia la difesa della cultura cristiana. Il secondo limita la libertà di manifestare, in particolare nelle strade adiacenti al Parlamento.

La votazione delle due leggi conferma quindi la strada della tolleranza zero avviata da Orbán. Una strada che riscuote numerosi sostenitori tra gli elettori ungheresi ma che continua ad irrigidire una posizione contestata da molte organizzazioni che si battono per i diritti dell’uomo e che contestano anche la deriva autoritaria intrapresa dall’Ungheria.

La decisione di approvare questi leggi ieri non è stata inoltre casuale. Sia il Consiglio d’Europa che l’OSCE infatti avevano invitato il governo ungherese a rimandare il voto per attendere anche lo sviluppo della discussione a livello europeo. Infatti dopo il fallimento della proposta bulgara di revisione del Trattato di Dublino all’interno della UE è forte il dibattito su come affrontare la crisi migratoria. L’Italia in primis chiede a gran voce un maggior impegno degli altri paesi per l’accoglienza delle quote previste dal sistema europeo. Questa presa di posizione del governo ungherese va però in tutt’altra direzione.

2017-03-02-V4-csúcs-Orbán-Viktor-mti-1280x640

Un incontro dei paesi del V4

 

Oggi inoltre, 21 giugno, a Budapest si ritrovano i paesi del Gruppo di Visegrád (ai quali si è aggiunta l’Austria), e sul tavolo di discussione ci sarà proprio la posizione da assumere nei confronti di possibili quote di migranti che i paesi del mediterraneo vorrebbero mandargli. La questione delle quote potrebbe essere la prima difficoltà tra Orbán e Salvini, tanto vicini nella difesa dei confini, nel rendere più difficile l’arrivo dei migranti in Europa, ma nello stesso tanto lontani nel trovare una soluzione. Perché se l’Ungheria è riuscita a chiudere i suoi confini in maniera ermetica risolvendo da parte sua il problema, per l’Italia questo è molto più difficile da realizzare. E il governo di Roma si trova nella necessità di rafforzare il sistema delle quote, nell’intento di spedire i richiedenti asilo negli altri paesi della UE.

 

© Riproduzione riservata

Foto: index.hu, media.mandiner, 9900.hu