Articolo di Elisa Zanchetta

Ricorre oggi l’anniversario della nascita di Elek Benedek, scrittore, traduttore, giornalista ed etnografo ungherese che dedicò la sua vita alla raccolta delle fiabe popolari da lui definite «tesori dell’anima del popolo ungherese». Dal 2005, su iniziativa della Magyar Olvasástársaság (“Società ungherese di lettura“), il 30 settembre è divenuta, proprio in onore di Benedek, la giornata della fiaba popolare (népmese napja).

Una vita dedicata alle fiabe popolari

Elek Benedek nacque il 30 settembre 1859 a Kisbacon, paesino della Transilvania che passò alla Romania in seguito al trattato di Trianon. Cresciuto ascoltando i racconti degli anziani del suo paesino natale, Benedek sviluppò ben presto uno spiccato interesse per la cultura popolare, in particolare per le fiabe.

Partecipò a numerose spedizioni di raccolta di materiale etnografico, tradusse in ungherese e riscrisse numerose fiabe classiche, ma Benedek è ricordato soprattutto per la sua monumentale opera intitolata Magyar mese- és mondavilág (“Mondo delle fiabe e delle leggende ungheresi”), pubblicata nel 1896 in occasione del Millennium, ovvero l’anniversario dei mille anni dall’arrivo degli ungheresi nel bacino dei Carpazi.

L’importanza delle fiabe popolari

Per la sua attività di raccolta e scrittura di fiabe, Benedek può essere considerato il creatore della moderna letteratura per ragazzi, oltre a fargli meritare l’appellativo di nagy mesemondó (“grande narratore di fiabe”). Egli riteneva essenziale ‘consegnare’ alle nuove generazioni la favolistica ungherese come testimone della quotidianità, degli affanni e delle gioie del proprio popolo.

Secondo Benedek, il folklore attornia ciascuna persona proprio come l’aria che respiriamo, è parte integrante di noi. Le fiabe popolari, le ninne nanne cantate dalla mamma, i racconti narrati dal babbo costituiscono le prime esperienze di cultura e letteratura che un bambino riceve e sono fondamentali per permettergli di iniziare a sviluppare gusto e senso critico, nonché di nutrire l’anima in modo sano.

Questo compito importante spetta non solo ai genitori e ai pedagoghi, ma anche agli scrittori e ai redattori di giornalini che devono contribuire per il bene delle nuove generazioni pubblicando letteratura di ottima qualità, riducendo al minimo le pessime traduzioni di opere straniere in ungherese. Benedek disse di operare come magvető (“seminatore”) e gyümölcsfaültető (“piantatore di alberi da frutto”) che fornisce al seme o alla pianticella, ovvero ai giovani lettori, il giusto nutrimento, ovvero la letteratura giovanile, affinché sviluppi radici profonde e dia buon frutto, ovvero formi la propria identità.

Alcuni passi delle fiabe di Elek Benedek

Vi proponiamo alcuni passi tratti dalle fiabe contenute in Magyar mese- és mondavilág (“Mondo delle fiabe e delle leggende ungheresi”) in cui vengono descritti due elementi della mitologia ungherese, ovvero l’égig érő fa (“albero che tocca il cielo”) e la tündér (“fata”).

Az égig érő fa / L’albero che tocca il cielo

«Vai dal re e riferiscigli che scalerai l’égig érő fa* e riporterai giù la principessa. Ma chiedi che prima faccia uccidere il bufalo dalle corna mozzate e che con la sua pelle faccia confezionare sette paia di calzari e sette completi di abiti! Poi salirai fino a quando le sette paia di calzari e i sette abiti non cadranno a pezzi. A quel punto avrai raggiunto un ramo che si protende verso l’esterno. Lo percorrerai fino in fondo e ti avventurerai sulla prima foglia: lì si trova il castello dello sárkány** a nove teste. Altro non ti dico, il resto è compito tuo.»

*albero che tocca il cielo
**sorta di drago policefalo

A tizenhárom hattyú / I tredici cigni

«Il giorno seguente, di buon’ora, anche il re attraversò la distesa d’acqua per raggiungere l’isola. Miklós aveva davvero ragione. Vennero i tredici cigni, divennero subito delle ragazze e la regina delle tündérek corse diretta da Miklós, lo abbracciò e lo baciò.»

Benedek Elek

Lo scrittore Elek Benedek

E, in conclusione, due citazioni tratte rispettivamente dai testi di apertura e chiusura della raccolta Magyar mese- és mondavilág, in cui Benedek tira le somme sul suo lavoro etnografico e ci parla in prima persona dell’importanza delle fiabe:

Itt a vége / Questo è tutto

«Ecco qua il libro e lo consiglio anche agli scrittori miei contemporanei: che leggano le “semplici” fiabe del popolo ungherese. Dalla lettura di queste fiabe ne verrà molto beneficio e chi ancora non conosce il loro stile potrebbe ugualmente apprendere dal popolo come piantare la piantina straniera in terra magiara. In questo libro ci sono molte fiabe che gli studiosi sostengono essere di origine straniera: e come il popolo magiaro ha effuso la sua anima, lo straniero è diventato ungherese sulla bocca del narratore di fiabe!»

Az olvasónak / Al lettore

«Con gran gioia dell’anima, sento che il mio libro è diventato un caro amico delle famiglie e un aiutante nell’educazione scolastica: che grandi e piccini lo leggano con diletto e ne traggano beneficio. Il merito di ciò è prima di tutto del popolo ungherese. Queste fiabe sono i tesori della sua anima. Io sono solamente figlio di un popolo affabulatore.»

 



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