Alle otto di sera del 20 marzo del 1990 nelle strade centrali di Marosvásárhely (Targu Mures in romeno, città della Transilvania) si presentano centinaia di rom. A guidarli Béla Puczi che rivolgendosi alle migliaia di ungheresi presenti in piazza disse: “Non abbiate paura ungheresi, sono arrivati gli zingari“.

Nel 1990 Marosvásárhely fu teatro di sanguinosi scontri etnici tra la comunità ungherese (seclero-ungherese) e quella romena. Scontri che videro le due comunità fronteggiarsi per diversi giorni nella piazza principale. Il 20 marzo quando migliaia di ungheresi venivano attaccati dai nazionalisti romeni dai quartieri periferici della città arrivarono centinaia di rom a dar man forte alla comunità ungherese. Gli zingari lottano in prima fila insieme agli ungheresi contro i nazionalisti romeni che nelle giornate precedenti si erano lasciati andare a linciaggi e violenze.

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Gli scontri del 1990

La comunità rom nelle regioni seclere della Transilvania è particolarmente numerosa nella regione di Maros, dotata di una forte identità e spesso vicina e solidale alla lingua e alla cultura magiara. Durante gli scontri etnici del 1990 la comunità rom della città non esitò quindi a schierarsi a fianco degli ungheresi, conscia del fatto che una volta tramortiti i magiari sarebbe toccato agli zingari.

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L’intervento dell’esercito romeno

Gli zingari della città lottano a fianco degli ungheresi durante il “marzo nero” di Marosvásárhely. Quando però nei giorni successivi il governo romeno ristabilisce l’ordine rom e ungheresi devono fare i conti con la repressione giudiziaria. Numerosi gli arresti e le condanne. Molti ungheresi scappano in Ungheria (in quei mesi numerosi ungheresi di Transilvania lasciano la Romania), molti di meno sono però i rom che riescono a scappare. Così molti di loro sono condannati ad anni di reclusione e di violenze in carcere.

Béla Punczi il capo della comunità rom della città, colui che li guida a fianco degli ungheresi, viene prelevato di casa per essere interrogato e picchiato dalla polizia. Sconterà 8 mesi di prigione prima di riuscire a scappare in Ungheria dove farà richiesta di asilo politico.

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La storia di Béla però non finisce qui. In Ungheria lavora nelle ferrovie dello stato quando poi nel 1993 decide di emigrare in Francia dove prova ad ottenere un permesso di residenza. Viene però arrestato durante scontri di piazza al termine di una manifestazione a Parigi e rimpatriato in Ungheria. Tornato a Budapest la polizia magiara gli intima di lasciare il paese entro 30 giorni. Béla si nasconde e vive una vita da clandestino quando finalmente lo stato ungherese gli riconosce il diritto di rifugiato.

Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto come senzatetto a Budapest dove è morto nel 2009. Ieri, domenica 10 dicembre, alla stazione dei treni Nyugati di Budapest, è stata affissa una targa commemorativa in suo ricordo.

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Foto: libertatea.ro, magyarhirlap.hu