L’amore durante l’Olocausto dimenticato

Quando il mondo era nostro è una storia straziante di due persone divise dalle circostanze. È raro che un libro incentrato sulla seconda guerra mondiale rifletta le esperienze in Ungheria e racconti del popolo rom, il che rende questo libro particolarmente interessante. L’autrice Roxanne Veletzos, attraverso ricerche approfondite e la storia familiare, fa un ottimo lavoro creando un senso di ciò che le persone stavano vivendo durante e dopo la guerra. E ci chiede se le due persone che si sono amate così profondamente si rivedranno mai più.

È il 1943 e la ventenne Eva si prepara a sposare Eduard, un giovane dottore gentile che lavora per la Croce Rossa mentre la Germania espande la sua occupazione in tutta Europa. Eva ha vissuto una vita protetta e incantata a Budapest, in Ungheria. Con l’avvicinarsi del matrimonio, Eva si reca nella tenuta di campagna della sua famiglia a Sopron per l’estate. Lì incontra Aleandro, un giovane e affascinante Rom “tzigano” che è un violinista e un artista. Sebbene provengano da due classi sociali diverse, formano uno stretto legame e si innamorano. Eppure il loro tempo insieme è di breve durata e sono separati. I tedeschi invadono presto l’Ungheria e i nazisti deportano tutte le persone ritenute indesiderabili, compresi i rom. Questo oggi viene definito «l’Olocausto dimenticato».

Eva non ha altra scelta che cercare di ricostruire la sua vita e giura di aiutare gli altri. Aleandro e la sua famiglia non possono sfuggire alla persecuzione nazista ma il ricordo di Eva gli dà la volontà di sopravvivere. Questa bellissima storia porta il lettore dagli orrori della guerra, all’Ungheria del dopoguerra e alle lotte che il paese ha continuato ad affrontare.

Personaggi ispirati a persone realmente esistite

I personaggi principali sono ispirati a persone realmente esistite. Le opere d’arte di Aleandro Szabó sono un omaggio a quelle dell’artista lituano Kalman Aron. L’uomo perse i genitori nell’invasione tedesca della Lituania e poi fu condannato ai lavori forzati e spostato in sette diversi campi in Polonia, Germania e Cecoslovacchia. Quando le guardie scoprirono il suo talento lo esonerarono dai lavori più duri e gli offrirono un trattamento di favore in cambio di ritratti o copie di foto di famiglia.

Nel 2018, un articolo del New York Times che annunciava la morte di Aron all’età di novantatré anni citava la frase che lui stesso aveva detto a Steven C. Barber, autore di un documentario: «Sono sopravvissuto all’Olocausto aggrappandomi a una matita». Dopo la guerra, Aron si trasferì a Los Angeles, dove cominciò a ricreare i suoi dolorosi ricordi in una serie di dipinti che gli hanno garantito fama mondiale. Oggi una delle sue opere più importanti, Mother and Child, è esposta al l’ingresso del museo dell’Olocausto di Los Angeles.

Il dottor András Seibriger

In modo analogo, Eduard Kovaks, il marito di Eva, è ispirato a un medico realmente esistito, il dottor András Seibriger. Durante i cinquantadue giorni di assedio di Budapest ha contribuito a salvare le vite di migliaia di soldati e civili in un ospedale sotterraneo nascosto sotto la collina del Castello. Originariamente, l’Ospedale nella Roccia poteva ospitare centoventi persone, ma nei giorni più difficili dei bombardamenti i pazienti decuplicarono. Per aumentare lo spazio, vista l’incredibile quantità di pazienti, si unirono i letti. Infermiere e medici – come Eduard, Eva e Tamara – affrontavano a loro volta condizioni terrificanti. Spesso lavoravano per giorni senza acqua corrente o cibo e dormendo solo di tanto in tanto su barelle libere.

All’esplosione della rivoluzione ungherese del 1956 il dottor Seibriger tornò per aiutare a salvare la vita ai combattenti per la libertà sotto il fuoco incessante delle truppe sovietiche. A differenza di Eduard nel romanzo, Seibriger, che era cardiopatico, non fuggì dall’Ungheria dopo la rivolta. Il regime sovietico gli tolse il diritto di esercitare la professione di medico e lo perseguitò fino alla sua morte, nel 1977.

Oggi l’ospedale è un museo che ospita statue di cera che ricreano le scene brutali accadute entro quelle pareti. Una rappresenta un giovane dottor Seibriger che si prende cura dei pazienti feriti nei giorni della rivoluzione.

Infine, anche se è interamente frutto dell’immaginazione dell’autrice, Eva incarna lo spirito coraggioso e altruista delle infermiere in tempo di guerra e delle combattenti della resistenza – molte provenivano da famiglie agiate, come lei – che si esposero con coraggio a ogni pericolo per lottare contro l’ingiustizia e la persecuzione.

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