Vi presentiamo qui di seguito una fiaba ungherese tratta dalla Magyar Mythologia di Arnold Ipolyi e tradotta in italiano. 

Il pastore, le sue pecore e il drago

Un pastore vedeva diminuire di giorno in giorno i capi del suo gregge e gli venne il sospetto che fosse qualche fiera del bosco a cibarsi delle sue pecore. Così decise di appostarsi poco lontano dalla palude dove erano giunte. Ecco che a un tratto vide uscire uno sárkány (“drago”) con i figlioletti che si presero quattro pecore. Il pastore si chiedeva che fare, perché di certo lo sárkány, una volta mangiata l’ultima pecora, si sarebbe spinto fino alla fattoria e avrebbe divorato anche loro. 

Arriva il “garabonciás 

Un giorno giunse alla casa del pastore uno straniero in abiti cenciosi, con la barba bianca, dalla figura avvizzita e polverosa, con un libro sotto il braccio. Salutò, si sedette e chiese latte cagliato e pane dal quale tolse la mollica. Sapeva quale pensiero attanagliava il pastore, perciò gli offrì il suo aiuto. Andarono alla palude e, una volta giunti, il garabonciás prese tre cavezze, iniziò a leggere dal suo bölcseség könyve (“libro della sapienza”) e ben presto spuntò lo sárkány. Il garabonciás lo imbrigliò e dopo di che invocò leggendo, anche i figlioletti che furono imbrigliati dal pastore. Fatto ciò, il garabonciás invitò il pastore a seguirlo fino al szerecsenország (lett. “paese dei saraceni”) in groppa agli sárkányok sotto forma di tre nubi nere. 

Solcavano il cielo veloci come raffiche, ma nella corsa il cappello del pover’uomo precipitò. Fece per fermarsi e cercare di recuperarlo, ma il garabonciás lo distolse dal fare ciò dicendogli: «Suvvia, è già a cento miglia da noi!». Così continuarono a galoppare le nubi nere, talvolta silenziosi, quando sorvolavano le abitazioni delle persone che avevano accolto il garabonciás e meritavano di essere risparmiate; talvolta, invece, accompagnati da violenti bufere, se in quel preciso istante si trovavano sopra coloro che lo avevano oltraggiato.

Quando ormai erano così vicini al sole da sciogliersi, giunsero presso un popolo che poteva uscire di casa solo mettendo sotto la lingua oppure sotto il braccio un pezzetto di carne di sárkány, perché la carne di sárkány era gelida come il ghiaccio. 

Dopo aver ucciso gli sárkány, il garabonciás ne tagliò la carne, la spartì e per ogni boccone ricevette in cambio così tanto oro che il pastore a stento riuscì a trasportare a casa la parte che gli spettava.

 

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Foto: zonaporkolt.com