Ikea, Nike, H&M, bp. Sono solo alcune delle grandi multinazionali che hanno deciso di tagliare qualunque legame con la Russia, dopo l’invasione in Ucraina. E la domanda sorge spontanea: cosa ne sarà di quei progetti (di origine russa) fondamentali per l’economia di certi Paesi?

Una nuova data per Paks II

La centrale nucleare di Paks in Ungheria rientra fra questi progetti. E il ministro degli esteri Péter Szijjártó ha ricordato, prima di incontrare il direttore generale della compagnia nucleare russa Rosatom, Alexey Likhachev, che la centrale di Paks è fondamentale per garantire la sicurezza energetica dell’Ungheria, specialmente visti gli alti prezzi del gas e del petrolio.

Secondo Szijjártó, è tutto pronto affinché le domande per le licenze dei nuovi reattori possano essere inviate all’autorità nucleare ungherese, il cui permesso è indispensabile per procedere con la seconda fase a settembre.

Il governo ungherese ha dichiarato che entro ottobre del 2023 vorrebbe vedere qualche progresso da un punto di vista della costruzione così che i nuovi reattori possano essere completamente operativi entro il 2030.

“Prima possiamo costruire i nuovi reattori a Paks, prima potremmo allontanarci dagli sconvolgimenti del mercato energetico globale e più stabile sarà la nostra industria,” ha dichiarato Szijjártó. 

L’ultimo reattore russo in Europa?

Al momento, i quattro reattori nuclear di Paks, costruiti fra il 1982 e il 1987 forniscono circa la metà del fabbisogno energetico dell’Ungheria, motivo per cui nel 2014 il governo aveva firmato un accordo con la Russia per la costruzione di due nuovi reattori. Dopo uno stallo che dura dal 2018, Szijjártó ha annunciato che adesso tutti i problemi sembrano essere risolti e l’autorità nucleare dovrebbe essere in grado di rilasciare tutti i permessi tranquillamente.

Adesso in pratica, Paks è l’ultimo progetto in Europa che userà tecnologia russa dopo che il consorzio finlandese Fennovoima ha cancellato il contratto con Rosatom per la costruzione di un terzo reattore nucleare, proprio in risposta alla guerra in Ucraina.



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Foto: Facebook/Péter Szijjártó