Erzsébet Báthory, un misterioso personaggio della storia ungherese

Erzsébet Báthory nacque il 7 agosto del 1560 a Nyírbátor, in una facoltosa famiglia ungherese. Trascorse la propria adolescenza nel palazzo di Ecséd. Dopo il matrimonio con Ferenc Nádasdy, si trasferì nel castello di Čachtice, governando su varie proprietà fra l’Ungheria del nord, l’Austria e la Transilvania. La morte del marito, a causa di una misteriosa malattia, arricchì ulteriormente il patrimonio di Erzsébet che divenne talmente ricca da concedere un prestito al re d’Ungheria in persona, Mattia II d’Asburgo.

La morte del marito segnò il momento in cui si iniziò a radicare la leggenda che aleggia attorno a questo personaggio della storia ungherese. Si narra infatti che Erzsébet abbia iniziato a dedicarsi ad attività oscure, tanto da ricevere accuse di cannibalismo e stregoneria. Secondo alcuni avrebbe meritato il titolo di Contessa Dracula, attirando nel proprio castello numerosissime fanciulle al fine di ucciderle e fare il bagno nel loro sangue per rimanere giovane. Queste voci destarono l’attenzione di re Mattia II che decise di incaricare György Thurzó per far luce sulla vicenda. Costui raccontò che giungendo al castello senza preavviso colse Erzsébet in flagrante mentre stava torturando una ragazza.

Una delle serve avrebbe addirittura raccontato di un diario in cui la nobildonna aveva appuntato tutti i nomi delle proprie vittime: circa 650. Il processo coinvolse la contessa ed alcuni suoi servitori che vennero giustiziati. Il giudizio nei confronti di Erzsébet, però, fu abbastanza mite: venne segregata in una delle stanze del castello dove morì all’età di 54 anni. A seguito della scomparsa della donna, non si finì di parlare di lei. Il gesuita László Túróczy, infatti, nella sua opera Ungaria suis cum regibus compendio data, ne ritoccò la biografia e associò le sue perversioni alla conversione a favore della religione del marito, il luteranesimo.

Diverse prospettive

In verità nel corso del Novecento questa misteriosa figura è stata rivalutata da parte di alcuni studiosi. Le maldicenze rappresentavano probabilmente una strategia per ridimensionare l’influenza della ricchissima e potentissima famiglia, a maggior ragione in seguito all’eredità del marito.

Nel procedimento di György Thurzó, Erzsébet potrebbe dunque essere stata vittima del risentimento nei confronti dei Báthory. Bisogna infatti considerare che sono state fatte delle indagini che hanno condotto ad un giudizio di colpevolezza, ma le modalità di raccolta delle prove potrebbero avere una notevole rilevanza. In quell’epoca infatti era comune ricorrere a torture. Anche la presunta conversione di Erzsébet è stata sconfessata. Rimase infatti per tutta la vita calvinista. Contrariamente alle accuse di “vampirismo”, alcune fonti sostengono si sia dedicata ad attività umanitarie con continuità, trasformando il suo stesso castello in un ospedale.

Solo nel 1817 sono stati pubblicati i documenti del processo riguardo alla contessa. Al lettore l’ardua scelta tra il credere ad un pittoresco personaggio noir, accostabile al famoso vampiro di Bram Stoker, ed immaginare che Erzsébet sia stata vittima di un complotto. Qualunque sia l’opinione, non si può negare il fascino di questa donna.

Un salto nel mondo dell’arte

La misteriosa figura di Erzsébet Báthory fa volare la mente verso la Norvegia, in particolare ad Oslo, nel museo Nasionalgalleriet, dove è esposta l’opera La donna vampiro di Edvard Munch.

Per quanto l’artista sia divenuto celebre grazie a l’Urlo, anche questo ritratto gode di particolare notorietà, per il suo alone di mistero. In quest’opera la figura femminile è enigmatica, dominata da un netto contrasto; viene presentata come teneramente delicata e al tempo stesso pericolosa. La donna infatti accoglie fra le sue braccia e le sue chiome rosse un uomo che pare trovare in lei un rifugio sicuro, quasi materno. I movimenti sembrano lenti ed affettuosi. Un abbraccio caloroso, carico di luce e colori, in una composizione in cui lo sfondo è dominato da toni cupi.

L’opera però fa anche da monito. Ecco le parole dell’artista a riguardo: «I suoi capelli rosso sangue si erano impigliati in me, si erano avvolti intorno a me come serpenti rosso sangue, i loro lacci più sottili si erano avvolti intorno al mio cuore.» – “Diario. Scritti sull’arte e sull’amore”. La donna può essere tutto: affetto, nido, piacere e inizio della vita, ma anche dolore e sopraggiungere della fine. Con un sguardo più attento, si può infatti notare che la dolcezza di questo abbraccio cela un fascino demoniaco in cui il bacio diviene un morso. La figura femminile non è più un rifugio dove poter recuperare le forze, bensì colei che decreterà la fine della vita, pronta a succhiare il sangue della propria vittima.

Questa ambivalenza richiama certamente le vicende della contessa ungherese di cui si è parlato tanto e ancora si parla. Non contiene, però, solo l’essenza di un personaggio storico. Del resto non è riferibile solo a potenzialità femminili. Ad una visione più ampia, forse, vuole evidenziare la delicatezza dei rapporti umani in generale e l’instabile tentativo di bilanciamento dei propri sentimenti e della soggezione-dominanza. Eros e Thanatos.



Per rimanere sempre informato sull’Ungheria: clicca qui!

 

© Riproduzione riservata

Foto: ilchaos