Sir Patrick Leigh Fermor (Londra, 11 febbraio 1915 – Worcestershire, 10 giugno 2011) è stato uno scrittore e viaggiatore britannico, autore di racconti di viaggio. Fermor, che fu anche uno studioso di classici latini e greci, si distinse anche da soldato dietro le linee della Battaglia di Creta, durante la seconda guerra mondiale, comandante dell’operazione che portò alla cattura del generale tedesco Heinrich Kreipe.

Tempo di regali: Da Hoek Van Holland al Medio Danubio (A piedi fino a Costantinopoli)”  è il primo volume di un prezioso diario di viaggio mediante il quale ci si tuffa nel passato con entrambi i piedi. Fermor prima di essere uno scrittore è stato un grande viaggiatore e le due cose sono inscindibili nella sua opera, una trilogia (rimasta incompiuta) che descrive un viaggio cominciato a Londra arrivando in nave fino a Hoek von Hollandin, in Olanda, e poi proseguito quasi interamente a piedi da lì fino a Costantinopoli, lungo il Danubio e passando per l’Ungheria e Budapest.

Fermor parte l’8 dicembre 1933, a soli 18 anni, e arriva a destinazione durante l’anno successivo.

[…] Professione? «Allora, cosa scriviamo?» chiese il funzionario dell’Ufficio Passaporti indicando la casella. A me non veniva in mente nulla. Qualche anno prima, era molto in voga una canzone americana dal titolo Alleluia, sono un vagabondo!, che in quei giorni continuava a girarmi in testa, e si vede che senza accorgermene la stavo canticchiando mentre riflettevo, perché il funzionario rise dicendo: «“Vagabondo” non puoi proprio scrivercelo». Dopo un attimo aggiunse: «Io metterei “studente”»; e così feci. [p. 32]

Fermor come l’hobbit Merry

Nello stile e nell’attitudine caratteriale, spensierata ma valorosa, l’inglese Fermor sembra l’incarnazione di un Hobbit tolkeniano, Meriadoc Brandibuck (Merry) su tutti. Viene quasi spontaneo immaginarlo nella Contea a fumare Erba Pipa insieme a Gandalf, prima di partire per il lungo viaggio all’ombra di Barad-dûr, la Torre Oscura di Mordor. Le truppe naziste di Hitler, infatti, erano sparse per tutto il territorio attraversato da Fermor, come quelle degli orchetti in tutta la Terra di Mezzo e l’ombra terribile delle deportazioni si allungava minacciosa anche sui prati più verdi.

Come gli Hobbit di Tolkien, Fermor conserva un’allegra spensieratezza mescolata a una serietà mortale. È un acuto osservatore della natura che non perde occasione per arrampicarsi ovunque sia possibile ed esplorare posti insoliti. Durante il tragitto canta e declama poesie, e ragiona anche approfonditamente sulla complessità e diversità delle varie lingue in cui si imbatte. È un vero buongustaio con un animo bendisposto verso la vita e le persone. Usa il senso dell’umorismo e l’ironia per minimizzare la portata della sua impresa.

Un dotto vagabondo

Fermor attraversa il nord Europa nella depressione degli anni ’30 nel cuore di un orribile inverno, dove la neve copre lo scenario altrimenti pittoresco e dove Hitler è al comando. Con sole 4 sterline al mese a disposizione, pochi abiti, l’Oxford Book of English Verse, e un volume contenente le Odi di Orazio, il nostro eroe si arrangia dormendo in fienili e baracche, in base alla bontà d’animo dei suoi ospiti fortuiti che si propone di ripagare con i suoi disegni. Ma incontra anche il favore di nobili che spediscono ai loro amici lungo la strada lusinghiere lettere di presentazione che garantiscono a Fermor alloggi in Schloss, vale a dire costruzioni che includono qualsiasi variazione tra un castello fortificato e un palazzo barocco.

Fermor come Gandalf

Questo viaggio avrebbe potuto essere un incubo, o quantomeno essere descritto come tale. Invece di limitarsi a una  fredda cronaca dei problemi degli anni tra le due guerre, Fermor si fa guida, come Gandalf, i fantasmi del Natale passato, i fratelli Grimm o il bambino saggio che conosce la strada attraverso i boschi. C’è oscurità nei suoi racconti, ma è il tipo di oscurità di cui la storia ha bisogno, una profondità che ci permetta di apprezzare il valore del nostro tempo, figlio del secolo scorso.

Lettura densa ma spensierata

La lettura è comunque molto corposa e ricca di nozioni, talvolta simile a un saggio – con tanto di digressioni e note a piè di pagina – romanzato su usi e costumi dei popoli. Il viaggio, infatti, è il pretesto per descrivere nei minimi dettagli realtà e paesaggi altrimenti irrecuperabili. Una specie di documentario storico che include anche sensazioni, odori, emozioni e facezie: Fermor bilancia con le battute di spirito l’accademica densità e precisione della ricca forma linguistica impiegata. La trilogia di Fermor è considerata all’unanimità un racconto di formazione come nessun altro perché, nonostante tutto, il suo autore ha mantenuto il suo gusto per la vita fino alla fine. Un sapore che rimane in bocca anche al lettore, una volta terminato il libro.

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