In occasione del centenario del Trianon un approfondimento sulla politica revisionista dell’Ungheria. Come nasce, perchè, chi sono i suoi sostenitori e analizziamo alcuni materiali della propaganda. Il materiale d’archivio è stato raccolto alla Biblioteca Nazionale Széchenyi per la ricerca “Nem! Nem! Soha! Il revisionismo ungherese e la sua propaganda, 1921-1940“.

I primi anni della propaganda revisionista

Le basi di quelle saranno le associazioni revisioniste nascono addirittura prima della firma del trattato del Trianon. Già nel 1918 il governo del democratico Károlyi aveva creato il Comitato di Propaganda con lo scopo di diffondere gli ideali dell’Ungheria storica nei territori a presenza non magiara. Fu quel Comitato che, tempo dopo, utilizzò lo slogan simbolo della protesta ungherese: Nem! Nem! Soha! (No! No! Giammai!). Esclamazione simbolo del revisionismo ungherese che nasce da una poesia Attila József del 1922.

In Ungheria il dibattito sulla situazione internazionale era diffuso, favorito dai diritti democratici e di libertà di stampa acquisiti recentemente. Molte società patriottiche nascono tra il 1918 e il 1919. Inizialmente agiscono in simbiosi con il governo democratico, ma poi entrano sempre più in conflitto con esso. A Károlyi succedono i comunisti. I quali non potevano ammettere il proliferare di organizzazioni patriottiche-nazionaliste proprio mentre la politica dell’esecutivo puntava all’avvicinamento a Mosca. Le associazioni furono costrette all’illegalità e i loro capi ricorsero all’emigrazione (Vienna e Szeged). Queste associazioni (Lega per la protezione territoriale dell’Ungheria, Casa bianca, I dodici capitani, Associazioni Etelközi, Ungheresi alla riscossa) seminarono l’ideologia revisionista e conservatrice. Dopo il crollo del Soviet ungherese poterono ricominciare a svolgere attività in maniera più forte, in alleanza con il nuovo governo Horthy.

Inizialmente queste organizzazioni si concentrarono nell’aiutare i profughi ungheresi ed in un lavoro di agitazione e propaganda. Propaganda rivolta alle comunità non magiare. L’obiettivo era convincere questi gruppi a votare in favore dell’unione con l’Ungheria nel momento in cui ci sarebbero stati i plebisciti (era opinione diffusa che sarebbero stati eseguiti i punti wilsoniani, quindi l’autodeterminazione dei popoli tramite votazioni). Alla consegna del trattato, grande fu la delusione. Questo spinse molte associazioni a radicalizzare gli obiettivi e a riproporre il modello storico-costituzionale dell’Ungheria di Santo Stefano come unica soluzione allo sfacelo nazionale “prodotto dalle democrazie occidentali”.

Nel 1920 nasce l’Associazione estera ungherese. Dal tono più moderato, chiede modifiche nel rispettoo della legalità internazionale. Fondava i suoi obiettivi sulla ricerca di basi scientifiche per contestare il Trianon. Fu una delle prime associazioni che intuì l’importanza di intervenire sull’opinione pubblica estera. Nel 1926 nasce l’Istituto sociografico, fondato dal conte Pál Teleki. L’obiettivo era individuare dati economici, politici ed etnici per dotare le tesi revisioniste di una base più solida. Qui nasce “la carta etnografica d’Ungheria” costruita in base alla densità della popolazione. Teleki voleva evidenziare come le mappe fornite alla Conferenza di Pace fossero basate, secondo lui, su falsificazioni, ovvero non tenevano conto della densità della popolazione. Vasti territori scarsamente popolati avevano un’impressione grafica più forte di una città (la mappa è visibile qui sotto).

Le pubblicazioni revisioniste in Ungheria sottolineavano i diritti storici di Santo Stefano, la tesi dello Stato millenario, l’unità geografica e economica della regione, la difesa della Corona e della cristianità. Ragioni che potevano avere seguito all’interno del paese ma non nell’opinione pubblica straniera, dove risuonavano vecchie e anacronistiche ragioni feudali o ancora peggio obiettivi imperialisti. Da queste si differenziava la propaganda dell’Associazione estera ungherese che incentrava la sua polemica da un piano storico-istituzionale ad un “piano etnico”.

 

Nuovi amici dell’Ungheria: Mussolini e lord Rothermere

1927, la svolta, la campagna revisionista acquista nuova forza. Viene firmato il trattato di amicizia italo-ungherese sottoscritto da Mussolini e Bethlen che rappresenta la fine dell’isolamento internazionale per Budapest. In estate lord Rothermere visita l’Ungheria. Il lord inglese aveva già pubblicato articoli di critica al Trianon ma voleva conoscere meglio l’argomento.

Lord Rothemere era un giornalista e un politico di grande fama in Inghilterra. Possedeva ingenti risorse finanziarie (suo era il Daily mail). L’interessamento per la questione ungherese gli era nato dopo i colloqui effettuati con due ungheresi emigrati in Inghilterra, ma principalmente per la simpatia che egli riversava verso il fascismo italiano (che aveva abbracciato la causa ungherese).

