Un poliziesco procedurale

L’uomo che andò in fumo è un giallo ambientato sullo sfondo di Budapest, una città imponente e misteriosa sulle rive del Danubio, durante una torrida e torbida estate di fine anni ’60. Scritto nel 1966, il libro fa parte di una serie che ha per protagonista Martin Beck, il commissario della polizia di Stoccolma. Gli autori, i coniugi svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö, sono politicamente interessati alla vita sociale dei criminali e animati dalla curiosità archivistica per le biografie personali dei poliziotti. Scrivono con uno stile che ha fatto scuola nel genere poliziesco cosiddetto “procedurale”. In questo tipo di gialli si segue in modo molto realistico il graduale avanzare di un’indagine di polizia, mentre si scava nelle vere cause sociali di quella peculiare manifestazione di infelicità definita delitto.

Un giornalista scompare oltrecortina

Una misteriosa scomparsa spinge il commissario Beck nelle trame di un intrigo internazionale: un giornalista di successo di Stoccolma sparisce nel nulla durante un viaggio di lavoro a Budapest. Alf Matsson, l’uomo scomparso, è un giornalista di successo ma alcolizzato e attaccabrighe. Nessuno rimpiangerebbe la sua presenza. Inizialmente, infatti, si è propensi a credere che stia solo smaltendo l’ennesima sbronza in qualche lurido anfratto e nessuno vuol muovere un dito per lui. Ma il direttore del giornale dove lavora minaccia un caso internazionale perché Mattson è stato visto per l’ultima a Budapest, oltre la cortina di ferro, ed è lì che sembra essere svanito. Perciò Beck è convocato in via riservata proprio mentre è in procinto di partire per le sospirate vacanze estive. Il commissario si ritrova impantanato nei bassifondi frequentati dal giornalista. Si imbatte in un gruppo di colleghi di Mattson, spacconi e compagni di bevute, e in un ambiguo terzetto di contrabbandieri, di stanza a Budapest.

La soluzione del caso

Beck, mettendo in pratica il suo consueto metodo di lavoro, farà squadra con un poliziotto ungherese, Vilmos Szluka, con cui scatta una silenziosa simpatia, e con il collega e amico Kollberg, tanto acuto quanto pignolo. Alla fine, però, sarà proprio la cura dei dettagli e la perseveranza a farlo inciampare nell’indizio chiave per la soluzione del caso dell’uomo in fumo. La storia è un meticoloso procedere a piccoli passi verso la scoperta della verità, che alla fine si rivela squallida e banale. Martin Beck, comunque, potrebbe dirsi soddisfatto e godersi le vacanze estive insieme alla moglie e ai figli che lo stanno aspettando su un’isola. Invece, quando finalmente vi arriva, non riesce a togliersi di dosso la sgradevole sensazione che il suo ultimo caso gli ha lasciato.

La Budapest estiva

Il giallo, come si diceva, è un poliziesco procedurale, quindi può risultare non sensazionale per chi è abituato a emozioni forti. Infatti, c’è solo un momento di suspense in 263 pagine. L’atmosfera calma, però, ben si adatta alla canicola del mese di luglio e alla voglia di visitare Budapest senza fretta né pensieri. La città, infatti, è ben descritta nella sua storia e nei suoi posti più caratteristici. Le traversate sui battelli, il lungo fiume, lo storico Hotel Duna dai letti cigolanti, i Bagni Termali sull’Isola Margherita e naturalmente i Ponti sul Danubio.



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