L’Ungheria ha chiuso i confini, per la seconda volta, dal 1° settembre. Sono passati ormai 4 mesi e fino al 1° febbraio le regole di ingresso probabilmente rimarranno immutate. Continuano a essere numerose le eccezioni per l’ingresso, ma uno straniero che non abita e non ha lavoro o motivi di business in Ungheria non può entrare nel paese neanche con test anti-covid negativo. 

Perchè chiudere i confini? “Il virus viene dall’estero”

Orbán ha inizialmente giustificato la chiusura dei confini con il fatto che il virus sia “straniero”. Chiudere i confini voleva significare quindi chiudere le porte “alle contaminazioni che arrivano da fuori”. Una volontà politica che non riguarda solo il virus, ma che nell’ideologia del Fidesz comprende anche quelle “mode”, “tendenze”, “idee” che “minacciano” la società ungherese. Un’idea che può piacere o meno, ma resta il fatto che nel caso specifico del covid i confini sono stati chiusi dopo che i buoi erano scappati, o meglio in questo caso dopo che il virus era entrato. In un mondo globalizzato gli spostamenti sono rapidi e continui, il primo caso di covid in Ungheria è stato registrato in marzo.

Alcuni media hanno avanzato anche altre motivazioni. Con la chisura dei confini e lo stop al turismo l’aeroporto di Budapest si trova in una difficile crisi. E sembrerebbe che proprio alcuni uomini legati al partito di governo abbiano intenzione di acquistarlo. Di certo i confini non sono stati chiusi per questo, ma con questa crisi il valore dell’aeroporto è di certo molto diminuito. 

L’eccezione, poco fortunata, dei paesi di Visegrad

L’annuncio della chiusura dei confini è stato seguito pochi giorno dopo dal contrordine: i cittadini dei paesi di Visegrad (Rep.Ceca, Polonia, Slovacchia) che avevano già prenotato le proprie vacanze in Ungheria erano esautorati dal divieto. Una decisione presa dopo le rimostranze mostrate da questi a Budapest. Una misura che ha destato non poche critiche e ironia

Sicuramente è stata una scelta non di successo visto che nella seconda ondata di contagi da coronavirus proprio Rep.Ceca e Polonia sono stati tra i paesi in Europa più colpiti

Contagi e decessi in salita nonostante la chiusura

In Ungheria da settembre ad oggi la curva epidemistologica del paese sostanzialmente è stata abbastanza simile a quella degli altri paesi dell’area che non hanno adottato misure di chiusura dei confini così rigide. I confini sono stati chiusi dal primo settembre, ma fino a metà dicembre non si è registrato un calo dei nuovi contagi.

covid ungheria

Un macigno sul turismo e su tutti quelli che si muovono

Chiudere i confini in maniera repentina e unilaterale ha rappresentato un danno enorme in primis al settore turistico. Il settore ad agosto aveva avuto una leggera ripresa subito stroncata dalla chiusura dei confini dal primo settembre. I confini sono stati chiusi in Ungheria quando vi erano in media meno di 400 nuovi contagi al giorno. In altri paesi invece il settore turistico ha potuto proseguire a settembre e anche nella prima parte di ottobre. In Ungheria questo non è accaduto.

In futuro peserà la decisione unilaterale presa dal paese. Uno dei maggiori danni sono infatti le chiusure repentine e decise autonomamente dai paesi che così creano precedenti negativi che possono disincentivare l’arrivo di turisti. Proprio per questo l’UE stava, e sta, cercando di darsi un protocollo comune per la riapertura dei confini, progetto che è rimasto sostanzialmente solo sulla carta visto che ogni paese continua a gestire gli ingressi come crede. 

Il problema maggiore riguarda però le persone senza residenza che per qualche motivo, non inerente al turismo, devono entrare o uscire dal paese. Il movimento oggi è possibile per gli stranieri se si possiede un certificato che attesta “motivi di business”. Ed in questo caso non è richiesta nessun risultato di test anti-covid, l’ingresso è libero. Questo ovviamente ha portato alla ricerca di questi certificati. Per entrare nel paese si chiede a qualcuno di emettere questa “certificazione” che attesti i motivi di business, una motivazione comunque alquanto vaga. 

L’altro punto dolente sono i controlli. Numerose sono le testimonianze che riportano soprattutto nei confini terrestri controlli vaghi e occasionali. Un sistema di controlli che quindi non funziona a dovere ma che anzi possiede numerose falle.

La chiusura dei confini già da settembre ha quindi unicamente portato più burocrazia, più incertezza, un danno economico e nessun contributo tangibile nella lotta contro l’epidemia. Un sistema di controlli efficace con l’obbligo, per tutti, di presentare un test covid negativo sarebbe forse una soluzione migliore.  



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