Il 25 aprile è una festa nazionale italiana, nella quale si celebra l’Anniversario della Liberazione del paese dal nazifascismo. Nello specifico, il 25 aprile 1945 il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) proclamò l’insurrezione generale contro le truppe tedesche e i presidii fascisti imponendone la resa, quando ormai le forze alleate si trovavano in prossimità della città principali del nord Italia.

Come qualsiasi storia, anche quella della lotta partigiana è fatta di luci e di ombre, di personaggi mitici, di azioni di grande valore, tanto militare quanto umano, e di pagine buie. Tuttavia, non è obiettivo del presente articolo quello di tirare le somme di un periodo storico complesso e fondamentale per la storia italiana. Il nostro obiettivo è infatti quello di ricordare quei combattenti ungheresi che combatterono nelle fila della resistenza italiana, a volte al costo della propria vita.

Lista di partigiani stranieri che hanno combattuto in Emilia Romagna, Civago (RE)

Si stima infatti che partigiani di oltre 50 nazionalità abbiano combattuto la resistenza in Italia tra il 1943 ed il 1945: russi, ucraini, lettoni, jugoslavi, serbi, polacchi, danesi, perfino neozelandesi e australiani e, ovviamente, ungheresi. È difficile, se non impossibile, indicare numericamente i combattenti ungheresi nella resistenza italiana. Nel mio lavoro di assistente di ricerca a Budapest, per esempio, mi sono imbattuto del tutto casualmente con dei documenti relativi a due profughi ebrei ungheresi che presero parte al movimento di resistenza nel nord Italia. Due storie dimenticate del tutto, di persone che hanno preferito ritornare, dopo la guerra, all’anonimato.

Tuttavia, esistono anche storie più conosciute, o almeno riscoperte. Come quella di Gábor Adler, ungherese originario di Szatmárnémeti (oggi Satu Mare, in Romania), vittima dell’eccidio de La Storta, nella quale persero la vita 14 civili italiani e stranieri, giustiziati dai nazisti in ritirata da Roma. Adler era un volontario ungherese nelle fila dell’esercito inglese, per il quale divenne una spia. Come le altre vittime, prima dell’eccidio si trovava nel carcere di Via Tasso, dal quale venne prelevato per essere portato in aperta campagna e lì giustiziato.

Monumento dedicato a Gabor Adler dal Comune di Roma dopo la scoperta della sua identità

La storia di Gábor Adler rimase nascosta per più di sessanta anni. Infatti, non essendo stato riconosciuto post-mortem, fino al 2007 Adler non fu altro che un “soldato inglese non identificato”, come recitava la lapide costruita sul luogo dell’eccidio. Poi, grazie ad una serie di studi d’archivio ed alle memorie di chi lo conobbe, la sua storia venne finalmente riscoperta.

Simone Teich Alasia, nato a Budapest nel 1915, stava studiando medicina a Torino quando fu incarcerato perché ebreo. Riuscito a scappare si unì ad una brigata partigiana nella Valle di Lanzo, nella quale fu tra gli artefici della costruzione di un ospedale da campo. Dopo la guerra tornò a Torino, specializzandosi in chirurgia plastica, e vi rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 2012. Teich Alasia fu tra i fondatori del CTO e del Centro Grandi Ustionati di Torino.

Simone Teich Alasia con la moglie ad un evento organizzato dal Comune di Torino

Imre Tóth, italianizzato Amerigo Tot, nacque a Fehérvárcsurgó nel 1909, quando ancora era Austria-Ungheria, e si trasferì a Roma negli anni ’30. È difficile trovare informazioni dettagliate circa la sua partecipazione alla resistenza italiana, ma si sa che vi prese parte a partire dal 1943. Terminata la guerra tornò alla sua professione di sculture e attore, vincendo nel 1949 il bando per il fregio della Stazione Termini di Roma, che divenne la sua opera più conosciuta. Tóth mori nel 1984 a Roma, e da allora la sua casa in Via Margutta è sede di pellegrinaggio per molti ungheresi. Riposa nel cimitero Farkasréti di Buda.

Amerigo Tot nel suo atelier romano con Salvador Dalì

Tre storie di valore di persone che hanno rischiato la propria vita, a volte perdendola, per un ideale più alto di libertà. L’Italia non era la loro patria, ma decisero comunque di non rimanere indifferenti, partecipando alla sua liberazione. In questa giornata così importante per il nostro paese, ed in un’epoca spesso caratterizzata da discorsi retorici volti alla divisione e all’odio, che il loro gesto sia d’esempio per un futuro migliore.



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