Il coronavirus si è diffuso in tutti i paesi europei. Andiamo qui a vedere quale è la situazione nei paesi che confinano con l’Ungheria. Ricordiamo che in Ungheria sono confermati 895 casi, 50 vittime. 1 ogni 11.170 abitanti.

AUSTRIA: 12.721 casi, 243 vittime. 1 caso ogni 660 abitanti.

L’inizio del contagio di massa è iniziato nei primi giorni di marzo, dopo che a fine febbraio si erano registrati i primi casi di malati, persone provenienti dall’Italia. Dal 10 marzo sono state introdotte misure stringenti, chiusura delle scuole e università e blocco degli eventi pubblici. Dal 16 marzo le abitazioni possono essere lasciate solo in caso di necessità. A partire dal 6 aprile chiunque entri in un negozio deve indossare una mascherina. L’aumento esponenziale dei casi è stato bloccato e dal 31 marzo il numero di nuovi contagi giornalieri è iniziato a scendere in maniera sensibile. L’Austria potrebbe essere il primo paese ad allentare le misure prese. Dal 14 aprile infatti riapriranno i piccoli negozi. Una riapertura graduale, ma il governo ha ribadito che nel caso di un peggioramento della situazione verranno reintrodotte misure di restrizione.

SLOVACCHIA: 581 casi, 2 vittime. 1 caso ogni 9.460 abitanti. 

Dall’ 8 marzo gradualmente sono state chiuse tutte le scuole nel paese. Il 12 marzo è stata dichiarato lo stato d’emergenza. Dal 25 marzo per chi esce in luoghi pubblici sono obbligatorie le mascherine di protezione. Dall’8 aprile vige il divieto di libera circolazione, ovvero si può lasciare la propria abitazione solo per compravata necessità. Misure più restrittive quindi per il periodo pasquale (fino al 13 aprile per ora) per evitare che le persone aumentino i movimenti nel paese. Il 6 aprile con 49 nuovi casi si è registrato per ora il record di nuovi casi giornalieri nel paese. Nell’ultima settimana si registra quindi un aumento dei casi giornalieri che preoccupa le autorità. Fino al 17 aprile sono stati reintrodotti i controlli ai confini anche con i paesi di Schengen.

La Presidente della Repubblica slovacca. Foto: TASR

UCRAINA: 1.668 casi, 52 morti. 1 caso ogni 27.100 abitanti. 

Tra marzo e aprile si è registrato una crescita esponenziale di casi nel paese. Ora i dati variano sensibilmente da giorno a giorno, il 7 aprile si è raggiunto il numero massimo di vittime giornaliere (7). Numerose le critiche al sistema sanitario e alla mancanza di controlli in un paese che da diversi anni deve fronteggiare un’importante crisi economica e politica. Il paese sembra comunque prepararsi all’eventualità peggiore. Dal 12 marzo sono in vigore misure restrittive per lo spostamento che rimarranno in vigore fino al 24 aprile. E’ obbligatorio l’uso delle mascherine nei luoghi pubblici. Sono chiusi i parchi e non è possibile camminare per strada per più di due persone insieme.

ROMANIA: 4.417 casi, 197 vittime. 1 caso ogni 4.900 abitanti.

A parte la capitale si registrano due focolai, uno dei quali a Suceava nel nord-est dove il coronavirus si è diffuso attraverso gli ospedali. Numerose le polemiche su come il personale sanitario non sia stato in grado di fronteggiare la crisi e soprattutto sulle carenze del sistema sanitario. Lo stato d’emergenza nazionale è proclamato fino a metà maggio. Alla popolazione è vietato uscire dalle abitazioni se non per motivi di necessità. Critiche da parte delle associazioni della comunità ungherese sia per la mancanza di materiale informativo nelle lingue minoritarie sia per l’utilizzo delle auto della polizia per riprodurre l’inno nazionale nelle strade delle città. Hanno suscitato molto scandalo anche le celebrazioni religiose effettuate dalla Chiesa ortodossa che prevedevano l’utilizzo dello stesso cucchiaio per dare la comunione ai fedeli. Questi comportamenti possono avere facilitato la diffusione del virus. Le elezioni amministrative previste per questo anno sono state sospese. Il 16 marzo era stato proclamato lo stato d’emergenza per 30 giorni, prolungato poi per altri 30.

Meme satirico sull’utilizzo dell’inno nazionale

SERBIA: 2.447 casi, 61 vittime. 1 ogni 3.880 abitanti.

Il primo caso di coronavirus in Serbia è stato registrato in Vojvodina da un cittadino della minoranza ungherese rientrato da Budapest. Da allora i casi sono aumentati in maniera esponenziale anche se ora il numero di nuovi casi sembra si sia stabilizzato. Nel paese è stato imposto il coprifuoco dalle 17. Agli anziani è possibile fare la spesa solo sabato mattina all’alba dalle 3 alle 7. Numerosi gli aiuti provenienti dall Russia, storico alleato della Serbia. A Belgrado sono proprio i soldati russi a organizzare la disinfestazione delle strade. Dal 15 marzo sono in vigore numerose restrizioni ed è stato dichiarato lo stato d’emergenza che dura 90 giorni, prolungabili per un massimo di 6 mesi. Le elezioni previste per il 26 aprile sono state rimandate. I lavori del parlamento sono stati sospesi.

CROAZIA: 1.282 casi, 18 vittime. 1 ogni 3.350 abitanti.

I primi casi riguardano persone provenienti dall’Italia. Il paese durante l’emergenza coronavirus ha dovuto fare i conti anche con il terremoto del 22 marzo, 5,4 della scala richter, che ha portato numerosi danni anche a Zagabria. Dal 17 marzo il paese è in lockdown bloccando tutti gli eventi pubblici non essenziali. Il 22 marzo sono stati sospesi tutti i mezzi di trasporto pubblici su strada nel paese per 30 giorni. Il 23 marzo il governa ha annunciato che i cittadini non possono lasciare le loro abitazioni se non per necessità. Secondo una ricerca dell’Università di Oxford la Croazia risulta essere uno dei paesi con le misure più severe contro il contagio in base al numero di contagiati.

SLOVENIA: 1.059 casi, 36 vittime. 1 ogni 1.950 abitanti.

I primi casi hanno riguardato persone provenienti dall’Italia. Il 4 marzo il primo caso, il 14 marzo la prima vittima. L’aumento rapido dei casi ha portato a misure restrittive, dal 30 marzo è vietato uscire dal comune di residenza con l’eccezione degli spostamenti giustificati. L’accesso ai luoghi al coperto aperti al pubblico è consentito solo con mascherina. Restano aperti, con l’obbligo di rispettare le distanze, i parchi pubblici. Le misure introdotte, secondo le autorità, hanno diminuito la crescita esponenziale del contagio. Il primo ministro lo scorso 4 aprile ha affermato che il ritorno alla normalità sarà graduale, ma in questo momento è prematuro prendere in considerazione un allentamento delle misure. La ‘fase due’ del contenimento, ha affermato, verrà avviata solo in base all’evoluzione dei dati e non prima della fine di aprile. Hanno fatto discutere alcuni provvedimenti e il governo è stato criticato per alcune misure nello stato d’emergenza. In particolare le opposizioni contestanto al governo la volontà di usare il coronavirus per aumentare ed accentrate i propri poteri. Numerose critiche ha avuto anche uno dei primi provvedimenti attuati in stato d’emergenza: l’aumento degli stipendi dei ministri

 

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Fonti dati contagi: www.worldometers.info
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