Esiste la dipendenza da smartphone o dal digitale? La tecnologia ha sempre più peso e potere, ma come in tutte le cose c’è anche un rovescio della medaglia. Abbiamo deciso di parlarne con Monica Bormetti, psicologa di successo che ha studiato ed ha avviato interessanti studi sul rapporto tra uomo e smartphone, che è stata anche collaboratrice di Ungheria News. Riflessioni pubblicate in “Egophonia. Gli smartphone tra noi e la vita“, edito da Hoepli.

1- Egophonia, il libro che hai scritto, si concentra sulla relazione tra noi e lo smartphone. Questa tecnologia ci facilita la vita in tante cose ma ha anche un rovescio della medaglia. 

Come dici tu il cellulare ci facilita la vita. Ci sono tutta una serie di aspetti molto funzionali dello smartphone: penso a google maps, alla torcia, alla calcolatrice e molto altro. Funzioni che ci aiutano a risolvere problemi pratici. La “dipendenza” invece si sviluppa soprattutto con le app di messaggistica, i social e le mail. Farei però una puntualizzazione scientifica. La comunità scientifica non ha riconosciuto ad oggi una dipendenza dal digitale. Esiste ad esempio una dipendenza da gioco online, ma non da internet né da smartphone. Il rimanere attaccati costantemente al cellullare è un comportamento molto diffuso e dannoso ma non è ancora riconosciuto come dipendenza.

Negli ultimi anni le statistiche ci dicono che l’incremento dell’utilizzo del digitale è aumentato in maniera esponenziale. Specialmente negli ultimi mesi. Dal punto di vista lavorativo, ma non solo anche familiare, l’utilizzo delle video call è diventato di uso comune. Una statistica ci dice che le video call di gruppo sui social (whatsapp, messanger) nel mese di marzo in Italia hanno registrato un aumento del 1.000%. Questo comunque era un trend già consolidato. Un articolo del New York Times del 2018 evidenziava già come noi esseri umani tocchiamo/picchiettiamo sullo smartphone in media 2.617 volte al giorno.

2- Il nostro uso della tecnologia è dannoso?

É dannoso in alcuni casi. Ci tengo a precisare che non è il cellulare che ci sta facendo male, ma la modalità con cui a volte viene usato. In particolare quando lo usiamo in maniera non intenzionale o non consapevole. Mi riferisco per esempio al comportamento classico di persone che continuano a scrollare il feed [il flusso] dei social senza nemmeno più rendersi conto del perchè lo stiano facendo. Cosa cercano o che valore aggiunto gli dà quell’attività? Non lo sanno, ma continuano a scrollare. Questo è un comportamento dannoso perchè noi in quel momento stiamo rispondendo a una serie di input che ci arrivano dai social, ma lo stiamo facendo inconsapevolmente. Iniziamo a scrollare e non sappiamo perchè. In questo caso chi è il padrone del tempo? Un’altra problematica è rappresentata dalla voglia di riempire ogni piccolo momento vuoto con stimoli provenienti dal digitale. La conseguenza è che ci abituiamo a non avere più momenti di relax in cui lasciamo vagare la mente. Momenti di relax e di noia sono invece cruciali per lo sviluppo di tutta una serie di capacità cognitive, tra cui la creatività per esempio.

3- Sempre più spesso le persone si rendono conto di essere costantemente attaccate al cellulare per qualsiasi cosa, spesso anche solo per passare il tempo senza un obiettivo preciso. Come mai siamo così attaccati allo smartphone?

Rimaniamo attaccati al telefono per tanti motivi, ma il punto cruciale su cui riflettere è che i dispositivi che usiamo sono stati creati proprio per stimolarci ad usarli sempre di più. Questo perchè il loro business model è basato sul tempo di utilizzo. Per fare un esempio noi utilizziamo Facebook e Google ma non li paghiamo in termini economici. Li paghiamo con il nostro tempo. Più rimaniamo attaccati più ci guadagnano. Esistono una serie di “trucchetti” per farci stare online sempre di più. Te ne dico un paio.

