La generosità, che fa notizia solo quando è tedesca, è stata dimostrata sul confine slovacco-ungherese e alla stazione Keleti di Budapest, da moltissimi volontari, che distribuirono acqua, viveri, cure, vestiti e coperte, da una parte slovacchi e dall’altra ungheresi, accompagnati da cartelli come: This is the people, not its government!

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Crisi dei migranti in Ungheria, estate 2015

L’Ungheria e i profughi nella seconda guerra mondiale

Le parole sui cartelli alla stazione Keleti di Budapest, rivendicano dal mondo il rispetto che si deve a un popolo (non al suo governo), amato da Indro Montanelli, come quello magiaro, il quale, durante la seconda guerra mondiale, di rifugiati ne accettò eccome. Non solo ospitò l’ultimo liceo polacco esistente in Europa (a Balatonboglár), dopo che i nazisti abolirono ogni istituzione culturale che non fosse tedesca, in Polonia (assistiti dai sovietici dall’altra parte della linea stabilita da Molotov e Ribbentrop, il 23 agosto 1939), ma prima ancora, pur con la Wehrmacht alle porte, il governo di Budapest ospitò poco meno di centomila polacchi, che fuggirono attraverso un corridoio transcarpatico, ottenuto in maniera poco diplomatica, con il tacito accordo di Churchill, dalla vicina Slovacchia (all’epoca presieduta da un governo fantoccio fascista di futuri esuli in Argentina, guidato da monsignor Tiso).

Addirittura, cosa poco conosciuta dagli altri europei, la popolazione ebraica ungherese raddoppiò durante la guerra (per essere poi falcidiata dalle croci frecciate e dalle SS, quando Hitler fece arrestare il governo legittimo di Budapest, nel marzo 1944 e poi invase il paese a ottobre, mettendo al potere Szalasi, l’epoca in cui entrò in attività Giorgio Perlasca).

Furono ospitati anche disertori e oppositori politici dalla Cecoslovacchia e dall’Austria, controllate dal Reich, inoltre l’aeroporto di Budapest fu a lungo usato per un passaggio sicuro di spie inglesi; benché Horthy, il reggente di un regno senza più re, l’ammiraglio senza flotta di Cecco Beppe, fosse stato abbagliato, alla fine del 1941, dall’idea di una infausta crociata contro l’Unione Sovietica, unico paese contro il quale mosse realmente guerra l’Ungheria, pagandone poi gli interessi e gli interessi sugli interessi per i successivi quarant’anni.

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Pal Teleki in una discussione parlamentare

Ungheresi: popolo di migranti

Non finisce qui. Un altro motivo che il governo ungherese attuale dovrebbe tenere a mente, è che gli ungheresi sono rifugiati e profughi in Europa dai tempi di Attila e dovrebbero anzi fare da coscienza critica, come fanno infatti i volontari, ben più solerti della burocrazia europea. Dovrebbe tenere conto non solo del fatto che gli ungheresi abbiano vissuto sulla pelle la condizione di profughi e perseguitati alla fine della Grande Guerra (quando l’Ungheria fu ridotta a un terzo del suo territorio storico) e nel 1956, non solo che la prima costituzione pluralista e tollerante, in senso moderno europeo, nei confronti di tutte le minoranze, sia stata la Dieta di Torda, ungherese, del 1568, modello della Rivoluzione Americana, ma anche occorrerebbe richiamare alla memoria un personaggio poco noto nel resto d’Europa, un personaggio controverso e discusso, con luci e ombre.

Pál Teleki: la fratellanza turanica e i curdi

Egli è Pál Teleki (1879-1941), conte ungherese transilvano, stimato da Sándor Márai e da questi spesso citato nelle sue memorie, che come moltissimi magiari di Transilvania perse tutte le sue proprietà alla fine della prima guerra mondiale e visse in semi-miseria.

Cartografo, discendente di grandi esploratori, avventurieri e collezionisti di libri e mappe, fu tra i massimi propugnatori dell’idea, un po’ hippie, stravagante e ambiziosa, di una antica società turanica unitaria (uralo-altaica e ugro-finnica), che univa idealmente il piccolo popolo magiaro non solo ai finnici, agli estoni, ai sami, ma anche agli etruschi, ai baschi, ai turchi, ai bulgari, ai persiani, ai curdi, a svariati popoli del Caucaso e della Siberia, fino al Giappone e alle genti native nordamericane. In onore della “fratellanza turanica”, a Budapest, si seguiva trepidanti il destino del Giappone contro la Russia zarista, nella guerra russo-nipponica del 1905.

Teleki Pal temetese

Funerale di Pal Teleki, 1941

Oltre a ciò, Teleki fu un serio geografo, stimato nelle accademie di tutto il mondo. Nel 1924 fu chiamato dalla Società delle Nazioni a stabilire il destino di Mosul e dell’area circostante. In tale veste fu il primo a difendere l’identità curda, affidando Mosul al protettorato britannico, anziché alle grinfie turche, con l’invito a Londra, disatteso, di preservare e tutelare l’identità curda della zona. Tant’è vero che ancora oggi Teleki è un quasi eroe nazionale curdo, commemorato anche sui siti internet ufficiali, inneggianti all’indipendenza del Kurdistan, l’unico stato, che pur essendo ancora nel mondo dei sogni, abbia dichiarato guerra senza quartiere all’Isis.

Teleki, che si sparò all’alba del 3 aprile 1941, mentre le armate del Terzo Reich stavano penetrando in Ungheria, compì l’atto estremo come facevano gli antichi capi centro-asiatici, per liberare il proprio popolo dal male, diventando l’emblema, forse, di un ideale tanto forte. Ma quando nel 2004 un comitato vocato alla sua memoria volle installare una sua statua a Budapest alla fine il governo ungherese preferì non metterla.

Teleki pur avendo sempre osteggiato i nazionalismi, gli estremismi e poi il nazismo, si era macchiato della colpa, nel 1920, di aver proposto un numerus clausus per l’accesso alle università in proporzione all’appartenenza etno-religiosa, cosa poi mai applicata e cosa da poco in fondo se si paragona a quel che avvenne delle minoranze di ungheresi ed ebrei in Romania, in Croazia, in Ucraina e in Slovacchia, cioè quelle terre che erano state magiare. Ben più gravi furono le responsabilità di Horthy, personaggio verso il quale Teleki fu spesso insofferente,  nel consentire le deportazioni e la schiavizzazione degli ebrei e degli zingari ungheresi.

Articolo di Francesco M. Bonicelli Verrina  



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