Röszke, Ungheria meridionale, 2020. Armin è un bambino di undici anni, è iraniano. Insieme a suo padre sono dovuti scappare dal proprio paese. Hanno attraversato il confine ed hanno fatto richiesta di asilo nel dicembre 2018. Da allora sono passati 18 mesi, Armin ha festeggiato due compleanni nella “zona di transito” e insieme a suo padre sono sempre in attesa di una risposta dal governo ungherese.

Nel 2015 il governo ungherese ha creato le cosiddette “zone di transito”, istituite alla frontiera tra Serbia ed Ungheria, all’interno delle quali i richiedenti asilo sono obbligati a rimanere fino a quando le autorità ungheresi non decidono sulla loro richiesta d’asilo. Uscire dalla zona di transito, provare a tornare in Serbia non è una soluzione contemplata, significherebbe rinunciare alla richiesta d’asilo nell’UE, ma non solo, la Serbia infatti non consente il ritorno alle persone già passate in territorio ungherese.

Le zone di transito, dotate di filo spinato, sono senza ombra di dubbio uno spazio inadeguato per un essere umano, figuriamoci per dei bambini. Mancano attività ricreative, la possibilità di camminare liberamente, festeggiare il proprio compleanno. Ma anche queste perdono importanta quando manca anche il cibo. Nelle “zone di transito” in Ungheria manca anche quello, e non è un caso. Diverse sono state le denunce che testimoniano di come le autorità ungheresi abbiano affamato di proposito le persone lasciandole senza cibo per più giorni. E’ dovuta intervenire la Corte europea dei diritti umani in diversi casi, nel 2018 e 2019, per obbligare l’Ungheria a fornire cibo alle persone che attendono nelle “zone di transito”.

Mentre aspettano una risposta circa le loro richieste d’asilo, i genitori fanno quello che possono per distrarre e cercare di alleviare l’apatia dei propri figli. Questo è il caso di Abouzar e di suo figlio Armin, cittadini iraniani e richiedenti asilo dal dicembre 2018. L’anno scorso suo padre Abouzar ha girato un cortometraggio di 3 minuti con il proprio cellulare per distrarre Armin e coinvolgerlo in qualcosa di nuovo. Il cortometraggio, intitolato Fish, è stato presentato in vari festival internazionali, compreso il festival Verzio a Budapest. “Il cortometraggio è stato fatto per mantenere vivi i sogni di mio figlio”, ha ricordato Abouzar, che non ha potuto assistere alla première del suo film.

Qui il cortometraggio girato nella “zona di transito”:

Fortunatamente, dal 14 maggio le zone di transito sono finalmente illegali, come dichiarato dalla Corte di Giustizia dell’UE. La detenzione arbitraria di persone come Armin ed Abouzar è avvenuta subito dopo la loro richiesta d’asilo, cioè senza che nessuna autorità abbia analizzato il loro caso in maniera individuale. Ora è il turno dell’Ungheria di mettere fine alle pratiche inumane del suo sistema d’asilo. Le persone detenute illegalmente dovrebbero essere liberate.

Quest’anno Armin ha festeggiato ancora un altro compleanno nella zona di transito. Questa volta, però, il Comitato Helsinki gli ha dedicato un video per augurarli buon compleanno, con la speranza che il prossimo lo possa festeggiare a casa, non più circondato dai fili spinati. Sicuramente, quello che è avvenuto il 14 maggio in Lussemburgo è un raggio di sole per Armin, Abouzar e tutte le persone ancora detenute. Speriamo la loro attesa finisca presto.



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Foto: BBC

Video: BBC, Comitato Helsinki Ungherese