13 maggio 2020, una data che potrebbe segnare un punto di non ritorno per l’Ungheria di Orbán. Prima di allora il dibattito su cosa era diventata o stava diventando l’Ungheria era un dibattito aperto, spesso acceso, fatto di elementi e prove contrastanti che spesso si concludeva con posizione inconcilianti. Ognuno con la propria idea e le proprie prove a sostegno. Anche gli aspetti più controversi del sistema di potere ungherese: la nuova costituzione, l’equilibrio dei poteri, la corruzione, il ruolo del Fidesz, erano dibattuti ma rientravano in un dibattito politico dove le posizione erano figlie di idee pregresse e posizioni politiche. Il 13 maggio, forse, questo è cambiato con il fermo da parte della polizia di due semplici cittadini colpevoli di aver criticato il governo su facebook.

Stato d’emergenza e legge sulle “fake news”

Lo stato d’emergenza, votato il 30 marzo, è stato fortemente criticato. Ma anche in questo caso non sono mancate dichiarazioni tranquillizanti come quella del commissario europeo Věra Jourová che aveva affermato che le leggi ungheresi non sembra violino i limiti e la cornice giuridica europea. Nel quadro dello stato d’emergenza particolarmente delicata, fin da subito, è stata la nuova legge sulle “fake news”. Una legge che punisce (pene da 1 a 5 anni) chiunque diffonda notizie false o in grado di turbare l’ordine pubblico. Una definizione ampia e ambigua che lascia ampio spazio di interpretazione. Una legge forte che per molti doveva essere associata ad una necessità impellente: l’aumento di fake news con rischio di disordini o false informazioni su questioni molto importanti come la salute. La legge, per come è stata formulata, da ampio potere discrezionale e i giudizi finali sono stati rimandati alla sua applicazione. Nei primi due mesi la legge non è stata quasi utilizzata, se si esclude il caso di un blogger che effettivamente diffuse notizie false e destabilizzanti sul coronavirus. Ieri 13 maggio la situazione sembra aver preso un’altra piega.

Il fatto

Due persone, due sessantenni, estranei ai grandi circuiti politici e mediatici, residenti in provincia (fuori quindi dalla capitale e dalle sue connessioni), sono stati prelevati dalle loro case dalla polizia. Due persone accusate di aver scritto su facebook post fortemente critici contro il governo Orbán. La prima persona (fermata in realtà il 12 maggio), un pensionato di Szerencs, nel suo post si è rivolto a Orbán chiamandolo “caro dittatore, caro leader”, ma soprattutto ha accusato il governo di essere responsabile di disorganizzazione e delle future vittime del coronavirus. Il ragionamento partiva dal fatto che il governo aveva previsto il picco epidemico il 3 maggio, ma ha riaperto numerose attivià dal 4 maggio. Il secondo signore, questa volta di Gyula nel sud del paese, ha invece partecipato a una manifestazione in auto organizzata da partiti dell’opposizione e poi tornato a casa ha condiviso il post di Ákos Hadházy, parlamentare, a cui ha aggiunto la cifra dei posti letto “liberati” dall’ospedale di Gyula (il governo ungherese ha dimesso numerosi pazienti dagli ospedali). A seguito di questi post la polizia si è presentata a casa loro, ha sequestrato il materiale informatico, ed ha portato le persone in caserma per interrogatori che sono durati diverse ore.

