Nonostante le loro radici risalenti al ’200 e la loro attività strettamente intrecciata con la storia ungherese l’Ordine di San Paolo Primo Eremita oggi è forse più conosciuto all’estero che in Ungheria. Ciò non è sorprendente dato che nell’arco dei secoli, in balia dei coevi poteri politici, l’ordine fu perseguitato, dissolto e costretto a vivere clandestinamente. Però dopo ogni tentativo teso a sradicarlo ha sempre avuto la forza di risuscitarsi.

Beato Eusebio e le fiammelle

Fu fondato verso il 1250 dal coltissimo Beato Eusebio che seguendo la vocazione di Dio abbandonò la sua posizione di canonico ad Esztergom per vivere una vita da eremita nei boschi dei Monti Pilis. Qui ispirato da una visione in cui vide piccole fiammelle unirsi in una grande fiamma capì che doveva unire gli eremiti sparsi sul territorio del Regno d’Ungheria. Come proprio modello scelsero San Paolo Primo Eremita di Theba e costruirono una chiesa ed un convento vicino all’odierno paese di Kesztölc. Entrarono tra gli ordini riconosciuti da Roma nel 1308 quando fu loro concesso l’uso della regola di Sant’Agostino. Il loro centro divenne il convento di Szent Lőrinc vicino a Buda e l’ordine continuò a crescere ininterrottamente fino alla battaglia di Mohács nel 1526.

Crescita

La vita dei monaci era caratterizzata dalla preghiera, dalla contemplazione e dal lavoro manuale ma anche dall’attività pastorale. Il loro stile di vita semplice non si differenziava da quello della gente comune quindi incutevano fiducia e simpatia in tutti coloro con cui entrarono in contatto. Goderono anche di un importante appoggio da parte di diversi re. Luigi I il Grande fondò dei conventi come Márianosztra la cui chiesa ottenne il titolo Basilica minore nel 2012. Poi grazie alla campagna vittoriosa contro Venezia, riuscì a recuperare la salma di San Paolo e trasportarla nel convento di Budaszentlőrinc diventato uno dei più popolari luoghi di pellegrinaggio del Paese. Un altro importante benefattore reale dei paolini fu Mattia Corvino che popolò i conventi abbandonati da altri ordini con i frati bianchi, così chiamati per l’abito bianco che indossavano in onore della Vergine.

All’estero

Luigi I mandò i paolini a custodire l’icona della Vergine Nera di Częstochowa così contribuendo alla fondazione del convento di Jasna Gora che poi divenne il santuario nazionale della Polonia. L’ordine si diffuse anche in Croazia, Italia, Portogallo, Spagna e nei Paesi Bassi.

Persecuzioni e ripresa

La forte appartenenza al popolo ungherese era sempre stata una caratteristica sostanziale dell’ordine. La nazione sin dall’inizio fu al centro delle loro preghiere. Anche per questo tutte le potenze occupanti cercarono di sradicarlo. Nel ’500 e ’600 scapparono dalle parti occupate dai turchi verso i territori della odierna Slovacchia. Dopo la riconquista di Buda svolsero un’importante attività culturale e istruttoria con centro a Pest. La loro ricca biblioteca ebbe un ruolo nella fondazione del precursore dell’Accademia Ungherese delle Scienze. Nel 1786 però Giuseppe II dissolse l’ordine ma grazie a Pio VI, il ramo polacco della Congregazione, diventata indipendente dall’Ungheria, riuscì a sopravvivere. Furono infatti i paolini polacchi a riportare l’ordine in Ungheria nel 1934 quando 16 frati ripresero l’attività monastica e pastorale nel convento all’interno del Monte Gellért a Buda. Tuttavia, dal 1950 il regime comunista imprigionò e giustiziò numerosi paolini ma l’ordine continuò a vivere clandestinamente per poi riprendere l’attività ufficiale nel 1989. Oltre ai conventi e alle chiese a Budapest (’Sziklatemplom’), Pécs, Márianosztra e Pálosszentkút in Ungheria, nel 2014 è stato fondato un convento paolino anche a Hargitafürdő, in Transilvania.
Date le vicissitudini dell’ordine la maggior parte della documentazione scritta fu distrutta o persa. Per questa vaghezza oggi all’ordine vengono spesso attribuite una conoscenza segreta e delle caratteristiche sovrannaturali. È inutile però mistificare i paolini perché così si corre il rischio di allontanarli troppo dalla realtà. Sono già da ammirare per l’ampiezza delle attività di cui sappiamo con sicurezza che svolsero.



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Foto: palosok.hu