Sono passati 100 giorni da quando il coronavirus ha fatto il suo ingresso in Ungheria. Oggi l’epidemia sta rallentando ed il paese sembra avviato verso il ritorno alla normalità. Una situazione non scontata dopo neanche quattro mesi. Cerchiamo qui di fare un bilancio sui provvedimenti presi.

I successi di Orbán nell’affrontare l’epidemia:

  • Evitato il contagio di massa: sicuramente tanti i fattori che hanno portato a questo. Indubbiamente l’Ungheria ha potuto godere del fatto di non essere stata uno dei primi paesi colpiti e quindi ha potuto prepararsi all’emergenza. Vi sono poi alcune misure prese con tempestività come la sospensione degli eventi o la chiusura delle scuole (in realtà con poca volontà inizialmente). Altre misure come la restrizione al movimento o l’utilizzo delle mascherine sono state prese successivamente, per di più in maniera blanda. Più che le misure del governo ad aiutare sono stati il senso civico della popolazione e la conformazione sociale del paese. Una popolazione che sebbene restia in alcuni casi ad adottare alcune misure è riuscita, grazie ai propri comportamenti, ad evitare il diffondersi dei contagi. Un paese con solo una grande città e tante città di medie dimensioni separate l’un dall’altra ha poi fermato la diffusione del virus fuori dalla capitale.

misure coronavirus

  • Capacità decisionale d’urgenza: la tanto criticata scelta dei “pieni poteri” ha indubbiamente fornito una marcia in più dal punto di vista decisionale. L’11 marzo è stato votato lo stato d’emergenza, il 30 marzo viene prolungato a tempo indeterminato. Entro fine giugno questi provvedimenti verranno cancellati. I “pieni poteri” hanno fornito al premier e al governo non tanto la possibilità di approvare leggi, il Fidesz gode dei due terzi del parlamento, ma soprattutto la velocità decisionale e di attuazione di questi provvedimenti. Questo ha permesso all’Ungheria di disporre di una linea di comando unica e rapida. A favorire questo anche il fatto che l’Ungheria sia un paese piccolo e omogeneo, senza una serie di poteri autonomi locali. Tutti fattori hanno favorito una linea di comando d’urgenza che si è rilevata di successo.
  • Rapporti diplomatici: potrebbe sembrare una provocazione visto che a marzo l’Ungheria era accusata da tanti paesi europei di costruire un sistema dittatoriale. In realtà i rapporti diplomatici non esistono solo verso ovest, verrebbe da dire per fortuna. Tutta una serie di rapporti diplomatici costruiti dal governo negli ultimi anni hanno funzionato bene e dimostrato la loro utilità. Numerosi paesi asiatici, Cina in primis, hanno contribuito materialmente. L’Ungheria è uno dei paesi che ha ricevuto più aiuti ed a sua volta in questa posizione di forza ha potuto rigirare questi aiuti ad altri paesi della regione centroeuropea, ma non solo. L’Ungheria ha risposto positivamente anche all’appello lanciato dall’Italia. Merito di questa situazione indubbiamente è del Ministro degli esteri, Peter Sziijárto, astro “nascente” nelle gerarchie del Fidesz.
  • Numero di contagi: grazie ai fattori elencati prima l’Ungheria ha avuto un numero estremamente basso di contagi. Appena 4.039. Ovvero 418 ogni milione di abitanti. In UE solo la Grecia e la Slovacchia hanno fatto meglio. L’Italia ad esempio ha avuto 3.899 contagiati ogni milione di abitanti, quasi dieci volte tanto.

contagi

  • Confini: la decisione di chiudere i confini è stata presa da molti paesi. L’Ungheria l’ha presa il 17 marzo, quattro giorni prima della terza vittima registrata di coronavirus. Una scelta rapida. La stessa decisione di riaprirli in maniera scaglionata in base alla situazione sanitaria dei vari paesi è una scelta moderata ma di successo. L’idea di riaprire immediatamente i confini a tutti i paesi, compresi quelli in cui il virus si è diffuso di più come l’Italia sarebbe rischiosa.
  • Economia: le conseguenze economiche si potranno valutare solamente tra qualche mese. Di certo il governo è intervenuto immediatamente per sospendere mutui e prestiti privati e aziendali. Ha anche esentato alcune categorie dal pagamento delle imposte. A giocare un ruolo fondamentale sarà probabilmente il blocco non totale del paese durante l’epidemia. Numerosi settori hanno continuato a lavorare o si sono fermati per un tempo relativamente breve rispetto ad altri paesi e questo potrebbe nel breve periodo portare ad una restrizione dell’economia ungherese minore rispetto ad altri paesi.

