Commenti che gli sono costati la carriera, quelli dell’ex nazionale ungherese Zsolt Petry, allenatore dei portieri della squadra di calcio tedesca Hertha Berlino.

Nel corso di un’intervista rilasciata al giornale “Magyar Nemzet” il 5 aprile, Petry ha affrontato diversi temi, non solo calcistici, dicendo la propria anche su questioni come immigrazione, famiglie dello stesso sesso e diritti LGBT.

Secondo la dirigenza dell’Hertha, tali commenti non sono in linea con i valori di diversità e tolleranza portati avanti dal team, per questo il licenziamento. Proprio di recente la squadra aveva infatti preso posizione contro il razzismo e la violenza della polizia negli Stati Uniti.

Il governo ungherese si è sentito molto toccato dalla vicenda, dal momento che allude a questioni delicate e ancora aperte per l’Ungheria, come la libertà di espressione e il rispetto dello stato di diritto.

Ma vediamo esattamente cosa Petry ha dichiarato nel corso dell’intervista.

Il contenuto dell’intervista a Magyar Nemzet

Dopo alcune domande prettamente a tema calcistico (come per esempio se Petry avesse seguito le qualificazioni ungheresi ai mondiali e i suoi commenti sulla scelta di Marco Rossi come allenatore – scelta che Petry definisce “vincente”), l’intervista si è spostata su questioni più delicate.

Fra le altre cose, è stato infatti chiesto a Petry il suo parare su un connazionale ungherese, Péter Gulácsi, attuale portiere del Lipsia e della nazionale dell’Ungheria, il quale aveva manifestato apertamente il suo supporto per la campagna “la famiglia è famiglia”, lanciata  per opporsi alla decisione del governo ungherese di escludere coppie dello stesso sesso dal processo di adozione.

“Se fossi un atleta nella sua posizione mi concentrerei sul calcio e non sull’esprimermi in pubblico su questioni di politica sociale. Farei il mio lavoro e quello che la squadra nazionale ungherese si aspetta da me. Non so cosa abbia spinto Péter a prendere posizione in favore degli omosessuali, dei travestiti e di altre identità di genere. Di certo io non avrei tirato in ballo questi sentimenti al suo posto.”

Questa la dichiarazione che ha portato la direzione dell’Hertha a licenziare il suo allenatore.

Nel comunicato stampa della squadra, Petry ha cercato di dare la propria versione dei fatti dicendo di non aver manifestato né pareri omofobi né xenofobi. “Mi dispiace per i commenti che ho fatto e mi scuso con chi cerca rifugio qui e si è offeso,” si legge nel comunicato.

Mettendo infatti tale frase in un contesto più ampio, Petry stava quasi difendendo Gulácsi e la libertà di espressione.

“La maggioranza della società ungherese non concorda con l’opinione progressista di Péter Gulácsi sulle ‘famiglie arcobaleno’. Ecco perché molti lo stanno criticando, sebbene esprimere delle opinioni non sia moralmente biasimevole. Dopo tutto Péter sta solo tenendo fede ai suoi princìpi. Non può e non deve essere condannato per aver espresso un’opinione. Altro discorso è se le persone concordano con la sua presa di posizione o no.”

Il rispetto di un principio, quello della libertà di espressione che allo stesso Petry non è stato garantito.

Ad “aggravare” la sua situazione, i successivi commenti conservatori, di cui si è detto simpatizzante su questioni come l’immigrazione.

“Non posso davvero capire come l’Europa sia stata capace d’affondare nell’abisso morale in cui si trova. La politica migratoria è per me manifestazione del declino morale. In Europa dovremmo continuare a vivere secondo i valori nazionali appresi in tanti anni. L’Europa è un continente cristiano e guardo con riluttanza al degrado morale che vi imperversa. Se non vedi di buon occhio l’immigrazione perché un numero terrificante di criminali è giunto in Europa, sei bollato come razzista. Ciò non dovrebbe essere permesso: l’opinione altrui è sempre meno tollerata, soprattutto se di destra.”

L’Ungheria e il rispetto dello stato di diritto: dove sono le sanzioni per la Germania?

Proprio per questo il governo ungherese ha definito la decisione tedesca come “oltraggiosa”, paragonandola a quelle che erano le regole “totalitarie” della Germania nazista. Il portavoce del primo ministro Viktor Orbán, Gergely Gulyás ha tirato in ballo lo stato di diritto, del cui non rispetto l’Ungheria è tanto accusata ma che da oggi si potrebbe dire lo stesso della Germania.

Il ministro degli esteri Peter Szijjarto è intervenuto nel dibattito con un post su Facebook, richiamando l’attenzione di figure di spicco europee come Vera Jourova, Didier Reynders, Frans Timmermans, Judith Sargentini e tutti quei “politici progressisti europei tutti, specializzati nell’impartire rozze lezioni di libertà d’espressione agli altri.”

 

“In Germania un uomo ha perso il lavoro per aver espresso liberamente le proprie opinioni su immigrazione e famiglia,” si legge nel post. “Dove siete ora? Quando vi leverete contro ciò che è accaduto? Quando comincerà una procedura d’infrazione e sulla base di quale clausola?”.



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Foto: bundesitalia