L’Ungheria, lo stato di diritto, la democrazia, l’Europa futura sono alcuni dei temi di cui abbiamo parlato con Francesco Giubilei ad inizio giugno a Budapest.

Francesco Giubilei è presidente della Fondazione Tatarella, una delle principali fondazione nell’ambito del centro-destra italiano, e del movimento “Nazione Futura”. Ha fondato una casa editrice indipendente specializzata in pubblicazioni di saggistica divulgativa legata al mondo conservatore, cattolico e cristiano. Professore a contratto all’Università di Benevento e collaboratore de “Il Messaggero”. Selezionato da Forbes tra i 100 italiani under 30 più influenti oggi si trova a Budapest per una fellowship al Mathis Corvinus Collegium per una ricerca sul conservatorismo europeo.

Budapest e le fondazioni conservatrici

Che cosa fai in Ungheria? E’ la prima volta che vieni? Quale è la tua impressione su Budapest?

Sono in Ungheria per tre mesi fino alla fine di luglio per una fellowship al collegio Mathias Corvinus per una ricerca che ha come tema il conservatorismo europeo. In particolare una comparazione tra il mondo del conservatorismo italiano o comunque occidentale e quello ungherese e dell’Europa centrale.

E’ la seconda volta che vengo a Budapest. Avevo già visitato la città due anni fa, quando avevo partecipato ad una serie di incontri e conferenze in occasione del trentennale della caduta del musro di Berlino di cui una all’Istituto del XXI secolo con Mária Schmidt ed altri esponenti del governo.

La mia impressione su Budapest è molto positiva. Una città sicura, ben organizzata. Faccio un esempio. Qui mi muovo sempre con i mezzi pubblici mentre a Roma sempre in auto perché altrimenti perderei molto tempo. Qui invece non c’è l’esigenza di avere un’auto propria i mezzi pubblici funzionano molto bene. E’ una città pulita rispetto ad alcune città italiane. Mi da un’impressione positiva. Mi sembra una città, che nonostante il covid, sia in forte crescita e evoluzione.

Quale è il tema della ricerca per la quale sei in Ungheria? Qual è il tuo giudizio sugli istituti dove porti avanti la tua ricerca?

Svolgo la mia ricerca al Mathias Collegium. Sono molto contento di questa realtà. Una realtà ben strutturata ed in crescita. Una cosa che mi ha colpito è quella di vedere un team di lavoro molto giovane. Si vede la differenza in questo con la realtà italiana. Ci sono molte persone under 30, lasciano molta libertà e indipendenza nel portare avanti la propria ricerca e anche questo mi sembra positivo e importante.

La cosa che mi ha colpito dell’Ungheria è che c’è, anche rispetto ad altre nazioni più grandi, un grande fermento nel mondo intellettuale delle fondazioni di tinte conservatrici. Che è una cosa inusuale anche rispetto all’Italia in cui ci sono tante fondazioni però quelle che operano in ambito conservatore sono una minoranza. Qui invece sono molto numerose e molto attive.

Ungheria vs Unione Europea

L’Ungheria da diversi anni è al centro delle polemiche in UE. Si parla da più parti di un paese a “democrazia malata”. Per questo a Bruxelles si è arrivati a minacciare l’utilizzo dell’art.7 (qui info). In Italia a sinistra qualcuno ha addirittura chiesto l’espulsione dell’Ungheria dalla UE. Il centro della discussione è lo stato di diritto. Puoi dirci brevemente che cosa è lo stato di diritto?

Il problema della definizione dello stato di diritto, o “rule of law”, è che è una definizione che evidentemente sta cambiando negli ultimi anni. Si è evoluta sotto certi punti di vista. In linea teorica lo stato di diritto si basa sulla separazione dei poteri. Quindi potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Questi devono essere tra di loro indipendenti. Al tempo stesso uno stato di diritto si basa sul rispetto delle leggi che vengono sancite dalla Costituzione. Il rispetto delle leggi costituzionali caratterizza ogni democrazia e conseguentemente a questo anche il rispetto di alcuni diritti basilari. Qui nasce il problema su come vengono interpretati e su che cosa e quali sono questi diritti democratici quali la libertà, il diritto di libertà di espressione e di manifestazione. Questi sono gli elementi che dovrebbero caratterizzare lo stato di diritto.

A tuo parere l’Ungheria è uno stato di diritto?

Secondo me va fatta una premessa importante. Soprattutto se si guarda l’Ungheria con gli occhi di un occidentale o di un italiano. Noi non possiamo pensare di applicare gli stessi criteri nei paesi dell’est Europa rispetto a quelli che sono dei criteri che caratterizzano le democrazie occidentali perché abbiamo una storia diversa. Qua fino a trenta anni fa c’era una dittatura comunista questo va tenuto in considerazione. Dobbiamo capire che è un contesto differente. Questi paesi sono oggi assolutamente delle democrazie ma con una storia diversa. La storia forma e forgia quelle che sono le modalità di applicazione delle leggi.

