Continua l’intervista a Francesco Giubilei. Per leggere la prima parte clicca qui.

L’Ungheria e la Cina

Come hai detto l’Ungheria è un cerniera tra est e ovest. Possiamo quasi raffigurarla a un pendolo, in alcuni momenti storici è più rivolta a est, in altri all’ ovest. Questo cambio di prospettiva oggi ha anche un simbolo concreto a Budapest. Qui per volere del governo è stata chiusa l’Università americana di Soros, la CEU, mentre nel prossimo futuro aprirà la più grande Università cinese all’estero. Un’Università di un paese “marxista”, dove anche la cultura è controllata dal partito comunista. Un conservatore europeo come può accettare che un “mito della destra europea” accetti così facilmente investimenti da un paese comunista? La Cina è una potenza mondiale e non si può non mantenere rapporti con lei, però qui si raggiunge un altro livello di parla di cultura e di un rapporto per certi versi molto più profondo della sola questione economica-diplomatica.

Questa è una differenza in ambito politico che è evidente anche all’interno dell’attuale discussione tra i gruppi politici di destra in Europa [per maggiori info leggi qui]. Ovvero se Fidesz deve entrare nell’ECR con Giorgia Meloni oppure nel nuovo gruppo con Salvini. Perché i leader del centro-destra italiano, Meloni e Salvini, sono abbastanza anticinesi, nel senso che vedono la questione in modo diverso da come la vedono a Budapest. Ovvero percepiscono la Cina come un problema per l’Europa. Ma lo stesso vale per altre nazioni dell’Europa occidentale.

Leggermente diverso è invece l’approccio tedesco. Da questo questo punto di vista Orbán ha un approccio economico che può essere avvicinato anche un po’ alla Germania. È un approccio pragmatico. Orbán dice la Cina è la seconda economia del mondo. È in crescita, investe in Ungheria, porta risorse, può avere un ruolo positivo. Dall’altro lato c’è un discorso a cui bisogna prestare attenzione quando si parla della Cina. Per un conservatore italiano, occidentale, la Cina rappresenta una tradizione diversa dalla storia europea e dalla storia italiana o occidentale. Quindi l’approccio di Orbán è più legato a motivi economici che culturali.

Il recovery fund, Berlino e l’UE

Grandi investimenti futuri saranno sicuramente quelli del Recovery fund. Grande è stato il dibattito in UE negli ultimi mesi. E’ stato difficile trovare un compromesso. Ungheria e Polonia avevano alzato la posta in gioco mettendo un veto poi ritirato (qui info). Qual è la situazione nella UE oggi. Quali saranno prossimi passi di Bruxelles? L’Ungheria non ha fatto passi indietro sulla situazione riguardante lo stato di diritto. Ci potrebbero essere direttive punitive?

Dipende tanto dalle elezioni politiche in Germania. La CDU ha un approccio molto pragmatico. Polonia e Ungheria sono partner economici. Il pensiero di Berlino è chiaro “fanno cose che non ci vanno bene ma chiudiamo un occhio”. E’ un ottica di realpolitik. Tutto potrebbe cambiare se però vincessero i verdi. Potrebbe essere un grosso problema per la Polonia e l’Uungheria perché i verdi tedeschi hanno un approccio molto ideologico e quindi determinate cose non le accettano.

Dipenderà molto dal risultato delle elezioni tedesche. Poi da parte dei media occidentali spesso determinate questioni non si capiscono o vengono travisate. Mi viene in mente il tema dell’Ucraina. Si è detto che Orbán ha avuto una posizione non favorevole all’Ucraina e quindi filo-russa. In realtà bisogna anche conoscere il tema della minoranze, e in questo caso della minoranza ungheria in Ucraina. Gli ungheresi in Ucraina non possono neanche studiare nella lingua madre a scuola. Bisogna conoscere anche queste situazioni. Per questo molto spesso la realtà è molto più complessa di come può apparire per un lettore occidentale.

La politica della UE si decide quindi a Berlino. Oggi dopo 30 anni di UE, anni dove si parlava di Unione, comunità, condivisione e spirito europeo siamo arrivati al punto in cui le decisioni le prende Berlino, quelle politiche e economiche. Bruxelles conta sì, ma è la Germania che da gli ordini?

