Non ne parliamo mai, ma sempre, sempre ci pensiamo“. Il Trattato del Trianon, volenti o nolenti, è indissolubilmente legato alla storia, alla cultura e all’anima dell’Ungheria e degli ungheresi. Dal 4 giugno 1920 la storia ungherese è cambiata, e sebbene siano passati ormai cento anni, il Trianon rimane lì, scolpito nella memoria collettiva magiara. Insultato, criticato o accettato con dispiacere, ma di certo non ignorato. Perchè come un lutto familiare sconvolge la nostra persona, così il Trianon ha sconvolto l’Ungheria. Le parole della poesia di Juhász Gyula, “Trianon”, vogliono indicare proprio questo. L’impossibilità dell’oblio per un trauma così grande. Ma dimenticare e metabolizzare aiuta a vivere meglio o ci fa scordare il nostro passato e le nostre origini?

 

Che cosa è il Trianon?

Il Trianon è il trattato di pace che conclude la prima guerra mondiale. Le potenze vincitrici umiliano gli sconfitti con trattati di pace ingiusti. Si inizia dalla Germania, si continua con l’Austria-Ungheria. La monarchia asburgica era già collassata, Austria e Ungheria si erano separati nel 1918. L’Austria firmerà il trattato di Saint-Germain, l’Ungheria quello del Trianon. Trattati che puniscono inesorabilmente gli sconfitti con obblighi economici, militari e territoriali sproporzionati rispetto all’esito del conflitto. Il trattato con l’Ungheria viene firmato nel castello del Trianon, in Francia, e proprio la Francia sarà lo sponsor più grande del trattato.

Il trattato prevede per l’Ungheria nuove frontiere. L’Ungheria perde il 72% del suo territorio e 13 milioni di abitanti (il 64%) a favore di Cecoslovacchia, Romania, Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, Austria e della città indipendente di Fiume. Insieme a zone abitate preponderatamente da popolazione non ungherese ai nuovi Stati vengono assegnate numerose regioni e città abitate in prevalenza da magiari. Milioni di ungheresi si ritrovano ad essere cittadini di “serie b” in altri Stati, spesso di nuova costituzione. Un quarto degli ungheresi da allora vive al di fuori dei confini nazionali, ma vicino, dal punto di vista geografico e sentimentale, alla propria Madrepatria. Un problema geopolitico non indifferente per la futura stabilità europea.

Trianon

I territori persi dall’Ungheria.

 

Facili colpevoli e responsabilità dimenticate

Come si è potuto giungere a questo? Difficile dare una risposta univoca. Tante le cause che vi hanno concorso. Di certo non aiuta piangersi addosso e indicare con maniera accusatoria una lista di “nemici esterni” o “interni” che hanno complottato e tradito. Nella propaganda nazionalista sono fioriti pamphlet che accusavano gli ebrei, si è puntato il dito contro la Francia e le grandi potenze, si sono accusati prima i liberali e poi i socialisti. Insomma tutti quelli che non rientravano nel proprio campo politico sono stati via via accusati. Non è stato difficile. In un avvenimento così tragico e ingiusto è facile costruire una propaganda che identifichi in maniera chiara e semplice un colpevole. Per accettare un dolore così grande, per liberarsi del peso che ci opprime la miglior soluzione è accusare qualcuno. Molto più difficile fare i conti con le proprie responsabilità.

Cento anni dopo forse sarebbe il caso di approfondire le cause di una tragedia nazionale che sono di certo complesse, e vanno ricercate negli anni che hanno preceduto la Grande Guerra. Vi erano certo cause esterne conclamate:

  • Nei circoli diplomatici e politici europei c’era voglia di punire la Duplice monarchia. Uno Monarchia, oggi spesso rimpianta con nostalgia, ma che all’epoca sembrava “un mostro fuori dal tempo”. Desuetea, vecchia e imbrigliata in mille problemi burocratici e nazionali.
  • I cambiamenti demografici all’interno dei territori ungheresi. L’Ungheria nei secoli precedenti aprì i propri confini a popolazioni che scappavano dall’Impero ottomano. Serbi e romeni trovarono rifugio nella pianura o nelle montagne e questi poi andarono a modificare la struttura demografica.
  • La volontà della Francia di creare un sistema politico-militare di alleanze che andava chiaramente a scontrarsi con un’Ungheria forte e puntava a creare una serie di stati alleati di Parigi, la cosidetta “Piccola Intesa”.
  • I nuovi paesi e le nuove nazionalità in ascesa erano ansiosi di diventare grandi il prima possibile e di annettersi il maggior numero dei territori. Anche territori che non avevano niente a che vedere con loro. Come in tutte le guerre il vincitore cerca di accaparrarsi la maggior parte del bottino. Niente di nuovo.
Francia Trianon

Cartolina di propaganda contro la Francia che gonfia la Romania. Foto: Archivio Nazionale/Ungheria News

 

Vi erano sicuramente tante cause esterne, ma questo non può non permetterci di analizzare anche le cause intrinseche allo Stato ungherese. Un paese che si stava aprendo a modernità e urbanizzazione ma era vecchio e chiuso alla modernizzazione democratica. I sentimenti e le rivendicazioni della rivoluzione del 1848 si erano infranti. La nuova (vecchia) classe dirigente si era alleata con l’Austria, simbolo dell’aristocrazia e della volontà di “non cambiamento”. Un paese governato da aristocratici, che spesso vivevano di rendita su territori nei quali lavoravano contadini slovacchi, romeni o serbi che non avevano alcun diritto.