Il primo meccanismo è quello del rinforzo variabile legato alle notifiche. Cosa significa? Che noi esseri umani tendiamo a ripetere un comportamento nel momento in cui a seguito di quell’azione riceviamo una gratificazione. Faccio un gesto, ogni tanto ricevo un premio ogni tanto no. Questo mi porta a ripetere il gesto sempre più spesso. Studi, che nascono da ricerche sul comportamentismo degli anni ’60, già riflettevano su questo meccanismo, oggi presente nella modalità con cui ci vengono inviate le notifiche. Noi online riceviamo tante notifiche, alcune ci interessano, altre no. La casualità nella quantità di notifiche che riceviamo e il fatto che ci piacciano o meno ci portano a controllare il telefono anche quando non stiamo aspettando nulla, ma semplicemente andiamo lì a controllare perchè magari potrebbe essere arrivato qualcosa.

Il secondo meccanismo ci spiega il nostro comportamento compulsivo nel guardare ad esempio un video su youtube dopo l’altro, piuttosto che una puntata di Netflix. Noi esseri umani andiamo avanti nel compiere un comportamento fino a quando non c’è un limite posto dall’esterno. Questa è una generalizzazione, ma ci sono dei riferimenti scientifici in diversi ambiti della vita. Significa che quando finisco di vedere un video su Youtube e in modo automatico ne parte subito un altro, non percepisco la “fine” e proseguo la visione. É stato fatto un breve esperimento. Ci sono due gruppi di persone che mangiano una zuppa. Il primo gruppo ha una scodella normale, l’altro ha una scodella che si riempe automaticamente quando la zuppa diminuisce. Le persone del secondo gruppo hanno mangiato il 70% di zuppa in più, senza rendersene conto.

4- La “dipendenza” da smartphone è un problema. Chi riguarda principalmente? Come possiamo capire se abbiamo un problema? Si possono alla lunga creare problemi nei nostri rapporti sociali, emozionali e di lavoro?

Probabilmente riguarda di più le giovani generazioni, mi riferisco a chi è nato con il digitale. Questa categoria non si rende conto del confine tra online e offline. Mi riferisco a ragazzi intorno ai 15 anni di età. Per loro non esiste pensare a un tempo della disconnessione, sono sempre connessi.

Come capire se abbiamo un problema? La soluzione migliore è riflettere sul proprio comportamento, analizzarsi. Ovvero pensare a quanto l’uso dello smartphone vada ad intaccare aree della nostra vita. Farsi delle domande. Uso troppo lo smartphone quando sono in compagnia? Faccio fatica a sostenere una conversazione con un’altra persone senza tirar fuori il telefono? Se la risposta è sì allora forse c’è un problema, vuol dire che l’utilizzo del telefono intacca la sfera delle mie relazioni private.

Un’altra area sensibile è quella lavorativa. Ovvero l’utilizzo che io faccio dello smartphone intacca la mia produttività lavorativa? Ti cito un dato. Le persone che lavorano al computer, da dispositivi digitali, in media si distraggono ogni 40 secondi, secondo il dato pubblicato da Gloria Mark (ricercatrice dell’Università della California).

Non c’è però una risposta univoca su come utilizzare il digitale. Sicuramente sarebbe importante imparare a riflettere e capire i propri comportamenti. Siamo noi che dobbiamo analizzarci per averne un uso sano e consapevole. Aggiungerei una terza area: la salute, il benessere fisico. Ci sono casi in cui le persone si rifugiano nello smartphone per andare a riempire il proprio tempo libero. Questo aumenta la sedentarietà, si creano tutta una serie di disturbi fisici, come l’impatto sul sonno, le tendiniti a braccia e dita.

Monica Bormetti a TEDx sul rapporto con lo smartphone:

 

5- Per risolvere questo problema cosa dobbiamo fare? Dobbiamo buttare il cellulare?

No, non dobbiamo buttare il cellulare, dobbiamo però trovare delle strategie per riequilibrare il nostro uso del digitale e riprenderci il controllo della modalità con cui usiamo lo smartphone. Ti faccio alcuni esempi.