Aron ti ricordi che prima del 2008 gli italiani erano uno dei popoli più europeisti in assoluto. Avevamo un popolo a favore del concetto di Europa e io ancora oggi sono europeista. Il problema qual è? E’ che l’Unione Europea è un concetto un po’ differente. L’UE ha dimostrato debolezza in tutte le scadenze fondamentali. Non è stata in grado di fornire le risposte giuste.

Nel 2008 in Grecia con il tema dell’austerity è stato messo in ginocchio un popolo. Anche noi italiani e spagnoli abbiamo avuto anni difficili. Nel 2015 con la crisi dei migranti l’UE ha avuto un approccio sbagliato, ed ora cerca di tornare indietro. Sul tema del covid inizialmente, ti ricordi quando in italia a marzo avevamo centinai adi morti al giorno, e la von der Leyen fece un discorso in cui il sunto era “arrangiatevi”, salvo poi cambiare posizione. Sul tema dei vaccini, e questa è una cosa interessante. L’Ungheria ha vaccinato quasi tutti, anche i giovani. Da noi in Italia siamo ancora in ritardo.

Qual è il problema? E’ che uno può anche dire in linea teorica sono a favore del concetto di UE però se ogni volta che sei chiamato a delle scelte epocali sbagli la direzione c’è un problema. Adesso è chiaro che il Recovery fund può rappresentare una opportunità. C’è il tema della Conferenza per l’Europa, che sarà molto importante per capire in che direzione andrà l’Europa. Questo dibattito è importante però a volte servirebbe un approccio meno ideologico da parte della UE. Questo è il grande errore.

L’Europa del futuro

E tu che Europa vorresti? Da qua a dieci anni che Europa vorresti che si creasse? Quali devono essere i temi preponderanti nell’Europa che vuoi tu?

Io vorrei un’Europa della nazioni. Confederata. Una UE che mantenga le specificità delle singole nazioni. Che dica che è chiaro che un ungherese o un polacco hanno alcune cose in comune ma hanno anche alcune differenze. E queste differenze sono anche aspetti positivi. Non dobbiamo cancellare queste differenze in nome di una omologazione, ma dobbiamo tenerle in considerazione. Vorrei che ci fosse una grande alleanza ma meno centralizzata. Che ci fosse una cooperazione sui temi culturali, economici che abbia maggior peso.

Un esempio. Mi capita spesso di andare nei Balcani, in Albania. Spesso parlo con i politici locali. Un giorno uno di questi mi diceva: “noi albanesi siamo fuori dalla UE, e riusciamo a capire il problema della UE. Perché quando abbiamo un problema con la UE, non andiamo a bussare alla porta dell’ufficio della Commissione a Tirana ma andiamo all’Ambasciata tedesca”. Questo è unon dei problemi. Poi vi è una politica estera di cui non si capisce la linea e che manca di credibilità. Poi vi sono i temi di politica interna.

Parliamo sempre di solidarietà europea però quando c’è il covid la prima cosa che hanno fatto l’Austria e la Slovenia è stata chiudere in modo unilaterale i confini con l’Italia. Lo puoi fare, ma non stiamo parlando di solidarietà. Fino a che il covid era il problema di una singola nazione gli altri se ne disinteressavano. C’è qualcosa che non funziona. Un italiano nato nel 2000, rischia oggi di non sentirsi più di tanto italiano perché si è perso il tema della nazione della patria, ma rischia anche di non sentirsi europeo perché non si è costruita una comune identità europea. Il problema è culturale. Costruire un collante tra i popoli è questo che manca.

La libertà di stampa in Ungheria è un problema. Un problema chiaro ed evidente, sarebbe sciocco nasconderlo. Oggi l’Ungheria è 92-esima per libertà di stampa. Nei primi anni duemila era settima. Giornali, radio, tv, siti web sono in maggioranza sotto influenza o pressione, diretta o indiretta, del governo e spesso lanciano messaggi propagandistici molto forti. Secondo te l’UE dovrebbe intervenire su un tema del genere? Nella tua Europa quanto è importante la libertà di stampa?

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Foto: the map report