Lord Rothermere diventerà una delle figure principali della politica revisionista nei circoli esteri. Ancora oggi a Budapest è possibile trovare un monumento a lui dedicato vicino a piazza Kálvin, “la fontana della giustizia”. Rothermere proponeva una revisione moderata dei confini ungheresi, tenendo principalmente conto degli ungheresi che vivevano adiacenti ai confini. L’obiettivo era di ridurre al minimo le minoranze presenti nei diversi paesi, perché queste rappresentavano instabilità nella regione. Per l’attuazione del suo progetto, Rothermere, chiamava in causa l’Inghilterra; che avrebbe potuto, a suo avviso, trovare un alleato naturale nell’Ungheria.

Fontana lord Rothermere

La fontana dedicata a lord Rothermere

 

I punti delle propaganda per la revisione

Nel 1927 nasce la Lega per la revisione. L’associazione ombrello, creata con il sostegno del governo ungherese per contenere e sviluppare tutte le campagne revisioniste. Già nel 1929 la Lega poteva contare su 500 associazioni più piccole associate.

L’azione principale della Lega fu concentrata verso la propaganda all’estero, con pubblicazione di libri e opuscoli che avevano lo scopo di informare l’opinione estera. I punti principali su cui si basava erano:

  • la situazione delle minoranze ungheresi negli stati successori;
  • i dati statistici falsati presentati alla Conferenza di Pace dai delegati cechi, slavi e r0meni;
  • la negazione della responsabilità dell’Ungheria nello scoppio della guerra mondiale;
  • la critica della Conferenza di Pace perché, per i membri della Lega, non erano stati rispettati i punti di Wilson.

L’obiettivo principale era dimostrare la grande ingiustizia riservata all’Ungheria dalle potenze vincitrici, e di ottenere una revisione dei confini moderata. Secondo il presidente Herczeg l’obiettivo del revisionismo doveva essere ricalibrato, evidenziandone la volontà di pace. Bisognava sostenere che il nuovo assetto dell’Europa danubiana fosse ingiusto e instabile, e che, se non fosse intervenuta una revisione pacifica, prima o poi gli attriti sarebbero degenerati in uno scontro armato.

Sul finire degli anni ’20 la Lega cominciò ad aprire proprie rappresentanze nelle capitali europee. Anche in Italia, a Milano, sorse un’associazione guidata da Ignac Balla che si adoperò per la pubblicazione in italiano di opere ungheresi. Il lavoro era facilitato dagli ottimi rapporti sviluppati con il regime fascista. Si fondò anche l’associazione “Amici dell’Ungheria” per presentare libri e organizzare eventi.

 

Il materiale della propaganda

Il materiale utilizzato per la campagna revisionisti riprende gli schemi tipici della propaganda. Le tecniche di propaganda moderna sono nate con la Grande Guerra e si sono sviluppare massicciamente dopo il conflitto con la massificazione della società. Tecniche base della propaganda sono la semplificazione e la ripetizione del messaggio insieme all’utilizzo di caricature per identificare i propri nemici molto spesso con tratti femminili, inferiori o barbari. Cartoline, poster, libelli propagandistici sono materiali di comunicazione politica, alcuni vere e proprie opere d’arte. Qui sotto una breve galleria che ripropone alcune opere, dalle cartoline “satiriche” alle mappe geografiche.

Le figure 7-8 rappresentano le città di Kolozsvár e Poszony. Vengono evidenziate le nazionalità presenti in città nel 1920. Nella parte bassa sono forniti i dati statistici, nella parte superiore le diverse nazionalità rappresentate da una figura in abiti tradizionali in proporzione alla percentuale. Nella figura di Kolozsvár la grande maggioranza ungherese è sovrastata da una piccolo uomo che rappresenta la minoranza rumena. Una stilizzazione chiara del messaggio della propaganda: la minoranza romena schiaccia la maggioranza ungherese. Le città erano abitate prevalentemente da ungheresi e tedeschi, questo verrà molto enfatizzato dalla propaganda revisionista. Da qui una serie di tesi che miravano a elevare il ruolo delle città dal punto di vista culturale ed economico a discapito della campagna (abitata prevalentemente da non-magiari). Tesi utilizzate anche in altri contesti europei dopo la seconda guerra mondiale, si pensi al confine italo-iugoslavo.

Le figure 10-11 si focalizzano sull’unità economica dell’Ungheria storica e su come i confini abbiano distrutto questa unità dividendo le materie prime da zone industriali e dai mercati. La figura 13 mostra un manifesto propagandistico con scritto “l’imperialismo ceco, serbo e romeno hanno separato le zone industriali dalle miniere e le città dai granai”. Si fa riferimento inoltre anche ai problemi prodotti dal nuovo confine alla rete ferroviaria e al sistema idrico del paese. In basso: “Disoccupazione e carestia fanno crescere il bolscevismo”, uno slogan per spaventare sulla possibile crescita del comunismo grazie al Trattato di Pace.

