Tra i tanti elementi di contatto che emergono dall’esame incrociato delle culture proprie di Italia e Ungheria vi è anche quella del brigantaggio, vale a dire dei briganti e dei betyárok (briganti ungheresi) che hanno caratterizzato determinati periodi nelle rispettive storiografie nazionali.

I briganti: difensori della società contadina

Di per se il fenomeno del brigantaggio è complesso e intricato, differenziandosi con mille sfumature a seconda delle società e delle epoche in cui si è manifestato. Un elemento comune a tutti i fenomeni si può forse ravvisare nel fatto che col brigantaggio la civiltà contadina cercava di difendere la propria natura e la conservazione dell’ordinamento giuridico-sociale in cui viveva contro la civiltà urbana che la confrontava e che, senza comprenderla, eternamente cercava di assoggettarla. Così, istintivamente, i contadini vedevano nei briganti dei loro rappresentanti e spesso degli eroi in cui raffigurarsi ed immedesimarsi, dove realtà ed immaginario collettivo, spesso tramandato per tradizione orale, si confondevano trasformandosi in mito se non addirittura leggenda.

Il brigantaggio in Italia

Il brigantaggio per molti anni è stato negato da alcune storiografie ufficiali, sottratto alle date e alle memorie dirette degli eventi, ma è poi definitivamente emerso con tutta la sua forza storica e le sue problematiche continuando ad essere oggetto di studi. In Italia è d’acchito collegato al fenomeno del brigantaggio post-unitario del sud Italia che caratterizzò la questione meridionale sin dal suo inizio a partire dal 1861.

Carmine Crocco e Ninco Nanco sono i nomi di alcuni dei più famosi capi briganti dell’epoca attivi in Basilicata e sull’Aspromonte calabro-lucano, formatisi ed operanti in un preciso contesto geografico-politico-sociale. Di natura e sfondo politico fu pure il brigantaggio Sanfedista della Campania di metà settecento da cui emerse il famoso Frá Diavolo, altro leggendario brigante italiano oggetto di racconti e rappresentazioni cinematografiche.

Per trovare qualcosa di simile in Ungheria bisogna rifarsi all’epopea degli Hajduk sorta di combattenti irregolari che popolarono un po’ tutta l’area balcanico-danubiana dall’inizio del XVII alla metà del XIX secolo acquisendo una reputazione che spaziava dai banditi ai combattenti per la libertà a seconda del tempo, del luogo e dei loro nemici.
In Italia il fenomeno generale del brigantaggio fu presente in tutta la penisola, dal Sud al Nord passando per le regioni dell’Italia Centrale. Si annoverano così il veronese brigante Falasco, il famoso e decantato Passator Cortese in Romagna, la banda di Tiburzi e Fioravanti nel Lazio e in Toscana, gli abruzzesi Felice Marinucci, Giuseppe Tamburrini e molti altri che caratterizzarono le gesta brigantesche in quasi tutto il territorio della Penisola.

I briganti ungheresi: i betyár

Per contro i magyar betyárok furono attivi in due precise zone dell’Ungheria: l’Alföld, la Grande Pianura sud-orientale ungherese, soprattutto presso Csongrád, Csanád e Békes, principalmente con i leggendari Rozsa Sándor (nella foto di copertina) e Zöld Marci (ma anche Bogár Imre e Farkas Jancsi), mentre un altro famoso betyár, Angyal Bandi, fu attivo soprattutto nella zona dell’Hortobágy e Miskolc. La Selva baconia, (Bakony hegység) è la seconda delle maggiori aree d’azione brigantesca che vide le gesta dei i celeberrimi Savanyú Jóska e Sobri Joska.

In comune briganti italiani e magyar betyárok condividono diversi aspetti: dal leggendario fascino virile che conquistava graziose e indifese donzelle come nel caso del Passator Cortese e Sobri Jóska (il quale, pur essendo alto solo un metro e sessanta pare facesse letteralmente strage di cuori infranti), alle grotte segrete in cui nascondevano i loro bottini trasformati in preziosissimi tesori dalla tradizione orale popolare, per finire con l’impronta lasciata nelle rispettive cucine come i Cappellacci dei Briganti, le Tagliatelle alla Brigante, e la famosa Betyárleves.

Di peculiare per i betyárok c’è invece il loro retaggio fortemente calato a tutt’oggi nella tradizione ungherese, caratterizzato da danze, canti e ballate popolari oltreché dal tipico abbigliamento, diventato parte integrante del patrimonio folkloristico nazionale. Un esempio su tutti è dato dall’ensemble di danza nazionale ungherese denominato betyárvilág che con spettacoli ricchi di movimento e vigoria espressiva popolano i programmi culturali dell’intero territorio nazionale riproponendo nei loro costumi gli elementi tipici dell’abbigliamento brigantesco dell’epoca.

I percorsi dei briganti in Italia e Ungheria

Per finire vale la pena menzionare come oggi sia in Italia che in Ungheria esistano diverse proposte mirate a rilanciare itinerari turistici che ripercorrono i luoghi che videro le gesta di briganti e betyárok famosi. Il Cammino dei Briganti con i suoi 100 km di percorso tra paesi medievali e natura selvaggia tra Abruzzo e Lazio è uno di questi. In Ungheria merita d’essere ricordato il betyáros túra (tour dei briganti) a Bakony che partendo da Veszprém si sviluppa toccando Zirc–Bakonyszentlászló–Bakonyoszlop–Bakonynána in un paesaggio di alture e ondulamenti che vale sicuramente la pena di vedere.



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