Considerato uno dei più grandi pugili dilettanti di ogni epoca László Papp, classe 1926, approdò alla boxe spinto dalla passione pugilistica del padre mentre ancora lavorava a Budapest presso le ferrovie ungheresi.

L’ottima tecnica, l’abilità nel leggere gli incontri e gli avversari, la mobilità sul tronco e un colpo d’occhio eccezionale nello schivare i colpi ed abbassare la guardia, gli permisero di vincere tre ori consecutivi in altrettante olimpiadi, ’48, ‘52’ e ’56, primo dilettante di sempre a riuscire nell’impresa, nonostante fosse relativamente basso di statura e non avesse molta potenza nei pugni evidenziata dalla modesta percentuale di knockout inanellati. Ingannevole però, perché il suo gancio sinistro alla punta del mento era comunque micidiale.

László Papp

Fighter naturale in guardia destra, volto picaresco con i baffetti alla Zorro e due mani piccole che gli diedero problemi fisici durante tutta la carriera, László “Laci” Papp incuteva timore e rispetto in tutti gli avversari, riuscendo presto a diventare qualcuno per se stesso e qualcosa per la Nazione che rappresentava, l’Ungheria e la sua Scuola di Boxe dilettantistica.

Passato professionista a trentun’anni nel ‘57, Papp lasciò per cosi dire vacante il titolo olimpico nel senso che per la prima volta in 12 anni non si sarebbe presentato a difendere la sua medaglia d’oro nella categoria dei pesi welter ai Giochi di Roma del ’60. Per un mito che andava declinando un altro pero’ stava nascendo.

Quello di Giovanni “Nino” Benvenuti, istriano di Isola (oggi Izola, litorale sloveno) classe 1938, che gli sarebbe succeduto nella categoria aggiudicandosi allora il titolo, la medaglia ed il prestigiosissimo Val Barker Trophy assegnato al miglior pugile dei Giochi per eleganza, stile e tecnica pugilistica. Al campione ungherese ne subentrava un altro, italiano, creandosi così  un ulteriore elemento di collegamento fra i due Paesi.

Stadio dedicato a László Papp a Budapest

Parlava il dialetto triestino, lingua comune ad altri due ottimi pugili italiani, Duilio Loi e Tiberio Mitri. Il suo fu l’ennesimo oro aggiunto al preziosissimo forziere della Boxe Olimpica Italiana che contava già allora gli zecchini lucenti di campioni come Tamagnini, Orlandi, Toscani, Sergo, Formenti, Bolognesi e Musso, ai quali si sarebbero poi aggiunte le pesanti sovrane d’oro riscosse in epoca più recente da De Piccoli, Atzori, Pinto, Oliva, Stecca, Parisi e Cammarelle, senza contare le innumerevoli medaglie d’argento e bronzo a completamento.

La carriera professionistica di László Papp fu molta buona. La rivolta ungherese del ’56 gettò il paese in subbuglio, ma a Laci fu eccezionalmente permesso di diventare professionista l’anno successivo, primo pugile dell’Est a centrare l’obiettivo sebbene fosse costretto a combattere all’estero (Germania, Francia, Italia e Austria), avendo il regime comunista soppresso di fatto il professionismo sportivo.

Grande incassatore, non dava tregua agli avversari dei quali demoliva ogni resistenza con un pugilato preciso e meticoloso. Senza mai finire al tappeto. Vinse il titolo continentale dei pesi medi eliminando Christian Christensen a Vienna nel ’62 difendendolo poi vittoriosamente per sei volte.

Nino Benvenuti

Ciò gli valse la definitiva consacrazione agonistica permettendogli di arrivare a sfidare il campione mondiale in carica, l’americano  Joey Giardello in un match programmato negli Stati Uniti che pero’ non venne mai disputato perché il governo ungherese, sempre sospettoso nei suoi confronti ed in piena Guerra Fredda, gli ritiro’ il passaporto ed il permesso di viaggiare all’estero.

Negato a Papp, il titolo mondiale dei medi fu invece centrato da Benvenuti  che lo conquisto’ a ventinove anni  il 17 aprile del 1967 battendo lo statunitense Emile Griffith in un leggendario incontro al Madison Square Garden di New York che divenne parte integrante di una condivisa memoria nazionale.

Tra i due fu l’inizio di un’appassionata trilogia di combattimenti per la corona mondiale dei medi vissuta in tutta Italia con grande partecipazione ed intensità emotiva: la rivincita andò Griffith mentre  Benvenuti si riprese il titolo aggiudicandosi il terzo  ed ultimo match disputato nel marzo del’68 ancora una volta a New York.

Il suo ritiro ufficiale avvenne nel ’71 con alle spalle 82 vittorie (35 per knockout), 7 sconfitte e 1 pareggio in 90 incontri di boxe professionali che gli valsero l’induzione nell’International Boxing Hall of Fame avvenuta nel 1992. Nel 1988 ebbi l’onore d’incontrarlo ad una festa di matrimonio di un comune conoscente a Padova: statura imponente, fisico integro e due mani come morse, ebbi la sensazione che a 50 anni compiuti avrebbe potuto resistere un paio di riprese col campione in carica. Oggi ha 82 anni portati benissimo e vive a Trieste.

László invece ci ha lasciato nel 2003 a 78 anni dopo un recente passato da istruttore della nazionale ungherese ed un’impressionante carriera da dilettante fatta di 300 combattimenti e tre ori olimpici consecutivi. Come professionista vanta un titolo Europeo nei medi ed è uno dei pochi pugili della storia ad essersi ritirato imbattuto sul ring con un record di 27 vittorie (15 per ko) e 2 pareggi . Budapest lo ricorda oggi con un moderno palasport che porta orgogliosamente il suo nome in memoria del campione che è stato.

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