Sabato 19 gennaio l’opposizione al governo Orbán ha chiamato alla mobilitazione i cittadini ungheresi. Centinaia sono stati gli eventi organizzati in tutto il paese. Per gli organizzatori una giornata senza precedenti. Per i sostenitori del Fidesz un buco nell’acqua con manifestazioni poco partecipate. Ma cerchiamo di riepilogare quello che è successo.

A Budapest sabato erano previsti 4 cortei. Del corteo partito dal Ponte libertà non c’è stata traccia. L’assembramento di manifestanti in Piazza degli Eroi ha registrato un numero imbarazzante di partecipanti, pari a 8. Da piazza Blaha i numeri si sono fatti più “consistenti” con circa 20-30 manifestanti per lo più guidati dalle associazioni rom. A Oktogon si sono ritrovate circa 500 persone. Dai “punti di raccolta” le persone si sono dirette al Várkert Bazár dove il pomeriggio le presenze sono aumentate fino a raggiungere quasi 2.000 manifestanti. Da qui a fine giornata una piccola parte, un centinaio, si è diretta verso il Parlamento ma è stata bloccata sul ponte delle catene dalla polizia.

Fuori Budapest la situazione era diversa. Manifestazioni partecipate da più di un migliaio di persone si sono tenute a Miskolc, Pécs, Tatabány. Centinaia di manifestanti hanno partecipato a blocchi stradali in decine di altre città. Numeri non imponenti ma di certo di rilievo per la sonnolenta campagna ungherese che non registrava mobilitazioni del genere da più di dieci anni.

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La manifestazione a Pécs

Per i sostenitori del governo l’ennesima conferma che l’opposizione non solo è minoritaria nel paese ma ha perso completamente la cognizione reale, chiamando a “bloccare il paese” un movimento che in realtà non esiste.

Per gli organizzatori l’analisi è diversa. Scopo della giornata di mobilitazione era infatti quella di portare le mobilitazioni fuori dalla capitale. La partecipazione di centinaia di manifestanti in città medie-piccole dell’Ungheria è stata vissuta come un successo, nonostante gli scarsi risultati ottenuti a Budapest.

In conclusione la chiamata a “bloccare il paese” fatta dall’opposizione è stata chiaramente una parola d’ordine spropositata. Questo evidenzia le problematiche presenti nel movimento, in particolare nella leadership. L’idea di organizzare quattro cortei a Budapest, quando la capitale non era protagonista della giornata, come anche l’aver più volte cambiato il punto conclusivo della manifestazione evidenzia una disorganizzazione non indifferente. La giornata a Budapest è stata quindi chiaramente un fallimento. Evidenti anche i sintomi di stanchezza tra alcuni manifestanti che provocatoriamente hanno lasciato numerosi commenti critici “sull’ennesima  inutile passeggiata”.

Diversa invece la situazione nel resto del paese. L’Ungheria è un paese terribilmente “budapestcentrico”. Le contee raramente fanno sentire la propria voce. Questo sabato invece per un giorno sono diventate le protagoniste della vita politica del paese. Centinaia di persone hanno manifestato in città periferiche, spesso bastioni elettorali del Fidesz.

La giornata del 19 gennaio anche se non si è rivelata un boomerang per i movimenti dell’opposizione ha rivelato come i rapporti di forza nel paese non si siano affatto ribaltati come qualche osservatore poteva pensare. Ovvero le forze governative godono di un consenso stabile. Consenso leggermente in calo secondo alcuni sondaggi, ma per ora nessuno scossone, anzi la maggior parte della società ungherese continua a guardare con disinteresse alle questioni politiche.

Le manifestazioni delle ultime settimane sono quindi servite in primis a rivitalizzare l’opposizione politica, farla sentire presente nella società e nei mass media, ma non si sono tramutate in quella crescita di consenso che potrà essere calcolata solamente nelle tornate elettorali del 2019. Di certo l’avvenimento più importante è stato il ritorno di due parole, sciopero e sindacato, da tempo finite nel dimenticatoio del vocabolario ungherese. E sono proprio il tema dello sciopero e la rivitalizzazione, seppur blanda, dei sindacati di categoria, le due più grandi incognite della primavera ungherese.

 
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Foto: nepszava