Fatta questa premessa, sì, ritengo che l’Ungheria oggi sia uno stato di diritto. Ritengo che vi sia una separazione dei poteri, che vi sia una opposizione, e credo che la cosa più sintomatica sia dire che il Sindaco della capitale sia un politico del centro-sinistra, dell’opposizione. Io non ho mai visto uno stato non democratico dove il sindaco della capitale è di un partito opposto a quello del governo nazionale. Ciò significa che evidentemente è una democrazia con dei criteri differenti, nessuno lo mette in dubbio.

Se è una questione di “storie e approcci differenti” perché non ne tengono conto a Bruxelles?

Il problema quale è. A Bruxelles quando si parla della tematica ambientale non tengono in considerazione gli agricoltori pugliesi o siciliani perché raccogliere i prodotti agricoli ha un costo maggiore di quanto sia l’importazione dalla Tunisia. Esistono numerosi esempi come questo. Il fatto è che l’UE non tiene in considerazione le esigenze dei singoli popoli. Ha una visione centralizzata. Che vuole applicare una linea politica senza tenere in considerazione i singoli contesti nazionali. Questo provoca spesso situazioni conflittuali con i singoli Stati nazionali.

Il primo errore nell’approccio è di non tenere in considerazione che se c’è un governo in Ungheria o Polonia che è votato dalla grande maggioranza della popolazione devi rispettare il governo in quanto espressione popolare della maggioranza dei cittadini. Questo è il primo aspetto. Il secondo è che le politiche che portano avanti l’Ungheria o la Polonia o altri governi conservatori sono delle politiche di stampo cristiano, che su alcuni temi come il tema natalità, la famiglia, etc. hanno un’idea opposta a quella dell’attuale UE. E quindi l’attuale UE non accetta questa visione di società e cerca di contrastarla.

La democrazia illiberale di Orbán e la svolta a est

Orbán è stato il primo a parlare di democrazia illiberale. L’UE però storicamente è una unione di paesi a democrazia liberale. Con questa definizione Orbán ha voluto appositamente creare una frattura, una divisione tra Budapest e Bruxelles. Solitamente quando si pensa a stati illiberali si pensa alla Russia o alla Turchia. Paesi tra l’altro con cui Orbán ha ottimi rapporti e paesi che vengono presi a modello nella gestione del potere pubblico dal leader ungherese. Questa svolta verso l’est e questo concetto di illiberalismo sono un’idea particolare all’interno del conservatorismo europeo?

Quello che ha detto Orbán è che le democrazia liberali come noi le conoscevamo hanno cessato di avere una funzione tipica delle democrazia liberali e hanno assunto un nuovo carattere che più che liberale è diventato liberal. Su determinati temi hanno quindi cambiato l’impostazione alla base del concetto di democrazia liberale. Noi proponiamo un altro modello di democrazia perché la democrazia liberale nel corso degli anni si è tradita ed ha cambiato la propria base di riferimento.

A parer mio per capire il senso di queste definizioni bisogna tornare al tema della differenza tra paesi dell’Europa occidentale e orientale. Bisogna inoltre tenere a mente anche quella che è la storia della politica estera ungherese. Per un conservatore italiano temi come l’apertura alla Cina o alla Turchia sono difficilmente accettabili. Sono posizioni differenti rispetto a quelle che può avere un conservatore ungherese. Pensiamo solo al tema storico dei rapporti con la Turchia e al turanesimo.

L’Ungheria ha sempre avuto una proiezione a est. È sempre stato un paese di collegamento tra occidente e oriente. Un po’ perché Orbán è consapevole che se ha relazioni con nazioni extra UE può avere un vantaggio o un peso maggiore all’interno della stessa UE. Questo è determinato anche dalla politica estera diversa che Orbán vuole realizzare. Orbán è molto pragmatico, anche dal punto di vista economico. Guarda quale paese possa aiutarlo per la crescita dell’Ungheria e si rivolge a loro. Se vogliamo questo è un approccio tipico del cristianesimo calvinista. Questa senza dubbio è una differenza che esiste con il conservatorismo dell’Europa occidentale. Orbán quindi inserisce il concetto della democrazia liberale-illiberale all’interno di questo ambito.

Come hai detto l’Ungheria è un cerniera tra est e ovest. Possiamo quasi raffigurarla a un pendolo, in alcuni momenti storici è più rivolta a est, in altri all’ ovest. Questo cambio di prospettiva oggi ha anche un simbolo concreto a Budapest. Qui per volere del governo è stata chiusa l’Università americana di Soros, la CEU, mentre nel prossimo futuro aprirà la più grande Università cinese all’estero. Un’Università di un paese “marxista”, dove anche la cultura è controllata dal partito comunista. Un conservatore europeo come può accettare che un “mito della destra europea” accetti così facilmente investimenti da un paese comunista? La Cina è una potenza mondiale e non si può non mantenere rapporti con lei, però qui si raggiunge un altro livello di parla di cultura e di un rapporto per certi versi molto più profondo della sola questione economica-diplomatica.

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Foto: mcc.hu