Nella seconda metà del giugno scorso, dopo uno stallo di alcuni mesi causato dall’incipiente pandemia virale, è stato finalmente perfezionato l’accordo che finalizza lo storico investimento da parte del Governo Orbán per lo sviluppo di un nuovo terminal marittimo multifunzionale in un’area dismessa del porto di Trieste. Gli acquirenti ungheresi hanno agito per il tramite dell’infaticabile Ministro degli Esteri e Commercio Estero, Péter Szijjártó, ed una loro controllata pubblica la Adria Port Zrt, mentre a vendere l’area di cca. 320 ettari situata in località Noghere, sono state le società italiane Teseco e Seastock supportate dal coordinamento del presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.

L’investimento ungherese quantificato in 100 milioni di Euro comprende l’acquisto, la messa in sicurezza ambientale e lo sviluppo dell’area (ex impianto di raffinazione petrolifera) mediante la realizzazione di un rilevante progetto infrastrutturale che darà di nuovo uno sbocco portuale all’Ungheria dopo cento anni: tanti infatti ne sono trascorsi dalla perdita di Fiume a seguito del Trattato del Trianon del 1920.

L’operazione era stata annunciata un anno fa con Trieste preferita dagli ungheresi a Capodistria (Koper) per l’efficienza dei suoi collegamenti ferroviari e per le qualità tecnica delle banchine. Se da un lato l’intesa accresce il ruolo del porto di Trieste che, grazie alle connessioni ferroviarie merci è divenuto negli ultimi anni punto di riferimento per le catene logistiche da e verso l’Ungheria (automotive), raggiungendo la quota di 14 coppie di treni/settimana tra Trieste e Budapest, dall’altro garantisce all’Ungheria l’obiettivo di disporre di una propria piattaforma di trasporto marittimo import-export capace di garantire l’accesso al mare entro 24 ore.

Il ministro degli Esteri e del Commercio ungherese Péter Szijjártó con il presidente del porto di Trieste Zeno D’Agostino

Letta ed analizzata in una più ampia prospettiva di diplomazia economica e mercantile, la mossa delle autorità ungheresi lascia intravedere quanto profonda sia l’attenzione e l’intuizione di Orbán nel capire l’importanza geopolitica che l’elemento Mare riveste nello sviluppo complessivo di un Paese. Per noi italiani è facile perché nel Mediterraneo ci siamo da sempre abituati a dare la cosa per scontata. Primi in Europa e nel mondo intero a capire quanto cruciali fossero i traffici marittimi e il dominio delle rotte mercantili, con Venezia, Genova e le altre attivissime Repubbliche Marinare siamo stati i primi a sfruttarne i decisivi risvolti politici attraverso le capillari reti diplomatico-economico-commerciali tessute nel corso di vari secoli.

Per l’Ungheria è diverso. Da sempre circondata da altri stati in tutti i suoi lati (landlocked) nel corso della sua storia secolare ha forse eccessivamente patito la mancanza di quell’ampiezza di respiro e profondità di visione delle cose che solo la contiguità con il mare può e sa dare. A tutti i livelli. Orbán l’ha capito e sembra intenzionato ad iniziare un cammino di crescita che tragga dal Mare linee guida e d’indirizzo che finora sono mancati.

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Foto: Trieste All News, Shipping Italia