Gli insuccessi nella lotta al coronavirus:

  • Tamponi: fin dai primi giorni una polemica aspra ha riguardato il numero dei tamponi effettuati. Se non si fanno tamponi non si vedono i contagiati è un’asserzione abbastanza ovvia. L’Ungheria ha iniziato in maniera lenta ad effettuare i tamponi e soprattutto in pochi e circostanziati casi. Il tampone veniva effettuato solo a chi avesse viaggiato nelle zone a rischio e presentasse sintomi. Decisione discutibile, ma questa era la posizione ufficiale dell’OMS. Con l’aumentare dei casi e l’arrivo di nuovi test anche i tamponi sono aumentati anche se il numero è rimasto basso. Inferiore a molti stati, anche della regione, ma in sintonia con altri come ad esempio Francia e Olanda.
  • Mortalità: in questo caso bisogna prendere in considerazione due dati. Il tasso di mortalità sui contagiati e quello sulla popolazione totale. Nel primo caso l’Ungheria ha un tasso di mortalità tra i più elevati in Europa, supera il 10% e si situa poco dopo l’Italia. Nel secondo caso, mortalità per un milione di popolazione l’Ungheria si situa ad un livello medio. Questa discrepanza probabilmente è data da tre fattori: il numero dei contagiati ufficiali è più basso del reale, il virus si è diffuso tra persone già deboli, come le case di riposo di Budapest, l’assistenza sanitaria non è stata adeguata.
mortalità

La mortalità del coronavirus per contagi. Fonte: portfolio

  • Sanità: nessun sistema sanitario era pronto ad affrontare una crisi di questa portata, neanche quelli dei paesi più sviluppati. Non è possibile quindi incolpare l’impreparazione della sanità ungherese, certo è un fatto che il sistema sanitario non godesse di buona salute. Personale insufficiente e spesso poco preparato, strutture non al passo con i tempi specialmente nella capitale, sono una costante degli ultimi anni. Nonostante i tentativi per una rapida riorganizzazione e la creazione di spazi destinati all’emergenza, si pensi alla costruzione dell’ospedale di Kiskunhalas, l’organizzazione sanitaria non ha offerto una prestazione soddisfacente (basti pensare alla mancanza di protocollo e materiale sanitario) e questo nonostante l’impegno di medici e infermieri.
  • Posti letto negli ospedali: la decisione di liberare migliaia di posti letto in un tempo brevissimo ha suscitato critiche non solo a sinistra, anche uno dei supporter più “scalmanati” di Orbán, Zsolt Bayer ha espresso dubbi. Dal punto di vista logico non vi sono dubbi sulla la necessità di liberare posti letto per l’emergenza. Questa decisione però è stata presa senza alcuna cooperazione con l’apparato medico e con una tempistica dai più giudicata assurda, ma soprattutto ingestibile. Così famiglie si sono ritrovate da un giorno all’altro a gestire parenti gravemente malati a casa. Non sono stati molti i casi, ma proprio per questo potevano essere gestiti meglio. Soprattutto in considerazione del fatto che i letti liberati negli ospedali non sono serviti e sono quindi rimasti vuoti.
  • Legge sulle fake news: al momento della presa dei “pieni poteri” la legge più controversa è stata quella sulle fake news. Una legge che punisce fino a 5 anni di reclusione chi diffonde notizie false o che potessero turbare l’ordine pubblico. Una legge che è servita a poco, 91 procedimenti avviati e solo in 2 casi si è arrivati al rinvio a giudizio. Una legge però che ha fatto scalpore con l’arresto di due persone, poi liberate, che avevano osato solamente criticare il governo. Una legge la cui applicazione è ampia e che ha tutte le caratteristiche di voler intimidire le persone piuttosto che fermare la diffusione di fake news.
  • Settore turistico: è il settore più colpito in tutto il mondo. Però nonostante le parole roboanti del governo di aiuti se ne sono visti pochi, soprattutto se si confronta la situazione con altri paesi. In particolare le guide turistiche le più colpite non hanno nella maggior parte dei casi avuto nessun aiuto, neanche la sospensione delle tasse che ha riguardato invece altri settori come ad esempio i tassisti. Le associazioni di categoria hanno più volte fatto sentire le proprie critiche contro il governo.
  • Assistenza per disoccupazione: in Ungheria i sussidi ai disoccupati sono molto limitati nel tempo, 3 mesi, e molto bassi. Nonostante il forte aumento dei disoccupati, le prime stime parlano di 400.000 persone, il governo non ha avviato nuove misure di aiuto puntando tutto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, anche nel settore statale. Un programma d’azione sicuramente molto limitato almeno nel breve periodo.
  • Unità nazionale: in momenti difficili si dovrebbe cercare di trovare il comune denominatore tra la forze politiche per avviare provvedimenti che necessitano di un forte consenso. Questo, al solito, in Ungheria non è avvenuto. Le colpe sono di entrambi i protagonisti, però dal punto di vista del governo numerosi sono stati i provvedimenti e le parole che hanno non solo impedito qualsiasi cooperazione, ma che hanno avuto fare provocatorio e accusatorio. Non è una sorpresa, la politica e la società ungherese sono divisi, però dal primo ministro bisogna aspettarsi di più da questo punto di vista.
  • Legge “insalata”: a confermare come anche durante l’emergenza sanitaria ci siano state operazioni politiche che hanno approfittato della situazione per avvantaggiarsi lo confermano alcune leggi. Leggi approvate durante i pieni poteri che hanno così potuto scavalcare il dibattito parlamentare. La secretazione dei lavori della linea ferroviaria Budapest-Belgrado, la legge sulla transessualità, la legge sulle amministrazioni locali, sono solo alcuni di questi provvedimenti.

 

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Foto di copertina: blikk.hu