La serie A 1988-89

Era l’estate dell’88, l’Olanda aveva appena rinverdito i fasti del totaalvoetbal trionfando negli europei teutonici ed anche il calcio italiano parlava oranje, col Milan del trio Rjijaard-Gullit-Van Basten pronto a difendere il titolo tricolore di fresco strappato al Napoli maradoniano. La serie A passa dal formato a 16 squadre a quello con 18, dalla cadetteria salgono Bologna, Lecce, Lazio ed Atalanta. I salentini, guidati da Carletto Mazzone, si aggiudicano la piazza d’onore e l’ambita promozione nel massimo torneo, trascinati dal duo argentino Barbas-Pasculli e dalla promettente ala destra Moriero.

Il mercato del Lecce

Per garantirsi la permanenza nel calcio che conta, il club del dinamico presidente Jurlano rinvigorisce l’organico con gli innesti, in difesa, di Ubaldo Righetti (ex Roma ed Udinese) e del ‘figliol prodigo’, il terzino mancino Salvatore Nobile, di ritorno dall’Inter, mentre per la mediana è prelevato dall’Avellino Paolo Benedetti. È il settore offensivo, però, che conosce un vero e proprio restyling, col rientro dal Pisa di un’altra vecchia conoscenza, Ricardo Paciocco, e l’acquisto dal Tatabánya di István Vincze, ala sinistra che nel club magiaro ha collezionato 37 reti in quattro stagioni. In lui la dirigenza giallorossa crede fermamente, tanto da presentarlo come affidabile spalla per il bomber Pasculli. Peraltro István è già nel giro della Nazionale ungherese e tutto fa supporre che il suo ingaggio si rivelerà una scommessa vinta.

vincze lecce figurina

Un solo goal per Vincze

I leccesi centrano un sorprendente e gratificante nono posto, davanti ad antagoniste ben più titolate come Lazio e Verona, mentre il Torino retrocede addirittura, in compagnia di Pescara, Pisa e Como; nonostante questo, però, le speranze riposte dalla tifoseria giallorossa nell’aletta magiara sono destinate a restare pure illusioni, perché nell’arco dell’intera stagione Vincze disputa soltanto la metà delle gare in calendario – 17 su un totale di 34– andando a segno in un’unica partita, alla dodicesima giornata, tra le mura amiche del ‘Via del mare’, contro il Pescara di Giovanni Galeone, partito bene, ma poi crollato nel ritorno.

È l’8 gennaio, sullo stadio soffia un gelido vento di tramontana, preludio della pioggia che vi si abbatterà nella ripresa, István parte titolare indossando la casacca n. 11 e facendo coppia sotto rete con Pasculli. Trascorrono appena dieci minuti del primo tempo e tocca proprio a lui schiodare il punteggio dallo 0-0 di partenza, sfruttando al meglio gli sviluppi di un calcio da punizione poco prima dell’area pescarese: infatti, dopo una serie di rimpalli, il pallone arriva dalle parti di Vincze che, indisturbato, non deve far altro che spedirlo comodamente di sinistro in rete.

Lo squillante acuto non ha un seguito, per István l’annata si rivela comunque deludente, anche se, confortata dal brillante piazzamento ottenuto dall’undici di Mazzone, la dirigenza decide di concedere all’ungherese una nuova chance, confermandolo anche per il torneo successivo. E azzeccandoci. Perché è pur vero che per Vincze la concorrenza per una maglia da attaccante titolare si fa più agguerrita, con l’arrivo del referenziato Pietro Paolo Virdis dal Milan, ed è sempre vero che i salentini conoscono una stagione più tribolata della precedente, salvandosi di appena un punto, ma paradossalmente l’ala magiara vive la sua stagione italiana senza dubbio più positiva.

Il goal nel derby con il Bari

Statistiche alla mano, Vincze scende in campo 28 volte, segna 3 gol e 2 di questi fruttano altrettante vittorie, pesantissime, contro i detestati ‘cugini’ del Bari alla ventiseiesima giornata e ai danni del Bologna alla trentaduesima. Nel derby in casa barese del 25 gennaio decide il risultato con una splendida botta al volo di sinistro da fuori area, che non lascia scampo al portiere rivale Mannini. Rete importantissima non solo perché procura ai salentini la vittoria in una sfida quanto mai ‘particolare’ come un derby regionale, ma anche perché spezza il digiuno di gol dell’ungherese, a secco, da più di un anno.

Da lì in poi István si sblocca, guarendo dal mal di gol e timbrando, come detto, altre due volte il cartellino sotto rete. Ma pure stavolta il paradosso ci mette lo zampino, perché nonostante il miglioramento personale Vincze non viene confermato e rimpatria, probabilmente perché, per quanto tecnicamente valido, non fu ritenuto del tutto adeguato ad un torneo ultracompetitivo come la massima serie italiana di quel tempo. Sarà un caso, ma il Lecce subito dopo retrocede in B, forse perché privo del suo ‘amuleto’, i salentini erano comunque rimasti dignitosamente in A con István. Che non era sicuramente un campione, ma nemmeno un bidone.



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