Articolo e illustrazione di Patrizia Gatta

Che Budapest sia una città con dei lati nascosti, silenziosamente celati dietro una realtà apparente, è una sensazione che assale in modo quasi fisico appena vi si mette piede. Ostinata come il suo freddo invernale, e contro la quale non vi sono strati di raziocinio che possano proteggerti, si infrange contro le sensibilità più ottuse che credono, ingenuamente, di averne svelato l’arcano osservando con piglio catalogante le facciate in stile eclettico e i tetti catarifrangenti di ceramica Zsolnay.

In questa città c’è dell’altro. C’è dell’altro che aleggia nell’aria come un pulviscolo di particelle microscopiche secrete da post-imperialismi, orgoglio di popolo, dalla rara bellezza ravvivata dall’oltraggio, dall’acciaio e la torba, dagli spifferi della guerra fredda.

Un bunker sotto il Parlamento: F-4 Object

Può capitare quindi, passeggiando in Kossuth Lajos tér, di sentirsi ingannevolmente saziati da una palese opulenza del palazzo del Parlamento, senza sapere che, 50 metri sotto di voi, esiste una realtà sotterranea di dimensioni ben più magnifiche del palazzo che avete di fronte, e che risponde al nome meravigliosamente sci-fi-retrò di “F-4 Object”.

Costruito nel 1952 in pieno Stalinismo, l’F-4 Object, anche conosciuto con il nome decisamente meno eccitante “Rákosi-Bunker”, è un rifugio antiatomico di 3.800 mq, che si espande a forma di H fino a Szabadság tér. Voluto da Mátyás Rákosi, Segretario generale del Partito dei Lavoratori Ungheresi (risultato della fusione tra il Partito Comunista Ungherese e il Partito Socialdemocratico nel 1948), aveva lo scopo di garantire a Rákosi e ai membri del Partito un rifugio in caso di attacco nucleare. La élite di 2,200 persone avrebbe potuto raggiungere, tramite un sistema di cunicoli sotterranei, la linea M3 della metropolitana, con la quale sono collegati, e dirigersi quindi verso la stazione ferroviaria Budapest-Keleti dove ad attenderli, pare, ci sarebbe stato un treno rivestito di amianto in partenza verso l’Unione Sovietica.

Centinaia di minatori o forse, come la leggenda narra, di detenuti, lavorano per dieci anni alla struttura senza sapere di cosa si tratti: credono di costruire un’ulteriore linea della Metro, e in effetti l’architettura labirintica, anche per non destare dubbi, è del tutto simile. Tradizionalmente provvisto  dei più avanzati comfort del caso (impianto per filtrare le particelle radioattive con una capacità di 4000 m3 , generatore elettrico da 30 Kw e serbatoio di 150 m3 di acqua) è, per l’epoca, un piccolo gioiello della tecnologia ingegneristica, la cui dispendiosissima manutenzione prosegue fino alla fine degli anni ’70. Ad oggi, in pieno spirito nostalgico dello qui non si butta niente, e soprattutto, del non si sa mai, il sistema di areazione, quantomeno, è ancora in funzione.

E’ visitabile?

Ma la parte che più ci interessa, e qualche appassionato di reperti della guerra fredda a questo punto sarà già in fibrillazione dal desiderio perversamente legittimo di passeggiarsi nei sotterranei di codesto non proprio umile e banale seminterrato, è l’esistenza o meno della possibilità di scendervi.

Come per le catacombe di Parigi o l’arrampicata sulla zona Rossa dell’Etna, regna il mistero sulla legalità o fattibilità dell’operazione. C’è chi dichiara spavaldamente di esservisi intrufolato da entrate segrete all’interno di cortili di edifici, uscite di emergenza, bocche di areazione (una delle quali, dalla opportuna forma di oggetto non identificato stile art nouveau, si trova di fronte alla sede della Magyar Televízió a Szabadság tér), chi sembra sorpreso da tutta questa segretezza perché sa che “basta chiedere un permesso” e fa spallucce, chi addirittura dichiara di aver partieipato ad affollatissimi rave-party notturni a lume di candela e a base di Vodka nella hall segreta al centro del labirinto.

Ma dato che, e aggiungerei purtroppo, le probabilità che possiate trovarvi in situazioni così perfettamente post-communist-chic sono piuttosto scarse, potete addentrarvi nei meandri del fascinosamente inquietante F4-object comodamente seduti sul vostro divano, cliccando qui e qui.



Per rimanere sempre informato sull’Ungheria segui la nostra pagina facebook: clicca qui!

Per conoscere di più dell’Ungheria comunista visita la Casa del terrore.

 

© Riproduzione riservata

Foto: illustrazione di Patrizia Gatta