Libertà di stampa in Ungheria e autocensura

In Ungheria la libertà di stampa non sta vivendo giorni felici, è risaputo. Una situazione che peggiora anno dopo anno. Proprio un recente studio ha visto l’Ungheria posizionarsi al 89-ismo posto, ultimo tra tutti i paesi dell’UE. Il processo di erosione delle libertà di stampa inizia da lontano ed è proceduto non in maniera costante, con balzi in avanti e passi indietro, fino ad arrivare al punto in cui ci troviamo oggi. In passato spesso si è discusso della libertà di stampa e di parola. Importanti giornali e mass media dell’opposizione sono falliti o sono passati in mani vicine al governo, si è detto che erano movimenti di mercato, questioni economiche. Il comportamento della tv di stato e dei suoi giornalisti è di parte, propagandistico e a volte risenta la sudditanza nei confronti degli esponenti del governo, si è detto che le tv pubbliche da sempre trattano i governi con gentilezza. Avvenimenti e problematiche importanti non da sottovalutare che però, seppur sembravano intaccare un normale equilibrio democratico, non arrivavano a svoltare verso una situazione di pericolo permanente. Ora indubbiamente il livello del problema si è alzato. Il 13 maggio un’istituzione dello Stato, la polizia, è intervenuta direttamente per ridurre i diritti civili di due semplici cittadini che avevano unicamente espresso una propria opinione sul web. La stessa procura ha evidenziato che per i due non vi è l’accusa di aver commesso alcun reato d’opinione. E’ chiaro quindi che il nocciolo dell’azione non siano i due signori in questione, ma di come il problema sia molto più grande. L’azione messa in atto dalle forze di polizia ungherese sembra avere un carattere intimidatorio. Vuole essere un messaggio non ai due malcapitati ma ai tanti altri, e il messaggio è chiaro: noi vi controlliamo, noi possiamo punirvi. Un invito neanche tanto velato alla prudenza e all’autocensura. Autocensura dei mass-media, ma anche di tutta la società civile. Autocensura che non è nuova in Ungheria, il Novecento ne è stato pieno, da Horthy a Kádár. Ma anche negli ultimi trentanni l’autocensura non ha mai smesso di funzionare solo che era per lo più autoimposta, da velleità di carriera o supinità verso i superiori. Ora invece l’invito all’autocensura è chiaro ed esposto in maniera neanche tanto velata.

Democrazia o dittatura? Un rapporto in evoluzione

Da anni ormai si parla di Ungheria come malato d’Europa. Una malattia lunga e probabilmente molto contagiosa visto il diffondersi di politiche autoritarie in altri paesi d’Europa. Negli ultimi anni come Ungheria News abbiamo proprio cercato di raccontare come il processo di erosione della democrazia sia un processo lento e lungo. Non ci si sveglia un giorno la mattina e ci si ritrova in una dittatura. La perdita dei propri diritti civili avviene lentamente, come ben evidenzia “il principio della rana bollita” di Noam Chomsky. Ci sono però dei momenti salienti, catalizzatori che fanno fare un balzo. Riteniamo che quello che è successo il 12 e 13 maggio sia uno di questi momenti. Un fatto che potrebbe inevitabilmente segnare lo sviluppo assunto dallo Stato ungherese. Stato che già non godeva di una situazione fiorente. Questo è ben testimoniato anche da un recente studio di Freedom House che mostra come l’Ungheria abbia lasciato la categoria di stato “semi-democratico” per passare a quella di “regime ibrido”, una terra di mezzo tra dittatura e democrazia. Non dubitiamo che il prossimo rapporto di questa associazione vedrà l’Ungheria perdere ancora molti punti. Ed è proprio l’Ungheria il paese che ha perso maggiormente negli ultimi dieci anni. Qui sotto un grafico che ci aiuta a capire visivamente quello che è successo, ma più dei freddi numeri bisogna capire i rapporti politici e sociali che si sviluppano all’interno del paese e che noi di Ungheria News cerchiamo di raccontarvi.

 

democrazia ungheria

Variazione dell’indice di democrazia negli ultimi 10 anni.

Le testimonianze dei due fermati

Le due persone coinvolte hanno avuto modo di rilasciare interviste successivamente al fermo e di raccontare quello che è accaduto. Riportiamo qui alcuni stralci. In entrambi i casi la polizia è intervenuta in maniera massiccia all’alba. Presentatasi di fronte l’alloggio degli accusati hanno sequestrato telefonini e materiale informatico e portato le persone successivamente in commissariato. In entrambi i casi riportano le persone che la polizia si è comportata in maniera corretta durante l’operazione. Successivamente l’interrogatorio è durato diverse ora.

Al signor András durante l’interrogatorio è stato chiesto a chi si riferiva quando ha scritto “caro dittatore” su facebook. L’ispezione avvenuta a casa sua è stata ripresa dalla polizia che poche ore dopo ha condiviso il video sul proprio sito ufficiale, facendolo diventare di dominio pubblico. Andras ha criticato la diffusione del videonei circuti mass mediatici anche perchè ricorda che lui, per ora, non è stato condannato di niente e l’utilizzo di immagini di casa sua la mattina presto appena svegliato violino la sua privacy. Su questo gli avvocati presenteranno le dovute interpellanze.

