Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche, impegnate nell’offensiva verso la Germania, liberarono il tristemente noto campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, ove nell’arco di 4 anni vennero assassinati più di un milione di persone, principalmente ebrei, ma anche polacchi, rom e sinti e prigionieri politici. A partire dal 2005, l’Assemblea Generale della Nazioni Unite ha eletto questa data a giorno internazionale della Memoria, per ricordare le vittime ed incoraggiare lo sviluppo di programmi educativi sullo studio della storia della Shoah.

Tra coloro i quali persero la propria vita ad Auschwitz, è stimato che circa un terzo provenisse proprio dall’Ungheria, ove viveva una delle più grandi comunità ebraiche d’Europa, che contava circa 800mila persone. Colpita sin dal 1920 da una serie di leggi razziali promulgate dai governi filo-fascisti del regime di Horthy, la comunità ebraica ungherese venne quasi interamente deportata solo in seguito all’ invasione tedesca del paese, avvenuta nel marzo del 1944. Infatti, nell’arco di tre mesi, tra l’aprile ed il luglio del 1944, con la collaborazione di molti cittadini ungheresi, vennero deportati ad Auschwitz circa 438.000 persone.

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Ultimi resti del muro del Ghetto di Budapest

Mentre gli ebrei di tutto il paese venivano deportati, o obbligati al lavoro coatto in alcuni campi di concentramento satelliti in Ungheria, il 29 novembre 1944 venne costruito il grande Ghetto di Budapest, innalzato nel VII distretto. Dal novembre 1944 al gennaio 1945, tra i 10 e i 15 mila ebrei vennero barbaramente uccisi a Budapest dai membri delle Croci Frecciate, movimento neonazista ungherese posto al potere dai tedeschi dopo l’arresto dell’ammiraglio Horthy. Uno dei metodi coi quali le Croci Frecciate procedevano all’uccisione di massa degli ebrei di Budapest, consisteva nel portarne piccoli gruppi sulle rive del Danubio, per ivi gettarli dopo avergli sparato. Questa tecnica d’esecuzione è ricordata dal monumento delle scarpe sul Danubio e perfettamente raccontato dal film americano “Music Box – Prova d’accusa” del 1989.

Un altro celebre monumento della Shoah ungherese, da sempre al centro di numerose polemiche fin dalla sua inaugurazione nel 2014, è quello che ricorda l’invasione nazista dell’Ungheria del 1944, posto in Piazza della Libertà a Budapest. Il monumento mostra allegoricamente un’aquila rapace (la Germania) che minaccia l’Arcangelo Gabriele (l’Ungheria) che troviamo in una posa da innocente. Il monumento vuole così negare le responsabilità dell’Ungheria, alleata dei nazisti, nello sterminio degli ebrei. Così, in maniera del tutto spontanea, associazioni di cittadini, ebraiche e non, hanno costituito un monumento alternativo davanti a quello della “discordia”, formato da sassi, oggetti e fotografie che ricordano la Shoah ungherese.

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Monumento della “discordia” in Piazza della Libertà a Budapest

Nonostante non esistano dei numeri precisi, è stimato che oggi in Ungheria vivano tra i 35 ed i 120mila ebrei, stanziati principalmente nella capitale, Budapest, ove sono tutt’ora in funzione circa 20 sinagoghe. La comunità ebraica ungherese è la più grande dell’Europa Centro-Orientale e sicuramente una delle più attive in termini di attività ed eventi.



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Foto: Orizzonti, Amusing planet, Euractiv