L’Accademia delle Scienze (MTA), la più prestigiosa istituzione scientifica ungherese, è in subbuglio. Il governo ungherese attraverso una serie di provvedimenti “senza precedenti” ha minato l’indipendenza di questa istituzione (nata nel 1825) sia dal punto di vista economico che decisionale. Per protestare contro queste misure i ricercatori avevano già manifestato nell’estate del 2018, qui l’articolo di Ungheria News, ed ora torneranno in piazza martedì 12 febbraio alle 13.00 di fronte la sede principale che si trova accanto al Ponte delle Catene a Budapest. Riportiamo di seguito l’appello di Stefano Bottoni, ricercatore dell’Accademia, uno dei maggiori conoscitori di lingua italiana della storia e della società ungherese.

“Cari colleghi e amici,

Mai avrei immaginato di dover iniziare un appello per la causa dell’Accademia delle Scienze dove tuttora lavoro, ma le circostanze drammatiche in cui ci troviamo mi impongono di rivolgermi (anche) a Voi, alla comunità scientifica italiana per ottenere solidarietà e aiuto.

Tutto il sistema della ricerca pubblica in Ungheria è sotto assedio da quasi un anno, quando il governo ha deciso di trasferire fondi e competenze legate ai settori della ricerca (di base e applicata) e dell’innovazione al neo-costituito Ministero per l’Innovazione e la Ricerca.
Come sapete, in Ungheria la ricerca pubblica è svolta principalmente all’interno dei 15 centri di ricerca coordinati dall’Accademia delle Scienze, un organo giuridicamente e finanziariamente autonomo fino al 2018. L’obiettivo del governo è ufficialmente quello di rendere la ricerca più competitiva ecc. ecc.
In realtà, tuttavia, il provvedimento ha un carattere punitivo in quanto:
– nel settore umanistico e delle scienze sociali, sono stati creati negli ultimi anni una decina di istituti di ricerca, enti e fondazioni pubbliche parallele – anzi in apertissima competizione – con la rete degli istituti dell’Accademia;
– dal 1. gennaio 2019 il Ministero trattiene ogni spesa legata al mantenimento delle strutture ed eroga – alla fine del mese, per aumentare i timori – solo lo stipendio base dei ricercatori. Molti laboratori si stanno fermando; le casi editrici non pubblicano; le ricerche si bloccano; e anche le domande a fondi europei o internazionali sono precluse in quanto non disponiamo dell’overhead;
– il 31 gennaio è apparsa una “gara pubblica” secondo la quale ogni centro di ricerca (il mio, quello umanistico, occupa 440 persone e raggruppa 7 istituti fra cui quello di storia, il più numeroso) deve presentare una visione di ciò che vorrebbe fare nei 9 mesi che rimangono fino al 31 dicembre…in 5500 caratteri, spazi e tabelle finanziarie inclusi. Come si può capire, una farsa. I ca. 85 milioni di euro a disposizione, che equivalgono più o meno al nostro “vecchio” bilancio, vengono inoltre “aperti” ad altri concorrenti come università, enti pubblici, centri di ricerca alternativi ecc…con la differenza che questi dispongono tutti di un finanziamento su base normativa, noi dal 1. gennaio no.

Perché tutto questo, vi chiederete? Il motivo è duplice:

soldi. Il governo sa che dal 2021 l’Ungheria perderà parte dei finanziamenti europei (6 miliardi di euro in meno sui 7 anni 2021-27) con un’eccezione significativa: quelli sull’innovazione. Lo smembramento dell’Accademia e dei suoi centri di ricerca garantisce la verticale del potere su questa enorme massa di denaro.
ideologia. E’ anni, ormai, che chi lavora nell’Accademia come me sente avvicinarsi il momento della verità. Quando nel 2017 partì la campagna che ad oggi ha costretto la CEU di Soros ad annunciare il trasferimento a Vienna, noi all’Accademia ci cullammo al pensiero che l”Accademia delle Scienze, fondata nel 1825 e sopravvissuta a ogni disgrazia e catastrofe, è troppo grande e importante per essere portata allo sfascio. Oggi, 7 febbraio 2019, dobbiamo riconoscere di non aver capito nulla. Sono venuti a prendere noi, dopo averci messo addosso la concorrenza, additato al pubblico ludibrio sulla stampa, tagliato i fondi.
Per gli esperti di cose russe, il modello è parzialmente quello utilizzato da Putin nel 2013-14. L’Accademia delle Scienze trasformata in un club di pensionati; gli istituti di ricerca trasferiti sotto il diretto controllo amministrativo e ideologico di un apposito ministero. In Ungheria, i più penalizzati sono già e saranno, a partire dall’ora zero fissata per il 1. aprile 2019, i settori umanistici e delle scienze sociali, i quali costano poco ma rappresentano tuttora un fattore autonomo.

In ballo c’è da un lato il posto di lavoro di ca. 5.000 ricercatori e amministrativi degli istituti di ricerca dell’Accademia, dall’altro – a costo di apparire patetico – quel po’ di libertà rimasta dopo la cura degli ultimi 8-9 anni.

La situazione è davvero molto grave e vi prego di provare a darci una mano tramite l’invio di lettere di solidarietà da inviare all’Accademia. Chi ha contatti con il governo ungherese, con il Commissario europeo alla ricerca, e/o con il CNR italiano si attivi per informarsi.

Mi dispiace davvero disturbarvi per questo. Alcuni di voi sanno già che fra alcuni mesi non lavorerò più in Ungheria. Quello che faccio e farò nelle prossime settimane lo faccio dunque nell’interesse di migliaia di ricercatori, colleghi  la maggior parte dei quali perderà a breve il proprio posto di lavoro in quella che ricorderemo come LA PIÙ DRASTICA EPURAZIONE SCIENTIFICA DELLA STORIA UNGHERESE DI SEMPRE.

Grazie fin d’ora per tutto ciò che potrete fare, o anche solo per leggere e diffondere questa lettera.
Un caro saluto,

Stefano Bottoni”