Articolo di Filippo Marchini

 

Il Terrorelhárítási Központ, TEK, reparto speciale antiterrorismo della polizia ungherese, ha diramato lo scorso fine settimana un comunicato relativo all’arresto di F.Hassan, un siriano di 27 anni sospettato di appartenere all’organizzazione terrorista Daesh, ossia ai gruppi dello Stato Islamico comunemente indicati come ISIS o ISIL usando l’acronimo inglese, condotto a Budapest a disposizione delle autorità inquirenti della capitale.

Si è trattato di un arresto formale, anche se non di una vera e propria cattura, in quanto il sospetto era già sotto custodia presso Nyírbátor, dopo essere stato già arrestato lo scorso 30 dicembre all’aeroporto di Budapest e condannato, con sospensione della pena, per fabbricazione di documenti falsi e immigrazione clandestina assieme ad una donna che viaggiava con lui e sulla quale non sono state diramate notizie.

Quando è stato prelevato dagli agenti del TEK Hassan era in attesa di essere espulso dal Paese, ma il soggetto era sotto osservazione. Secondo quanto riportato Hassan si comportava e si vestiva con i modi dei combattenti Jihadisti, inoltre lo scambio di informazioni in tempo reale tra TEK ed Europol, con il coordinamento di Eurojust, ha permesso di identificare l’uomo come potenziale terrorista. Proprio secondo quanto indicato nel comunicato di Eurojust le evidenze del coinvolgimento di Hassan sarebbero arrivate dal Belgio, la cui intelligence sarebbe entrata in possesso di foto, video e materiale propagandistico che proverebbero la sua partecipazione ad episodi di atroce efferatezza. In particolare si fa riferimento all’esecuzione di almeno 20 persone di una famiglia di Homs che rifiutava di aderire al Califfato.

Arresto di Hassan

Adesso F. Hassan è accusato di omicidio plurimo come parte di atto terroristico e di preparazione di atti terroristici, ma non emergono altri dettagli sullo scopo dei viaggi in Europa, si sa peraltro che l’uomo ha visitato numerose capitali europee e che stava cercando di raggiungere i paesi del nord del continente.

La televisione di stato ungherese ha dato molta evidenza all’arresto ed al fatto che F.Hassan, entrato nel 2016 in Grecia, dove ha ottenuto lo status di rifugiato, fosse in possesso di una carta di credito, fornita dalla UE in collaborazione con l’UNHCR. Su questa sarebbero state accreditate somme in base all’importo mensile che viene assicurato con il sistema delle „cash Card” e „food card” ai rifugiati in Turchia e Grecia. Il difensore di Hassan, avvocato László Kelen, ha dichiarato al canale  MT1  che tale carta era utilizzabile solo in Grecia, paese dove peraltro il suo assistito stava per essere re-inviato. Ciò corrisponde alla disciplina di utilizzo di dette carte disposta dalle autorità Greche. Le cifre in ogni modo potevano variare dai 90 ai 330 o dai 150 ai 550 euro mensili, a seconda della struttura ospitante, della disponibilità di vitto e del numero di componenti del nucleo familiare, cumulabili e comunque prelevabili in contanti prima di lasciare il territorio greco.

Secondo Kelen inoltre Hassan non ha un livello di istruzione compatibile con un ruolo di vertice nell’organizzazione terrorista, ma lo stesso avrebbe dichiarato a sua difesa di essere stato reclutato dai servizi segreti Greci per fornire informazioni sulla rete Jihadista in Europa, il che presumerebbe invece un certo livello di istruzione, addestramento e consapevolezza. A questo si aggiunge che le autorità Greche avrebbero omesso di fornire importanti informazioni ai colleghi europei attraverso quella rete di condivisione che ha permesso invece l arresto. Nel clima di campagna elettorale per le elezioni europee si notano ovviamente tendenze contrapposte nel commentare la notizia. I media ungheresi vicini al governo sottolineano l’efficacia dei controlli sull’immigrazione che hanno permesso di fermare F.Hassan, ed il ruolo delle autorità ungheresi (il comunicato del TEK comunque non nasconde la collaborazione interforze). Alcuni organi di stampa vicini all’opposizione sottolineano come il flusso di informazioni sia venuto da altri paesi come il Belgio, riprendendo accuse al sistema investigativo ungherese già formulate a partire dal caso di Salah Abdel Salam, responsabile degli attacchi del 13 novembre 2015 a Parigi, e che fu libero di muoversi ed agire in Europa per un lungo periodo, transitando anche dall’Ungheria e dall’Austria. L’arresto in questione conferma comunque l’importanza del controllo della rotta balcanica e la posizione strategica che l’Ungheria riveste in questo senso, proprio ora che Daesh, sconfitto sul campo in Siria, potrebbe tentare una rivincita attraverso centinaia di reduci pronti ad attaccare nuovamente il cuore dell Europa.

 

© Riproduzione riservata

Foto: 444, TEK