La transessualità in Ungheria rischia di diventare illegale se l’emendamento al paragrafo 33 della proposta di legge T/9934 venisse approvato. Legge che è stata definita dai media come salátatörvény ovvero “legge insalata”, in quanto contenente tematiche molto diverse tra loro (dagli appalti sull’edilizia alla libertà di stampa), con il comune denominatore di accentrare le decisioni nelle mani del Governo in vista dello stato di emergenza in cui versa il Paese. Con il sopra citato emendamento si vuole revocare la possibilità di rettificare il sesso sui documenti delle persone transessuali, rendendole di fatto “invisibili” agli occhi della legge.

In un paese scosso da una pandemia senza precedenti, la priorità del governo è quindi quella di rendere fuorilegge una delle parti più vulnerabili della popolazione. Tale decisione, unita al recente rifiuto dell’Ungheria di ratificare la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, delinea una netta posizione di contrasto alle politiche di genere.

Secondo il testo, “cambiare il proprio sesso biologico è impossibile, i caratteri sessuali primari e le caratteristiche cromosomiche sono immutabili e non possono essere modificate da nessun ufficio di registro dello Stato civile magiaro.”

Cosa succederebbe se questo provvedimento passasse?

“Le persone trans sarebbero private dell’opportunità di usare i loro documenti senza paura per tutta la vita”, ha dichiarato Zsófia Szabó dell’associazione trans Prisma.

Innanzitutto, va chiarito che l’Ungheria é uno stato membro dell’Ue e per questo soggetto a una certa cornice legislativa. L’emendamento in questione rappresenta una sfida aperta alla Ue e ai suoi valori, che ha suscitato una pronta reazione da parte della commissione sui diritti LGBTI del Consiglio Europeo.

l tema della transessualità in Europa varia da Paese a Paese. Ad esempio in alcuni Stati alle persone che richiedono l’accesso alle cure mediche di riassegnazione del proprio sesso la copertura sanitaria ammonta al 50%, come nella vicina Austria, mentre in Ungheria – che ha introdotto la riassegnazione di genere soltanto nel 2018 – si arriva ad un massimo del 10%. Differenza interessante dal momento che, secondo un servizio di Dansk Radio,l’emittente radiofonica pubblica della Danimarca, il Paese magiaro risulta essere uno dei più sovvenzionati in materia sanitaria dall’Europa, soprattutto in questo momento storico.

Ebbene, se questo provvedimento diventasse legge – cosa molto probabile dato che il partito del primo ministro Viktor Orbán, Fidesz, detiene la maggioranza schiacciante in seno all’Assemblea – ci sarebbero due grandi conseguenze.

Altra immagine dall’annuale Budapest Pride

In primo luogo, pur vigendo la libertà di apportare modifiche al proprio corpo mediante la chirurgia plastica, non sarebbe consentito l’accesso alla riassegnazione di genere e quindi si condannerebbero migliaia di cittadini a restare intrappolati in un corpo che non riconoscono come proprio, attaccando direttamente l’identità e il diritto all’autodeterminazione del singolo, riconosciuto dal diritto internazionale comela capacità di scelta autonoma e indipendente dell’individuo.

In secondo luogo, anche chi avesse già completato il percorso di transizione, perderebbe tutto, di colpo. La riassegnazione del genere sui documenti infatti rappresenta la fine di un iter lungo e spesso sofferto, e allo stesso tempo il riconoscimento da parte della legge dello stesso.

“Riconoscere legalmente il riassegnamento di genere significa riconoscere i diritti umani,” ha detto Dunja Mijatovic, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa.

Costringere i cittadini trans ad esibire sui documenti di identità il sesso di nascita e non quello di appartenenza li renderebbe soggetti a una violenza quotidiana. Diverse persone intervistate dai media nelle ultime settimane hanno infatti ricordato quanto sia frequente dover mostrare il proprio documento di identità, come per il noleggio di un’auto o l’acquisto dell’abbonamento dei mezzi di trasporto.

Insomma, da un punto di vista strettamente legale, l’identità di genere non verrebbe più riconosciuta, e di questo passo si creerebbe un pericoloso precedente che legittimerebbe il Governo a vietare il cambio di sesso, dal momento che già legalmente non esisterebbe più.

Restano ancora oscure le motivazioni che hanno spinto il Governo ad adottare simili politiche in funzione del contrasto al Covid-19, ma é lampante il fatto che di questo passo l’Ungheria potrebbe facilmente mettere al bando minoranze scomode, riscrivendo pagine di una storia che non dovrebbe più ripetersi.

Nel resto d’Europa, non mancano anche esempi positivi: in Italia, l’Elemosiniere di Papa Francesco ha donato aiuti alla comunità transessuale di Torvaianica, in crisi durante l’epidemia. Inoltre in tutti i Paesi dell’Unione, ad esclusione di Cipro, è possibile rettificare il proprio sesso di nascita.

 

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