Gestione delle notifiche: proviamo a eliminare tutte le notifiche, aspettiamo qualche giorno e poi mano a mano proviamo a reinserire quelle che per noi sono veramente importanti e utili.

Organizzare nel proprio telefono le app all’interno delle schermate in modo tale che le app che ci distraggono di più non siano nella prima schermata. Toglierle quindi da sotto gli occhi.

Un’altra idea di intervento è quello di agire sull’organizzazione della nostra giornata. Troviamo dei momenti in cui non usare il cellulare. Non devono essere momenti esageratamente lunghi. Può benissimo essere la prima mezz’ora della giornata, quando mi alzo e faccio colazione. Imparare a essere padroni del proprio tempo. Creare, a seconda delle proprie esigenze, delle fasce di tempo, meglio all’inizio o alla fine della giornata, in cui ci ritagliamo dei momenti off, in cui il telefono è lontano da noi.

6- Molte persone usano il cellulare costantemente. Secondo te ci sono delle regole di comportamento su quando e come utilizzare il cellulare?

Secondo me ci sono delle regole da seguire e a questo riguardo è interessante il concetto di phubbing. Un neologismo creato da phone e snubbing ossia “telefono” e “snobbare, ignorare, trascurare”: si tratta di un verbo nato per indicare il comportamento di chi, durante le più comuni attività sociali continua a controllare ed aggiornare i propri social media.

Ad oggi non ci sono regole di comportamento definite. Ognuno deve regolarsi in base alla situazione. Dobbiamo però essere consapevoli che nel momento in cui tiriamo fuori il telefono in compagnia stiamo dicendo alle persone che abbiamo di fronte a noi “non mi interessi particolarmente”, “voglio farmi i fatti miei”, “quello che ho qui dentro [nel telefono] è più importante di te”. Una volta che se ne è consapevoli, sta a noi decidere che messaggio vogliamo dare.

7- Oggi in tempo di quarantena si usa di più la tecnologia. Ordiniamo il cibo e la spesa a casa, facciamo acquisti sul web, incontriamo i nostri amici/parenti online. La quarantena ha catalizzato il problema? Una volta finita ci farà riscoprire il piacere di stare in pace nella natura?

Secondo me ci sarà una fase in cui avremo voglia di tornare nella natura, di stare con le persone. Ci mancano gli abbracci, gli sguardi, i sorrisi. Non so in termini sanitari quando potremo recuperare queste azioni ma il punto è che ci sarà una fase in cui vorremo recuperare tutto quello che ci siamo persi negli ultimi mesi.

La quarantena ha avuto sicuramente conseguenze sull’uso del digitale, c’era però già un trend che ci indicava un processo in corso. La quarantena ha catalizzato questa situazione e non credo proprio che torneremo indietro. Le persone si sono abituate a fare riunioni di lavoro su Zoom e Skype e questo rimarrà anche finito il lockdown. Spero che impareremo ad utilizzare questi strumenti con maggiore consapevolezza.

8- In questi mesi molti hanno lavorato da casa e si sono trovati ad utilizzare strumenti nuovi.  Hai dei consigli pratici su come imparare a usarli al meglio?

Dal mio punto di vista in questi mesi stiamo utilizzando strumenti nuovi nel nostro lavoro, strumenti che non siamo spesso abituati ad utilizzare e che quindi devono essere perfezionati. Per gestire gli aspetti professionali nella gestione del digitale dobbiamo usare logiche e dinamiche diverse rispetto a quelle di prima. Come gestire al meglio una video call? Come gestire un gruppo di lavoro a distanza? Sono domande che diventeranno sempre più importanti nei luoghi di lavoro. Abbiamo provato a dare delle risposte a questi quesiti con due documenti. Il primo che analizza come gestire una conference call (Manuale_Conference Call), il secondo su come gestire un team da remoto (Manuale_Gestione team). Entrambi sono scaricabili in pdf.

 

Per acquistare il libro Egophonia. Gli smarphone tra noi e la vita: clicca qui.

Per visualizzare i progetti di Monica Bormetti vai al sito smartbreak.it.

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Foto: reset.org