Sono mesi ormai che l’Accademia delle Scienze (MTA), la più prestigiosa istituzione scientifica ungherese, lotta per non perdere la propria indipendenza sia economica che decisionale. Professori, studenti e ricercatori continuano a protestare contro una nazionalizzazione de facto che porterebbe la ricerca scientifica sotto il controllo diretto del governo.

Manifestanti in piazza Széchenyi

Le manifestazioni sono iniziate lo scorso anno, quando il governo aveva iniziato a prendere in considerazione una completa ristrutturazione del sistema accademico ungherese, togliendo autonomia all’Accademia e dando un enorme potere discrezionale al governo per quanto riguarda i fondi e le ricerche da promuovere. Lo scorso giugno, i ricercatori avevano paragonato tali misure a quelle prese durante la repressione austriaca dopo la sconfitta della guerra di liberazione, e con l’instaurazione del regime comunista.

Oggi, queste proteste continuano e, secondo il Sindacato dei Lavoratori dell’Accademia, si dovranno tenere manifestazioni ogni domenica, fino a che il governo non cambi idea.

Ed effettivamente, il governo qualche passo indietro di recente lo ha fatto. La scorsa settimana, infatti, a seguito delle elezioni europee che hanno visto la vittoria di Fidesz con il 52,33% dei voti, la nuova legge che regolerebbe i tribunali amministrativi è stata posticipata. Numerose erano state le critiche contro il primo ministro Viktor Orbán, accusato di voler controllare anche il potere giudiziario, quando oggi Fidesz ha bisogno del maggior supporto possibile, soprattutto a livello europeo. Di qui la decisione di rimandare l’entrata in vigore del nuovo sistema di tribunali.

“Dobbiamo combattere per l’Accademia delle Scienze, abbiamo finalmente una possibilità”, aveva dichiarato Emese Szilágyi, fondatrice del Sindacato dei Lavoratori dell’Accademia. “Se il governo ha fatto un passo indietro sulla legge sui tribunali, è un segno che può essere costretto a cambiare idea.”

Manifestanti sul ponte delle catene

E l’Accademia delle Scienze stessa aveva cercato di raggiungere un compromesso.

Nel mese di gennaio, il Ministro dell’Innovazione e della Tecnologia László Palkovics aveva proposto un emendamento che rimuoveva il 40% dei fondi destinati all’Accademia. Inoltre, aveva proposto la creazione di un Centro Nazionale per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione che avrebbe dovuto inglobare anche gli istituti di ricerca dell’Accademia. Durante l’assemblea generale di marzo, l’Accademia aveva acconsentito alla nomina del presidente di tale Consiglio da parte del primo ministro, ma aveva rifiutato di concedere metà dei membri al governo, lasciandogli la rappresentanza di un terzo.

“Tale controproposta è inaccettabile per il governo. Dobbiamo continuare con il dialogo. Non vogliamo togliere nulla all’Accademia, solo indirizzarla su un nuovo cammino”, aveva risposto Palkovics.

Ma lo stesso Palkovics è stato sempre molto chiaro sul destino dell’Accademia. Dichiaratosi deluso dai progressi ungheresi nel campo delle scienze, aveva minacciato di procedere con il suo piano con la forza. E questo momento sembra dunque essere arrivato.

Dal primo agosto i 15 istituti di ricerca dell’accademia dovrebbero passare sotto il controllo diretto del ministro, con la creazione di quel Consiglio il cui 50% dei membri verrà scelto dal governo mentre l’Accademia avrà un solo rappresentante.

Dopo gli attacchi contro la CEU e l’eliminazione di tutti quei corsi universitari (come quello sulla parità di genere), contrari all’idea di un’Ungheria cristiana a nazionalista, è il turno di un’istituzione con quasi 200 anni di storia. Anche la Commissione europea ha chiesto al governo ungherese di astenersi dall’approvare leggi che potrebbero minare la libertà di ricerca. Adesso la palla è di nuovo nella mani dei politici, che devono valutare attentamente il precario equilibrio raggiunto alle europee.

 

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