Articolo e illustrazione di Patrizia Gatta

Entravamo nei bar o nelle sale giochi, da ragazzi, con l’occhio da falco per individuare se il flipper era occupato e con la mano che stringeva in tasca le monete da cambiare in gettoni alla cassa. Un po’ eccitati, anticipavamo il rush alla testa di dopamina risultante dalla sequenza impazzita di suoni e luci intermittenti e probabili alti punteggi, e se eravamo in giornata, dalla gioia delle palline extra.

Il flipper, per chi si è appassionato alla macchina, è diventato un feticcio con il quale trastullarsi piacevolmente ma non solo: strumento per il conseguimento di status sociali se eri bravo abbastanza da guadagnarti il rispetto del quartiere, ottimo chaperon di prime uscite di coppia che offriva l’alibi del contatto corpo a corpo con chi prendeva il controllo della seconda aletta. Per non parlare del TILT. Chi non ha provato il brivido di scuotere la macchina fino al limite del tilt, giochetto perverso che si pagava con la fine della partita, accompagnata da un suono tristissimo di androide morente?

Il museo del flipper a Budapest

Se non vi è piu capitato di provare queste antiche emozioni, mettetevi il giubbotto piu vintage che avete nell’armadio, prendete la M3 fino alla fermata Nyugati, e recatevi fino al numero 18 di via Radnóti Miklós. Concedetevi qualche minuto per ammirare l’insegna disegnata dall’illustratore Sinboy, e dopo aver aperto la porta e pagato il ticket di ingresso di 4200 HUF, qualche altro minuto per adattarvi allo stimolo auditivo e allo sgomento: 130 flipper disposti uno accanto all’altro su una superficie di 400 mq, vecchi e nuovi (i più antichi risalgono alle fine del XIX secolo), con una varietà di sfondi che faranno gioire l’adolescente racchiuso in voi, rapito da una esperienza amarcord al limite dello strecninico.

Questo museo è soprattutto un catalogo della pop culture degli ultimi 100 anni: le fiabe, gli sport, la musica pop e metal, il cinema d’azione, le pin up, gli alieni e le Tartarughe Ninja, Rocky Balboa e i Rolling Stones, James Bond e i B-movies anni 50, con il risultato che per i primi 10 minuti saltellerete da un flipper all’altro emettendo dei gridolini di gioia senza riuscire a decidervi a giocarne alcuno.

Non è difficile capire che un’operazione del genere puo’ essere solo il frutto della mente di un vero appassionato, e in effetti così si definisce Balázs Pálfi, l’uomo che nel 2014 riesce a fondare il museo trasferendovi la sua gigantesca collezione. Sulla pagina internet dedicata, Balazs aggiorna il pubblico sulle novità, i pezzi rotti e quelli riparati, le macchine che sogna e che è riuscito a trovare, quelle che festeggiano i compleanni, rendendo partecipi di una passione che sfiora quasi l’ossessione. Il che è comprensibile: chi è appassionato alla meccanica di queste macchine perfette, non può restare indifferente alla sensazione di stordimento provocata dalla possibilità di giocare con file e file di flipper messi a disposizione, allineati e scintillanti, in una sequenza di immersioni nei miti, nei culti e nelle fantasie della nostra cultura giovanile, quelli che hanno attecchito quando eravamo più impressionabili.



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Foto: illustrazione di Patrizia Gatta