Un paese che dopo la sconfitta del ’48 aveva deciso di non aprirsi ai nascenti diritti, ma di chiudersi nei vecchi privilegi. Un paese che riusci ad elaborare una delle più moderne, per l’epoca, legge sulle minoranze nazionali (1868), ma che decise di non attuarla mai realmente. Le critiche del “vecchio” rivoluzionario Kossuth sull’errore fatale di essersi legato alla monarchia asburgica evidenziano, a posteriori, gli errori della classe politica di allora.

E poi c’era il fattore demografico. Nel Regno d’Ungheria gli ungheresi non raggiungevano il 50%. Ed in quelle statistiche, create proprio dallo Stato ungherese quindi presumibilmente più favorevoli ai padroni di casa venivano inseriti anche gli ebrei, che in questo caso contribuivano ad aumentare la nazionalità maggioritaria. La stessa capitale, Budapest, non era nazionale ma bensì multietnica. Tedeschi, slovacchi, ebrei erano comunità importanti, e fino a metà dell’Ottocento maggioritarie.

L’Ungheria era un paese multiculturale, molto multiculturale. E la classe politica ungherese dell’epoca non ha saputo gestire quella multiculturalità. A posteriori è facile la critica, non possiamo però dimenticare che l’inizio del ‘900 fu il periodo segnato dal trionfo del nazionalismo e della sua massificazione. Fenomeni difficilmente controllabili, specie in una situazione così instabile. Di certo a posteriori, peggio del Trianon, forse non poteva andare.

La classe politica ungherese fu quindi completamente inadatta e impreparata, in tutte le sue sfaccettature. Dai conservatori aristocratici che portarono il paese in guerra, che sbagliarono tutto alla Conferenza di pace (l’Ungheria perse territori anche a favore dell’Austria altra grande sconfitta), e che poi firmarono il trattato. Ai politici liberali che smilitizzarono l’esercito in uno dei momenti cruciali e capirono tardivamente l’importanza di ipotesi confederali per la gestione della crisi. A quelli comunisti che sebbene furono gli unici o combattere con le armi i nuovi confini e a riconquistare alcuni territori capitolarono a causa di problemi interni causando l’entrata delle truppe romene a Budapest. Una colpa condivisa questa sì da tutta la classe politica ungherese dell’epoca.

 

L’Ungheria dopo il 1920, il Trianon sempre presente

Sempre, sempre ci pensiamo“. La storia d’Ungheria dopo il 1920 ha al suo centro il Trianon. Con milioni di ungheresi fuori dai confini nazionali, tutti i governi hanno dovuto confrontarsi con l’annosa questione del Trianon, chi cercando di riconquistare i territori chi cercando di nascondere la storia.

Negli anni ’20 e’30 la politica era incentrata sul ricordo della Grande Ungheria, sulla creazione e il rafforzamento di un’identità nazionalista. Misure che dovevano servire alla riconquista dei territori perduti. La politica di superamento dei trattati di pace firmati dopo la Grande Guerra non poteva che avvicinare Budapest a Berlino. L’Ungheria trovò il suo alleato naturale nella Germania nazista. Un’alleanza che portò Budapest in un vicolo cieco. Tra il 1938 e il 1941 l’Ungheria riannette alcuni territori. In compenso però il paese perde non solo la faccia ma anche la guerra, ed entrambe in maniera irreparabile. Il 3 aprile 1941 pur di non dichiarare guerra alla Iugoslavia, con la quale solo pochi giorni prima era stato firmato un trattato di amicizia, il premier Teleki si spara un colpo di fucile. Nel 1945 l’Ungheria, che aveva dichiarato guerra all’URSS, viene invasa dall’Armata Rossa che ristabilisce i confini del Trianon e ne deciderà le sorti politiche per i successivi quaranta anni.

