Una settimana fa è terminata la conferenza sul clima delle Nazioni Unite, conosciuta come COP26. A rappresentare l’Ungheria, il presidente János Áder, un affezionato delle questioni ambientali e fondatore dell’associazione “Pianeta Blu”. E fra una settimana Budapest ospiterà l’Expo Sostenibile, dal 29 novembre al 5 dicembre, un evento prestigioso per l’intera regione del Centro-Est Europa, durante il quale saranno dibattuti temi come lo sviluppo sostenibile, gli ostacoli economici e sociali e le soluzioni per il raggiungimento di una neutralità climatica globale.

Gli aspetti positivi di COP26

Dopo oltre uno anno di attesa dovuto al COVID-19, le aspettative di COP26 erano altissime. Il documento finale firmato da tutti i partecipanti mantiene sempre come obiettivo un riscaldamento globale al di sotto di 1.5 °C. Eppure, realisticamente, stiamo andando verso un aumento della temperatura di 1.8 °C, secondo alcune stime o addirittura 2.4 °C, secondo altre.

Importante sottolineare gli impegni annunciati dalla Cina e dall’India, fra i Paesi che emettono più anidride carbonica al mondo. Áder ha infatti lodato la decisione indiana di raggiungere la neutralità climatica entro il 2070 e di produrre il 50% della propria elettricità con fonti rinnovabili entro il 2030. Eppure la stessa India ha messo dei paletti per quanto riguarda l’eliminazione totale del carbone, propendendo più per una riduzione graduale (riduzione che, per molti Paesi è già in atto da anni e che così vedrebbero vanificati i loro sforzi nel ridurre le emissioni globali del carbone).

La delusione per gli obiettivi mancati

In generale, il presidente Áder, insieme ai leader del gruppo Visegrád (Andrej Babiš, primo ministro della Repubblica Ceca, Mateusz Morawiecki, primo ministro polacco e Zuzana Caputova, presidente della Slovacchia) si è detto deluso dai risultati di COP26, non essendo stati raggiunti veri obiettivi concreti.

Importante e positiva la dichiarazione, firmata anche dai Paesi Visegrád sulla protezione delle foreste, riconoscendo il ruolo che alberi, biodiversità e uno sfruttamento sostenibile delle risorse agricole giocano nel raggiungimento degli obiettivi climatici.

Áder si è detto deluso dei risultati. Eppure l’Ungheria (così come nessuno degli Stati del gruppo V4) ha deciso di non partecipare all’impegno globale sulla riduzione delle emissioni di metano.

Il ruolo dell’Ungheria

Il ruolo dell’Ungheria e del Centro-Est Europa sarà cruciale nei mesi a venire. COP26 si è infatti conclusa con la richiesta di revisionare i piani nazionali sul clima entro un anno e, molto probabilmente di aumentare nuovamente le ambizioni di ogni Paese.

L’Ungheria nell’ultimo decennio è riuscita a far coincidere la riduzione di emissioni di anidride carbonica con la crescita economica. Nel 2020 il parlamento aveva approvato una legge che rendeva obbligatorio il raggiungimento di certi obiettivi climatici per tutto il Paese, facendo dell’Ungheria il primo Stato a inserire il cambiamento climatico all’interno di una legge. E, secondo uno studio dell’azienda di consulenza KPMG sulla proattività nella riduzione di emissioni, l’Ungheria si posizione tredicesima, prima di Stati Uniti, Singapore e Australia.

L’Ungheria dunque prevede di produrre zero emissioni entro il 2050. Come? Attraverso una chiusura totale della miniera di carbone Mátra entro il 2030 (la cui chiusura, ricordiamo, non è stata inserita in alcuna legge durante COP26 a causa delle pressioni indiane). Inoltre, l’Ungheria punta sul solare: a ottobre era stato lanciato un appalto per le aziende dal valore di 201 miliardi di fiorini, mentre a dicembre sarà annunciato il nuovo round per il settore residenziale.

Importantissimo per il presidente ungherese, il ruolo delle città che globalmente ospiteranno circa i tre quarti della popolazione mondiale entro il 2050, considerando che circa un milione di persone si trasferisce in città ogni settimana. 

Molte delle idee innovative sul ruolo delle città saranno presentate all’Expo Sostenibile di Budapest, città che insieme ad altre realtà ungheresi, fa parte di una iniziativa internazionale che prevede il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050: in pratica si tratta di oltre 260 città che insieme rappresentano metà del PIL globale.

Per l’Ungheria la neutralità climatica non si raggiungerà senza il nucleare

Il Paese è dunque sulla strada verso la neutralità climatica però, secondo Attila Steiner, Segretario di Stato per lo sviluppo dell’economia circolare, l’energia e la politica climatica presso il Ministero dell’innovazione e della tecnologia, come tutte le transizioni, anche quella verde deve avvenire in modo graduale senza impattare negativamente la popolazione e i posti di lavoro.

E l’Ungheria e i suoi Paesi vicini già stanno faticando a raggiungere l’attuale ambizione di una riduzione del 55% delle emissioni di CO2, aprendo dibattiti sull’utilizzo del gas naturale o del nucleare. Il gruppo Visegrád ha recentemente firmato una dichiarazione secondo cui gli obiettivi climatici non possono essere raggiunti senza il nucleare. Secondo János Süli, ministro senza portafoglio responsabile per l’ampliamento della centrale nucleare Paks ha detto che la combinazione di nucleare e rinnovabili risulterà vincente nel raggiungere gli obiettivi climatici. Anche l’utilizzo di gas naturale, nel breve e medio periodo è importante.

Spingere le ambizioni oltre, potrebbe non essere facile per dei Paesi con una situazione di partenza molto diversa da quella dell’Europa occidentale.



Per rimanere sempre informato sull’Ungheria: clicca qui!

 

© Riproduzione riservata

Foto: Karwai Tang/UK Government