Il progetto governativo di modifica delle legislazione che disciplina le università private in Ungheria e che colpisce in primo luogo l’istituto fondato dal magnate della finanza, è l’ultimo capitolo di un braccio di ferro che controppone ormai da anni il premier nazionalconservatore al finanziere americano-ungherese.

Ufficialmente il progetto di legge annunciato martedì dal governo ungherese mira a regolamentare l’attività di tutti gli istituti universitari ed enti di ricerca privati operanti sul territorio magiaro. Ma nell’elenco delle università invitate a conformarsi alle nuove disposizioni prescritte salta subito agli occhi la presenza della Central Europe University (CEU), l’importante istituto di studi superiori, finanziato da George Soros. Le critiche mosse al centro universitario internazionale con sede a Budapest sono molteplici: grazie alla sua capacità di ottenere l’assegnazione della maggior parte dei progetti di ricerca destinati all’Ungheria, la CEU è infatti accusata di concorrenza sleale e di sottrarre risorse alle università e centri di ricerca statali e nazionali, oltre a discriminare i docenti magiari e beneficiare di una condizione di effettiva extraterritorialità (i docenti non comunitari ad esempio sono esentati dall’obbligo di richiesta alle autorità locali del permesso di soggiorno e di lavoro ).

Fondata nel 1991 dal magnate della finanza George Soros, la Central Europe University è presente nella capitale magiara da poco più di 25 anni e rappresenta con i suoi 1 500 studenti e il suo corpo docente proveniente da tutto il mondo, il più importante network internazionale di ricerca della regione nell’ambito degli studi sociali, economici e umanistici sull’Europa orientale.

Nella conferenza stampa di ieri il suo rettore canadese Micheal Ignatieff – che ha ricevuto la solidarietà dell’Accademia d’Ungheria e dei collegi superiori ungheresi, ma non dei rettori delle università statali – ha rigirato al governo ungherese l’accusa di voler discriminare la propria università.
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Anche l’Ambasciata statunitense di Budapest ha manifestato la sua preoccupazione per l’iniziativa del governo ungherese e si è schierata in difesa dell’istituto di ricerca americano. Secondo molti però, la CEU sembra pagare per le sue numerose prese di posizioni apertamente antigovernative, ma soprattutto per il ruolo giocato da Soros a sostegno di associazioni e movimenti d’opposizione al governo di Orbán, che porta a considerare anche l’istituto di ricerca un ente finanziato dall’estero ed estremamente politicizzato.

CEU

Università CEU

Soros, una figura controversa

Nato in Ungheria da una famiglia ebraica e scampato all’olocausto nazista, Soros fugge nel 1947 dal Paese natale dove si è appena installato il regime comunista filosovietico e si trasferisce prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti, dove comincia la sua folgorante carriera nel mondo della finanza che lo porterà a diventare uno dei più grandi e ricchi speculatori finanziari del mondo, come ricordano bene anche gli italiani a causa del suo attacco speculativo contro la lira  del 1992 che determinò l’uscita temporanea di Roma dallo SME.

Da sempre sostenitore e finanziatore dei Democratici americani, Soros è accusato da molti di essere il grande finanziatore delle rivoluzioni colorate che dalla Georgia all’Ucraina si sono susseguite nei Paesi ex sovietici negli ultimi 20 anni. Posizioni che sembrano condivise dagli ambienti accademici della CEU, come dimostrerebbe il sostegno ideologico alle proteste ucraine di Euromaidan e alle truppe ucraine che combattono i separatisti filorussi nel Donbass, o la concessione di borse di studio a giovani rifugiati, durante le fasi più calde della crisi migratoria alle frontiere magiare.

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Soros

Orbán, alla ricerca di un nuovo nemico?

Non potrebbe essere più diverso il premier nazionalconservatore Viktor Orbán, che con il suo partito Fidesz guida dal 2010 il Paese. Divenuto celebre in tutta Europa con la sua politica migratoria dal pugno di ferro, che ha portato alla creazione del tanto contestato muro alle frontiere ungheresi esposte alla rotta balcanica dei rifugiati, il leader nazionalista magiaro ha tuttavia subito negli ultimi tempi due gravi smacchi che ne hanno offuscato l’alone di invincibilità politica: il mancato raggiungimento del quorum al referendum attraverso cui il governo ha chiesto lo scorso ottobre ai cittadini una legittimazione popolare all’opposizione di Budapest al piano delle quote di migranti stabilite dall’UE (soltanto il 43% degli elettori si è presentato alle urne) e il più recente annuncio del ritiro della candidatura di Budapest per l’organizzazione dei giochi olimpici del 2024, per evitare il rischio di un’ulteriore sconfitta al referendum contro l’Olimpiade che sarebbe stato indetto grazie alla raccolta delle firme effettuate dai partiti d’opposizione.

Orban Viktor

Orbán

Se a questo si aggiunge l’approssimarsi delle elezioni politiche in programma nella primavera del 2018, la scelta di colpire adesso l’università finanziata da Soros ad alcuni osservatori non appare casuale e viene vista come la resa dei conti finale del premier ungherese contro un avversario ideologico dal forte potere economico; un avversario oltretutto funzionale, secondo i maligni, ad una certa campagna propagandistica che, attaccando frontalmente un rappresentante ebreo della grande finanza mondiale, sostenitore della politica di accoglienza verso gli immigrati e della società multiculturale aborrita da Orbán e dai suoi sostenitori, sembra voler parlare alla pancia di un certo elettorato di destra.

In attesa degli sviluppi della vicenda e comunque la si veda, quel che finora appare certo è che a pagare il prezzo  di questo braccio di ferro fra due figure chiave per gli equilibri nella regione (per ragioni diverse e da posizioni ideologiche agli antipodi) sarà probabilmente il più importante think tank e centro di ricerca internazionale dell’Europa centro-orientale.



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Foto: European People’s Party, World Economic Forum, Európa Pont, Gphgrd01 / Wikimedia Flickr cc.