Articolo di Patrizia Danzè

 

La cucina, il cucinare ci ha permesso di convertirci in una specie migrante, e nello scambio ininterrotto, tra Vecchio e Nuovo Mondo, tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud, di popoli, culture, usi, idee, religioni, modi di vivere, merci e cibi, c’è una pianta che in tutto il pianeta ha disegnato una nuova geografia alimentare. Ma che nel Meridione d’Italia, come in Ungheria -per rimanere in Europa-, interpreta l’alimentazione come espressione di una civiltà fondata sul senso della sacralità del cibo. Il peperoncino/paprika, un alimento democratico, inclusivo e interclassista, sovrano e moltiplicatore di esperienze, unità minima di una globalizzazione del gusto, ne è la prova.

All’inizio, prima che Colombo scoprisse l’America, in Europa esisteva solo il piper, il pepe nero e bianco giunto nel Mediterraneo agli albori della civiltà antica e impiegato prima nella cucina greca e romana, poi nella cucina e soprattutto nella farmacopea medioevale, tanto che la “follia del pepe e delle spezie” alimentò le attività commerciali con l’Oriente. E, infatti, fu proprio per cercare una rotta diversa per le Indie che Colombo scoprì nell’eden del Nuovo Mondo il peperoncino, l’axí, come veniva chiamato dall’ammiraglio nella sua relazione di viaggio, una pianta meravigliosa delle solanacee dall’origine antichissima (gli scavi archeologici la segnalano coltivata in Messico nel periodo tra il 7000 e il 5000 a.C.) i cui frutti, dolci e piccanti, con le loro varietà di forme e di colori, quando giungono nel Vecchio Mondo, attraverso i numerosi scambi tra paesi lontani, ridefiniscono una geografia variegata del peperoncino. In Italia, come si racconta, la pianta arriva attraverso gli Spagnoli, in Ungheria attraverso i Turchi che a loro volta la accolgono dall’India.

Paprika ungherese in polvere e peperoncino calabrese a scaglie

Ma è soprattutto la Calabria, nel Sud Italia, che nei riguardi del peperoncino ha un sentimento simile a quello dell’Ungheria, un “pensiero” che si spalma su un certo modo di vivere: dagli usi in cucina, capaci di declinare in mille modi, insieme alle erbe aromatiche, le pietanze, dalla più semplice e popolare alla più raffinata e aristocratica, al commercio con bancarelle e negozietti pieni dell’oro rosso in tutte le fantasie (comprese quelle degli oggetti d’artigianato),  dalle tradizioni ai riti che resistono ancora in un mondo invaso da masterchef, dietologi ed esperti e minacciato dal non-cibo di non-luoghi. Tra sfumature di rossi (e di gialli e verdi, come le bandiere italiana e ungherese), il re, ‘u pipi russu, in Calabria, la regina, la paprika in Ungheria, freschi o essiccati, in polvere o in scaglie, esibiscono un lusso cromatico che contamina piaceri alimentari e capacità salutari. Simili in Italia e in Ungheria le reste di peperoni secchi, da appendere per ornamento, augurio e protezione contro il malocchio, identico l’uso del peperoncino nelle pietanze. Nel terreno comune di contaminazioni, non solo di sapori e di aromi, ma soprattutto di culture, il peperoncino è un’esperienza estetica e sinestetica che quando è piccante ha acceso anche l’immaginario erotico.

Quelli proposti di seguito sono solo alcuni dei tanti piatti calabresi nei quali si adopera il peperoncino. Per non parlare dei salumi nella cui preparazione il peperoncino in polvere ha un ruolo assai importante, in Calabria come in Ungheria.

Melanzane in padella con origano e peperoncino

  • Melanzane in padella con origano e peperoncino

Ingredienti

  • 1 melanzana tagliata a bastoncini
  • olio quanto basta
  • sale q.b.
  • semola o farina 00 q.b.
  • origano a piacimento
  • peperoncino a scaglie a piacimento

Preparazione

Lavate sotto acqua corrente la melenzana, disponetela su un tagliere e, dopo aver eliminato le estremità, tagliate dapprima a fette di 1 cm circa, poi ogni fetta a bastoncini. Intanto in una pentola portate ad ebollizione l’acqua nella quale getterete i bastoncini, facendoli cuocere per circa 7/8 minuti, senza girarli. Non esagerate nella cottura perché i bastoncini devono rimanere integri (se si ammorbidiscono troppo non si potrà procedere al passaggio successivo). Scolateli e lasciate raffreddare.