János, il signore di Gyula ricorda invece come ha già vissuto esperienze simili. La sua casa era già stata perquisita e lui portato in commisariato per questioni legate alla libertà di parola nel 1987, durante il regime di Kádár [ndr: regime comunista]. Ricorda come: “Ci ho sempre scherzato su, dicevo vedrete che prima o poi torneranno i tempi in cui la polizia ti entra in casa e ti perquisisce. Ci scherzavamo non credevo veramente che potesse succedere, ma alla fine è capitato”. János ricorda che “Stavamo dormendo, erano le 6 di mattina. Hanno suonato il campanello, ci siamo svegliati, mia moglie è andata a vedere chi era visto che io ho una disabilità motoria e mi ha detto che fuori dalla porta ci sono tanti poliziotti“. Una volta alla porta “la polizia mi ha detto che c’è un’accusa per diffusione di notizie false, che hanno un mandato e che devono effettuare una percuisizione e prelevare il materiale informatico, telefono, pc, etc.”. “Poi mi sono vestito, – continua János- nel frattempo ripendevano tutto e mi hanno portato fino al commissariato. Qui mi hanno chiesto se è successo qualcosa durante il controllo, se ho avuto ferite, se volevo mangiare, etc. […] Poi mi hanno portato in un altro ufficio dove mi hanno chiesto qual è la mia lingua madre. Io ho risposto “romeno”, visto che sono di una famiglia della minoranza romena [ndr: a Gyula risiede la storica minoranza romena di Ungheria]. Il poliziotto mi ha detto che non è possibile che una persona nata in Ungheria non abbia come lingua madre l’ungherese. […] Questo però non è stato inserito nel verbale di polizia. […] Il problema nasce dall’aver scritto un post in cui scrivo che 1170 posti letto sono stati liberati nell’ospedale di Gyula e ho invitato la gente a unirsi alla manifestazione che facevamo con Hadházy di fronte al municipio. […] Durante l’interrogatorio mi hanno chiesto se sono parte di associazioni o di partiti politici. Non sono iscritto a partiti politici, ero stato tanti anni fa iscritto al Fidesz, oggi pur da non iscritto ho un ruolo in Momentum […] Mi sorprende come queste domande siano arrivate solo per un post su facebook”.

Qui è possibile vedere l’intervista a entrambe le persone coinvolte da parte del programma Partizán.

 

Il futuro dell’Ungheria: più nero che sereno

L’Ungheria negli ultimi anni ha intrapreso un percorso, un cammino che è stato scelto con grande consenso dai propri cittadini e riconfermato numerose volte. Un percorso che ha portato indubbi benefici, stabilità e sicurezza, ma che nell’ultimo periodo sempre più sta mostrando il rovescio della medaglia. L’autoritarismo di governo trova nuova forza oggi nel mondo. Governi autoritari ce ne sono molti, ed è innegabile che spesso alcuni governi autoritari possano funzionare meglio delle “vecchie, rugginose democrazie liberali”. Di più, molto spesso i primi anni dell’autoritarismo sono segnati da una luna di miele tra il leader e i cittadini che possono apprezzare i successi di una politica decisionale e forte. Prima o poi però i problemi affiorano. Con il passare del tempo nuove sfide e  necessità di cambiamento emergono nella società e le forme autoritarie si trovano in difficoltà. Non sono sistemi avezzi al cambiamento. Speriamo che la società ungherese dimostri la propria maturità e sia capace, negli anni a venire, di trovare una propria forma di autogoverno e di sovranità, senza per questo rinunciare ai diritti civili dei propri cittadini. Noi di Ungheria News fino a quando sarà possibile saremo qui a raccontarvela. 

 

Aggiornamento: il 16 maggio il Ministro della giustizia, Judit Varga, è intervenuta sul fermo operato nei confronti delle due persone. Per il Ministro è stato un errore della polizia il fermo. Confermata quindi l’ipotesi che le due persone non abbiano diffuso false notizie, ma abbiano solamente espresso dei fatti confermati e un’opinione. Rimangono aperti i dubbi però sul reale scopo dell’operazione di polizia. 

 

 

 

 

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Foto: police.hu