Le figure 12-13 sono state prodotte da Márton Lajos e rappresentano una satira politica che punta a denigrare l’operato svolto dalla Francia. La prima mostra come gli stati successori (Cecoslovacchia, Iugoslavia e Romania) siano stati protetti dalla “grande Francia” per raggiungere i risultati del Trattato di Pace. La numero 13 prende di mira la Francia, accusata di aver favorito la nascita della Grande Romania.

La figura 14 vogliono sottolineare “l’inferiore civiltà” degli Stati che hanno beneficiato del Trianon. In particolare, nella figura 14 sono stilizzate tre persone (da sinistra a destra: un ceco, un serbo e un romeno) che ammirano con stupore un aereo.

La figura 17 tratta una questione più volte presente nei testi ungheresi: l’analfabetismo. In questo casoe ci si riferisce al confronto fra serbi, romeni e ungheresi. A serbi e romeni è attribuita una percentuale di analfabeti del 83% e del 69%, mentre, fra agli ungheresi solo il 41,98%. Questo vuole significare come i territori ceduti dall’Ungheria siano stati affidati a popolazioni “meno colte”. Al contrario la vecchia élite ungherese e tedesca è stata costretta ai margini dell’amministrazione e in una condizione di sudditanza verso questi “analfabeti”.

Le figure 20-21 sono rivolte essenzialmente a un pubblico estero. Raffigurano l’Italia e la Francia. A queste due potenze viene “applicato” il trattato del Trianon, basato sulle proporzioni di territorio tolte all’Ungheria. Nel centro della cartolina viene posta la domanda provocatoria: “Firmereste voi questa pace?”

 

Conclusioni

La propaganda revisionista è stata centrale nella vita politica ungherese tra le due guerre. Il revisionismo inizialmente era nato sul vecchio nazionalismo aristocratico e nobiliare, ma poi modifico la sua struttura e la sua base, anche grazie alla propaganda verso una classe popolare, profondamente delusa e scossa dalle conseguenze del Trianon. Il “nuovo nazionalismo” ungherese andava acquisendo un carattere di massa, favorito dalla disperata situazione economica e sociale.

L’Ungheria di Horthy è impregnata dal ricordo della “Grande Ungheria” e dalla fiducia che i nuovi confini non sarebbero durati a lungo, in quanto contrari alle leggi economiche, geografiche e storiche. L’ideale revisionista era ovunque: nelle scuole, dove la storia e la geografia venivano insegnate come se il Trianon fosse un “non evento”; a teatro, dove si moltiplicavano le rappresentazioni patriottiche; in chiesa, dove venivano insegnate preghiere sulla prossima riscossa nazionale; nelle piazze, dove erano sempre più numerose le manifestazioni contro i nuovi confini. A queste manifestazioni dobbiamo aggiungere una pubblicistica intenta a mantenere alto il ricordo dei fatti di Trianon e a proporre la modifica di quel trattato.Il revisionismo era favorito e, in un certo senso, controllata dai governi ungheresi proprio perchè era funzionale alla loro politica. Fu proprio l’intervento del governo che cambiò la polemica revisionista rendendola allineata alla propria politica estera. Dall’idea “integrale” del primo revisionismo all’idea etnica moderata, utilizzata dalla diplomazia che dalla fine degli anni ’20 può rivendicare ufficialmente una modifica dei trattati.

In questo periodo fiorisce una ricerca ossessiva di dati che diano diritto all’Ungheria di riprendersi porzioni del suo vecchio territorio. Questo crea un ramo di studi al servizio del revisionismo. Da metà degli anni ’30 si assiste alla svolta razzista del nazionalismo ungherese, favorito da governi dell’estrema destra (Gömbös). In questo contesto, l’ascesa di Hitler rappresenta il fattore dinamizzante del progetto revisionista. Per diciotto anni, dal trattato, i tentativi revisionisti non avevano avuto successo. La forza politica dell’Ungheria era troppo debole. Sarà l’attivismo del Reich a intervenire. La Slovacchia meridionale, la Rutenia e la Transilvania settentrionale tornarono all’Ungheria senza colpo ferire. Ma, in realtà, il costo di questi territori sarà molto alto. Così mentre territorialmente l’Ungheria di S.Stefano si stava riformando, politicamente e moralmente, quella stessa Ungheria, veniva distrutta dal nuovo ordine nazista. Pál Teleki, rappresentante degli ideali di quella Ungheria conservatrice e aristocratica, capì il fallimento del proprio obbiettivo e preferì uscire dalla scena con un colpo di fucile, riaffermando il suo giudizio sulla potenza nazista:  “se la Germania perde perdiamo, se vince siamo perduti”.

 

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Foto in copertina: wikipedia

Foto: archivio nazionale Széchenyi