La Commissione Europea ha avviato la procedura di infrazione per l’Ungheria e Polonia, a seguito delle loro politiche in contrasto con i valori dell’Unione Europea quali il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, come stabilito all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea.

Per garantire questi valori, l’articolo 7 prevede questa procedura volta a determinare l’esistenza, con l’eventuale sanzione, di violazioni gravi e persistenti dei valori dell’UE da parte dei due Stati Membri che hanno due mesi di tempo, a partire da ora, per rispondere dinanzi alla Commissione, in caso contrario la questione sarà deferita alla Corte di Giustizia Europea.

Le motivazioni alla base di questo atto, che sicuramente è molto incisivo nel panorama socio-politico dell’Unione sono chiare: la Polonia infatti si è recentemente distinta per aver creato delle zone LGBTQI free, mentre in Ungheria, l’emendamento proposto dal partito Fidesz parte della legge contro la pedofilia che, seguendo l’esempio russo, proibisce la diffusione nelle scuole di qualunque materiale riguardante il cambio di genere o l’omosessualità.

Non sono mancate le proteste da parte dei gruppi e associazioni LGBTQI in Ungheria, che sono molto attive e cercano di arginare gli effetti di questo emendamento che potrebbe fomentare discriminazioni ed aggressioni, sempre più numerose: il 24 e 25 giugno a Budapest si terrà il Pride e questa sarà un’edizione sicuramente dalle altre: nell’ultimo periodo ci sono stati alcuni casi che alla luce degli ultimi provvedimenti legislativi, riflettono lo “stato di emergenza” del Paese in merito ai diritti civili e sociali delle persone LGBTIQI.

Il 23 giugno in occasione degli Europei, alla Puskás Arena, grande stadio di Budapest, due ragazze tedesche, studentesse di medicina in all’università Semmelweis, sono state aggredite violentemente mentre presenziavano al match Francia-Portogallo solo per aver indossato delle bandiere arcobaleno.

Qualche giorno fa, in un appartamento di Józsefkörút, una famiglia con un bambino di due anni ha allertato le forze di polizia dopo che qualcuno aveva provato a forzare la porta di ingresso, attaccando stikers omofobi nelle sue prossimitá, a causa della bandiera LGBTQI affissa sul loro balcone.

Saranno due mesi intensi per i politici ungheresi: sebbene Gergely Gulyás, capo di gabinetto del premier ungherese Viktor Orbán sostenga che questa procedura sia pretestuosa, il tempo stringe e Bruxelles aspetta azioni concrete per iniziare un cammino teso alla tutela dei valori del’Unione.



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