Lo scorso 6 ottobre il Commissario Europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato, l’ungherese Oliver Várhelyi (Szomszédság és Bővítéspolitikáért Felelős Biztosa) ha presentato al Parlamento Europeo (per la precisione all’AFET, Comitato per la Politica Estera del PE) una dettagliata Relazione riferita al tanto atteso pacchetto sull’Allargamento dell’Unione Europea unitamente al relativo piano economico contenente gli investimenti necessari per realizzarlo in favore di un certo numero di paesi richiedenti l’adesione. La Relazione va sostanzialmente letta e considerata come un vero e proprio resoconto del primo anno di attività del nuovo Commissario ungherese insediatosi nella carica all’inizio di dicembre 2019.

Si è subito appreso che in questi primi dodici mesi la priorità è caduta sui paesi ricompresi nell’area geo-politica dei Balcani Occidentali nei confronti dei quali l’UE è impegnata ad accelerare l’allargamento ed il recupero economico dell’intera regione attraverso un piano da 9 miliardi di Euro articolato in dieci iniziative principali all’interno di cinque aree chiave che dovrebbe stimolare la ripresa economica a lungo termine, rafforzare la cooperazione regionale e accelerare la convergenza con l’Unione europea.

Sistemi di trasporto sostenibile, energia pulita, transizione verde, economia digitale e livello di istruzione sono le 5 aree privilegiate d’intervento basato su un approccio regionale che vada di pari passo con l’attuazione delle riforme senza le quali è impossibile creare il giusto contesto per l’approvazione dell’adesione.

Tra i Paesi Candidati annoveriamo la Macedonia del Nord, l’Albania, il Montenegro, (con negoziati di adesione avviati nel 2012) e la Serbia mentre Bosnia-Erzegovina e Kosovo non possono definirsi candidati non avendo ancora presentato una richiesta ufficiale di candidatura.

Olivér Várhelyi, a sinistra, con il Presidente serbo Aleksandar Vučić, in una visita ufficiale a Belgrado

Per la Turchia invece il discorso è molto più complesso. La Relazione rimarca come la Turchia, (la cui richiesta di adesione all’UE va retrodatata al 1987 ma sostanzialmente in fase di stallo dal 2016) si sia di recente ulteriormente allontanata dai principi di democrazia, dallo Stato di diritto e dai diritti fondamentali dei cittadini con gravi battute d’arresto nell’indipendenza della magistratura, attuando fra l’altro, una politica estera (Neo-Ottomana nelle dichiarazioni di Ankara), che si scontra sempre più con le priorità di politica estera e di sicurezza dell’UE.

Aldilà e ben oltre gli ulteriori dettagli tecnici della Relazione, quello che qui preme sottolineare è la qualità complessiva del lavoro svolto dal Commissario ungherese in seno al proprio ruolo esecutivo comunitario considerando l’importanza dell’incarico assegnato.

A capo di un dicastero importante, forse il più importante tra quelli finora assegnati all’Ungheria sin dal suo ingresso nell’Unione, il ruolo e la carica assegnati rappresentano sicuramente una sfida per un Paese che negli ultimi 150 anni, in diverse situazioni e circostanze storiche è stato ripetutamente additato ed aspramente criticato per sfavorire ed osteggiare politiche di buon vicinato con gli stati confinanti.  E nel contempo rappresenta anche un palese tentativo di responsabilizzazione da parte dell’Europa nei confronti dell’Ungheria cui ha fatto seguito una sua presa d’atto alla quale deve forse ancora succedere un’acquisita piena consapevolezza sull’importanza capitale del ruolo assegnato.

Essere a capo del dicastero europeo che gestisce le politiche di allargamento e di buon vicinato è un asset che dovrebbe essere valorizzato al massimo dal governo ungherese per eliminare una volta per tutte quegli aloni di vecchie ruggini sedimentatesi nei vari decenni che ancora sporcano la storia nazionale ungherese offrendo a volta spunti per interpretazioni odiosamente tendenziose.

É noto come la concezione sovranista di Orbán in relazione alle modalità da seguire per lo sviluppo della Casa Europea faccia perno sul concetto di un Europa delle Nazioni (Nemzetek Európája) contrapposto alla visione Eurocentrica di un’Integrazione che accentui ancor di più il carattere sovrannazionale dell’UE accettando tout court i dettami della Globalizzazione.

É un confronto aperto, intellettualmente stimolante, culturalmente avvincente e certamente appassionante. Attraverso un’attenta, responsabile ed innovativa politica di allargamento l’Ungheria potrebbe imprimere all’Europa uno sviluppo volto ad eliminare esistenti o futuri “assi bipolari” tesi ad una presunta leadership politica e sostituirli – uso le parole di un professionista italiano che da trent’anni abita e lavora a Bruxelles – con nuovi “baricentri di gravitazione politica” sparsi in diversi punti della carta geopolitica europea destinati a perseguire politiche percorribili e fattibili in relazione alle specifiche esigenze regionali.

 



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Foto: Ansamed, Anadolu