Travolgenti passioni e battaglie epiche, efferate torture e amori impossibili, documentati dettagli storici e mirabolanti prodigi…

Questi sono solo alcuni degli ingredienti che compongono La leggenda dei giocolieri di lacrime di László Darvasi, un rocambolesco romanzo storico-fantastico, in cui verità e finzione si mescolano e si compenetrano in modo indissolubile. Alla potenza del racconto, che già dalle prime righe cattura inesorabilmente il lettore, tenendolo incollato alle pagine fino al termine del libro, corrisponde la ben nota – ormai anche in Italia, dove è già stata pubblicata, sempre da Il Saggiatore, la raccolta di racconti Mattina d’inverno con cadavere – qualità della scrittura di Darvasi.

Il contorno storico: l’Ungheria del Cinquecento

Siamo nel XVI secolo, l’Ungheria non c’è ancora, o meglio è completamente diversa da quella attuale. La disfatta della battaglia di Mohács del 1526 ha sgombrato la strada al potente esercito turco, che negli anni successivi avanzerà verso il centro dell’Ungheria fino a conquistare, nel 1541, il castello di Buda. Il grandioso Regno d’Ungheria dei secoli precedenti si ritroverà così spaccato in tre parti: l’Ungheria Reale a nord, sotto il dominio della casata austriaca degli Asburgo, la grande pianura centrale in mano ottomana, e il Principato di Transilvania, stato vassallo turco con governatore ungherese. Solo nel 1686 la coalizione della Lega Santa, creata da diversi stati occidentali in difesa dell’Europa cristiana e guidata dall’armata imperiale austriaca, riuscirà a riconquistare il castello, che in seguito, molti anni più tardi, fondendosi con la più giovane città mercantile cresciuta sulla sponda est del Danubio, diventerà l’odierna capitale magiara: Budapest.

Un’Europa centro-orientale tutt’altro che “pura”

Questo, in estrema sintesi, è il periodo storico durante il quale si svolge il primo, grandioso romanzo dell’ungherese László Darvasi. Il versatile e prolifico scrittore, nato nel 1962 a Törökszentmiklós, prende le mosse proprio dalla cittadina natale, all’epoca dei fatti narrati solo una manciata di case nei pressi di una palude, per ripercorrere gli eventi più importanti dell’epoca, gli stessi che ogni bravo scolaretto ungherese dovrebbe conoscere a menadito. E si prende anche la libertà di fare alcune escursioni a est, a ovest, e a sud del paese odierno, per restituirci un’Europa centro-orientale del XVI-XVIII secolo tutt’altro che “pura” o etnicamente uniforme, dove ungheresi, turchi, rumeni, slovacchi, bosniaci, austriaci, polacchi e numerosi altri popoli convivono da sempre e in maniera molto poco pacifica, dove intere comunità di ebrei sono costrette a spostarsi da una città all’altra in base alla convenienza o ai capricci dei regnanti, o dove intere cittadine vengono abbandonate prima del passaggio di uno o l’altro degli eserciti in guerra, e ripopolate appena il pericolo è passato, dove famiglie di zingari e avventurieri di varia provenienza vagano per i diversi principati e corti alla ricerca di un ingaggio, o almeno un luogo sicuro dove fermarsi per un po’. Le loro storie, leggende, tradizioni si mischiano, si contaminano, si fondono.

La storia del variegato panorama umano che si muove in mezzo ai grandi eventi storici

L’autore indaga e racconta ciò che i libri di storia tralasciano, quello che si muove in mezzo a tali grandi eventi storici: il variegato panorama umano della Conca dei Carpazi. Prende così vita una sorta di epopea “minore” che segue il percorso del carro dei “giocolieri di lacrime”: tra lunghi assedi e battaglie cruente, si affollano in tutta libertà personaggi realmente esistiti e personaggi creati dalla penna dello scrittore (soldati, artigiani, mercanti, schiavi, concubine, scribacchini, frati, streghe, puttane…). La continuità fra i diversi piani narrativi è assicurata dalla coerenza dello stile, crudamente incisivo, e al tempo stesso venato di ironia, capace di conferire evidenza realistica sia agli eventi storicamente documentati sia alle vicende più incredibili di miracoli e stregonerie, sicché tutto appare “vero” in questo straordinario romanzo, tra i più importanti della letteratura ungherese degli ultimi anni.

“I mostri sono tra noi. Noi stessi siamo questi mostri”

Cinque anime misteriose percorrono giorno dopo giorno una terra desolata, figlia di una lunga guerra. Hanno lasciato le loro case vuote e in silenzio sono diventati saltimbanchi, giocolieri di lacrime: dai loro occhi sgorgano a comando sangue, miele, ghiaccio, schegge di specchio, miracoli; sul loro carro sgangherato sventola dipinta una grande lacrima del blu più blu che ci sia. Ovunque passino portano in egual misura speranza e disperazione, prodigi e maledizioni, la vita e la morte. Attorno al loro spettacolo, come guidati da un identico incanto, si radunano uomini e donne dalle storie straordinarie, da Irina Schiaccianoci, il cui sesso è in grado di frantumare qualunque oggetto, al nano giramondo Velemir Pep, da Ferenc Pilinger, il cui pene è comparso dopo aver ucciso un uomo, a Borbála, la strega delle paludi. Il loro tragitto disegna un quadro di malìa attorno alle forche delle esecuzioni pubbliche (IlSaggiatore).

Autore: László Darvasi

Titolo: “La leggenda dei giocolieri di lacrime”

Editore: Il Saggiatore

Traduzione a cura di Dóra Várnai

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