Le altre operazioni, poco prima di servire, devono essere veloci e in rapida successione. Preparate in un piatto la farina di semola dove passerete i bastoncini. Intanto mettete sul fuoco vivace una padella antiaderente con l’olio; appena l’olio diventa caldo disponetevi i bastoncini infarinati ognuno fittamente vicino all’altro, in modo da coprire senza spazi tutta la base della padella. Salate e coprite col coperchio. Rimanete accanto ai fornelli controllando che nella parte inferiore la “frittata” sia ben cotta (il colore deve essere dorato), quindi giratela in un piatto proprio come si fa con la frittata e fate cuocere la parte inferiore. Appena cotta fate scivolare la “frittata” sul piatto da portata sbriciolandovi sopra origano e scaglie di paprika secca dolce (o, se si preferisce, piccante).

Come si mangia

La pietanza, dalla consistenza croccante, va servita caldissima, preferibilmente come antipasto ma anche come secondo piatto vegetariano.

Torta rustica con salsiccia al peperoncino

  • Torta rustica con salsiccia al peperoncino

Ingredienti

  • 2 uova
  • 1 bicchiere di olio
  • 1 bicchiere di latte
  • 100 grammi circa di farina 00
  • 1 cubetto di lievito di birra fresco oppure 1 bustina di lievito secco disidratato
  • sale
  • un pizzico di zucchero
  • salsiccia secca con il peperoncino (di maiale ma anche di oca)

 Preparazione

In una terrina rompete e sbattete le uova, quindi aggiungete a poco a poco l’olio e la farina, sempre mescolando. Intanto sciogliete il lievito con un pizzico di zucchero nel bicchiere di latte a temperatura ambiente o appena tiepido e aspettate 6 o 7 minuti prima di versarlo nel composto. Continuate ad amalgamare col cucchiaio e aggiungete ancora la farina fino a ottenere una pasta con la consistenza del composto di una torta (se è troppo liquida aggiungete ancora un po’ di farina). Intanto, dopo aver eliminato il budello, riducete a dadini la salsiccia secca e aggiungetela al composto. Il sale va aggiunto alla fine. Versate il composto in una teglia che avrete spalmato di olio, coprite con un panno o un telo da cucina e mettete a lievitare al chiuso per 1 ora e mezza circa, quindi infornate a 160/180 gradi per 20/25 minuti. Non aprite mai il forno ma solo quando vedrete la torta dorata e gonfia controllate la cottura infilando uno stuzzicadenti o uno spiedino (che dovrà venir via asciutto). Se necessario fate cuocere per qualche altro minuto.  Sfornate e fate raffreddare bene, quindi tagliate a quadrotti.

 Come si mangia

Questa torta rustica in Calabria si usa di solito nei pranzi del lunedì di Pasqua. Ma si può servire in ogni occasione come aperitivo.

Lagane e ceci con peperoncino

  • Lagane e ceci con peperoncino

Ingredienti

  • ceci
  • pasta del formato lagane (o, in mancanza, tagliatelle spezzate)
  • olio
  • peperoncino dolce in polvere (o, se si vuole, appena piccante)
  • sale
  • 1 foglia di alloro

Preparazione

Fate cuocere i ceci nella quantità desiderata (per 4 persone, 200/250 grammi) con l’alloro, dopo averli fatti ammollare la sera precedente (se si vuole si possono usare anche ceci precotti). Non appena saranno cotti, passatene una parte (2 o 3 cucchiai) nel passaverdure a mano (ma non nel frullatore). Intanto gettate nell’acqua bollente il sale e quindi le lagane, un tipo di pasta calabrese che assomiglia a delle tagliatelle spezzate. Dopo aver scolato la pasta unitela ai ceci, sia quelli interi sia quelli passati. Intanto in un padellino mettete l’olio e non appena è piuttosto caldo gettatevi per qualche secondo il peperoncino in polvere, sempre girando e badando a non farlo bruciare. Quindi versate nella pasta con ceci amalgamando bene.

Come si mangia

È un primo piatto che può essere anche un piatto unico. Per quel che riguarda il peperoncino, se si desidera, si può aggiungere un pizzico di piccante a quello dolce.

Buon appetito! Jó étvágyat!

 

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Foto copertina: L’Aroma

Foto articolo: Patrizia Danzè