Dopo è la volta del potere internazionalista. Dal 1948 al 1989 l’Ungheria è un paese socialista. L’ideologia ufficiale condanna il nazionalismo e tutte le nazioni, specie quelle dell’est, sono ora “amiche”. Il Trianon, ovviamente, non poteva essere ricordato in un contesto del genere, diventa un tabù. Del Trattato di pace come degli ungheresi al di là dei confini non se ne parla più, almeno in maniera pubblica. Perchè il Trianon rimane comunque presente nella politica magiara, anche i comunisti non possono di certo ignorarlo. Mátyás Rákosi intavolerà trattative segrete con l’URSS per cercare di riottenere anche solo qualche chilometro quadrato di terra. D’altronde nella retorica ufficiale non manca il ricordo delle parole di condanna di Lenin sul trattato “imperialista e ingiusto”. Sarà un caso della storia ma molti leader comunisti saranno nati propri nei territori persi. Bela Kun nell’odierna Romania, Rákosi in Serbia, Kádár a Fiume. Anche negli anni ’80, seppur in maniera discreta, il tema della minoranza in Romania viene usato quando è necessario rinforzare la critica a Ceausescu, reo di essersi distanziato troppo dal verbo moscotiva. Il Trianon e la comunità ungherese al di là del confine, seppure non in maniera limpida, vengono utilizzati quando necessari ai propri interessi politici.

Nel 1989 crolla il comunismo, il Trianon non è più tabù. Antall József si dichiara “primo ministro di tutti gli ungheresi“. Il messaggio è chiaro, l’Ungheria non dimentica che la propria nazione è più grande dei confini nei quali si ritrova. Gli anni novanta sono anni convulsi. Novità e paura, speranza e instabilità si mischiano ad una ritrovata libertà e ad un’idea di Europa senza confini. Nel marzo del 1990 le giornate di Marosvásárhelyi ripropongono il tema delle minoranze ungheresi al mondo. La paura di un’escalation è reale, ma la fiamma della violenza viene controllata e spenta, almeno in Transilvania. Spenta la fiamma, ma non le braci che continuano in maniera sconnessa a creare tensioni a rotazione tra Budapest e i suoi vicini. Il tema delle minoranze torna prepotente nella politica interna ungherese con il referendum sulla doppia cittadinanza del 2004. Il sogno di una Nazione solidale si scontra con la realtà dei fatti. Solo un terzo degli ungheresi va a votare, e tra questi solo il 51% è a favore. Uno schiaffo che provocherà ferite, ricucite solo con la legge sulla doppia cittadinanza approvata nel 2010.

Monumento Trianon

Il nuovo monumento di ricordo del Trianon a Budapest.

 

Cosa fare del Trianon oggi?

Oggi il Trianon ha una parte importante nella narrazione storica del governo che guida l’Ungheria dal 2010. Il premier Orbán ha indicato la strada già dal primo anno di governo con la legge sulla doppia cittadinanza (2010) che estende numerosi diritti agli ungheresi al di là dei confini. Una ricompensa dovuta per quello che le comunità magiare hanno dovuto sopportare. Dal 2010 in poi l’Ungheria e le sue minoranze sono sempre più interconnesse, dal punto di vista economico, culturale e politico. Il diritto di voto le ha immerse nel dibattito politico di Budapest, ma le ha anche legate “fedelmente” solo a una parte partitica, con tutti i rischi che questo può comportare. Volenti o nolenti, nonostante i confini gli ungheresi d’Ungheria e quelli al di là del confine si sono avvicinati

La nuova via tracciata dall’Ungheria orbaniana fornisce un posto di rilievo alla propria narrazione al Trianon. Un avvenimento che serve a consolidare un’immagine di un’Ungheria costantemente sotto assedio di nemici stranieri o di complotti. Una narrazione che riprende in parte la retorica degli anni venti e trenta, e non solo la retorica, ma anche i monumenti. Una retorica che vuole formare una memoria collettiva poco critica ma molto recriminante. Una memoria che individua ancora una volta nelle cause esterne, o nei nemici interni, i problemi dell’Ungheria, evitando una riflessione critica su se stessi. Una memoria che così è viva, ma rischia unicamente di creare risentimento e divisioni. Un risentimento a cui oggi non si può trovare cura e che porta l’ungherese a vivere nell’afflizione.

Ricordare il Trianon, oggi e domani, perchè e come? Si può continuare a fissare le mappe della grande Ungheria e a sbattere la testa, infervorarsi per ogni ingiustizia subita. Uno sconforto che però non può portare a molto. L’unica strada possibile allora sembra quella di cercare di interiorizzare e metabolizzare un lutto. Non dimenticarlo, come non dimenticare gli ungheresi che vivono al di là dei confini. Supportarli nella rivendicazione di maggiori diritti non solo è giusto, ma dovereso. Il Trianon è un avvenimento non ignorabile e non risolvibile, proprio come un lutto familiare. Un lutto che l’Ungheria e gli ungheresi devono affrontare da soli, questo si come spesso è capitato nella storia, perchè una memoria condivisa con gli altri paesi è impossibile, ed in ultima analisi dannosa. Il Trianon è il calvario ungherese, e solo gli ungheresi, possono riuscire a superarlo.

 

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Foto in copertina: delhir

Foto: eszm.ro, archivio nazionale