La scorsa settimana in centinaia sono scesi per le strade di Budapest per ricordare la morte di George Floyd, il 46enne afroamericano ucciso lo scorso 25 maggio a Minneapolis.

La manifestazione si è svolta pacificamente di fronte l’ambasciata degli Stati Uniti, in piazza della Libertà. L’attivista Gergely Komáromy, uno degli organizzatori, ha ricordato come la solidarietà debba andare a tutte le vittime dei sistemi politici.

“I nostri nemici non sono le persone che la pensano diversamente da noi, o quei politici di partiti diversi dal nostro. Il nostro nemico è il sistema in cui viviamo,” ha detto durante il discorso di apertura.

Persino l’ambasciatore David Cornstein ha espresso il suo supporto per i manifestanti, dichiarando che “non c’è posto per il razzismo in questo mondo”.

Eppure, non sembra che la storia ci abbia insegnato nulla. In un articolo per le Nazioni Unite, il parlamentare britannico Glyn Ford, faceva riferimento agli odierni partiti di destra come un’evoluzione di quei partiti fascisti emersi negli anni ’40. Specialmente nel centro-est Europa dove i pregiudizi soppressi da decenni di comunismo sono riemersi sotto forma di razzismo e xenofobia.

In Slovacchia, le recenti elezioni parlamentari tenutesi nel mese di marzo, hanno confermato un governo di coalizione che include il partito conservatore Siamo una Famiglia (in slovacco Sme Rodina), il cui leader Boris Kollár è apertamente schierato contro l’immigrazione di massa e i rifugiati, mentre inneggia ai valori tradizionali. Prima ancora, durante il governo di Robert Fico, ricordiamo che fra i banchi dell’opposizione sedette anche Ján Slota, i cui discorsi contro la minoranza ungherese in Slovacchia sono stati sempre descritti come razzisti. Addirittura il giornale in lingua inglese, the Slovak Spectator, definì i commenti di Slota come al limite della decenza umana.

In Polonia, il partito Giustizia e Libertà (in polacco Prawo i Sprawiedliwosc) è al potere dal 2015, dopo aver vinto nuovamente le elezioni lo scorso ottobre. E in questi cinque anni, la Polonia, un tempo il Paese di Solidarność, si è trasformata in uno Stato semi-illiberale, che promuove una retorica contro l’immigrazione e gli omosessuali.

razzismo centro est europa

Dati: progetto Implicit, università di Harvard. Grafico: Ungherianews

E questi sono solo due esempi. Qualche anno fa, l’università di Harvard lanciò il progetto Implicit, un test che misura i pregiudizi razziali. È emerso che in centro-est Europa, in molti ancora associano persone di colore a sentimenti negativi. In particolare in Paesi come la Repubblica Ceca, la Bielorussia e l’Ucraina.

Quest’ultima, per esempio, non ha mai messo in pratica le raccomandazioni del Consiglio d’Europa risalenti al 2017. La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza aveva più volte ribadito l’urgenza per l’Ucraina di modificare il suo codice penale introducendo misure contro l’incitamento all’odio e la violenza motivata dall’omofobia. Modifiche che tutt’ora non sono ancora avvenute.

Spinta dalla curiosità, ho deciso anche io di fare il test dell’università di Harvard. Un test all’apparenza semplice, in cui bisogna giocare di velocità e associare volti e aggettivi. Il risultato mi ha lasciato di gran lunga sorpresa: i dati suggeriscono una preferenza automatica verso l’etnia caucasica piuttosto che nei confronti di quella afro-americana.

Eppure io mi sono sempre considerata una persona aperta e senza pregiudizi. Siamo forse tutti un pò razzisti?

L’uccisione di George Floyd è iniziata come l’ennesimo episodio di violenza ai danni di un afroamericano da parte della polizia. Ma ben presto si è trasformata in un manifestazione di solidarietà globale, che ha visto persone scendere in piazza ovunque, dagli Stati Uniti all’Europa.

E manifestazioni come queste fanno pensare che ci siano ancora persone che combattono contro istinti forse innati nell’essere umano, quegli istinti che ci fanno avere paura del diverso.

 

Nel frattempo, l’Ungheria ha revocato la possibilità di rettificare il sesso sui documenti delle persone transessuali. Per sapere di più: clicca qui.

 

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