Con la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha risolto definitivamente un vecchio contenzioso amministrativo del TAR del Friuli Venezia Giulia gravante sull’area del porto di Trieste denominata “ex Aquila”, si è dato il la alla firma dell’accordo di sviluppo infrastrutturale italo-ungherese che prevede il trasferimento della proprietà della stessa al governo ungherese affinché la destini a terminal portuale marittimo situato all’imbocco del canale navigabile.

Dopo le preliminari prese di contatto e l’iniziale scambio delle lettere d’intenti avvenuti già nel 2019 e proseguiti l’anno successivo (sull’argomento Ungheria News ha già pubblicato un dettagliato articolo), Budapest ha legittimamente subordinato la definitiva compravendita del terreno alla cancellazione di alcuni farraginosi contenziosi amministrativi esistenti da anni in capo alle due società intestatarie del terreno nei confronti di vari enti pubblici italiani. Con in ballo una fondamentale concessione pluridecennale destinata a cambiare le rotte del traffico commerciale internazionale ungherese il governo Orbán, sia per tenersi al riparo da spiacevoli sorprese che per cercare di forzare lo sblocco dell’impasse giudiziale, decise ad un certo punto di considerare Capodistria come possibile destinazione alternativa per la realizzazione del terminal ed i relativi investimenti logistici sull’Adriatico.

Szijjártó-Fedriga

Il Presidente della Regione FVG Fedriga, a destra, e il ministro degli esteri ungherese Szijjártó, a sinistra

Ora che invece l’accordo con le autorità italiane è stato siglato e il rogito notarile avvenuto, la nuova società di diritto pubblico ungherese incaricata di gestire la nascita dell’infrastruttura, Adria Port Zrt., è in grado di presentare il piano di riqualificazione dell’intera area di complessivi 32 ettari ed un fronte mare di 300 metri, che comprende la bonifica e la messa in sicurezza di tutto il lotto. Il passo successivo sarà quello della firma dell’Accordo di Programma con il nostro Ministero dell’Ambiente relativamente all’approvazione del Piano di riqualificazione dell’area inquinata e alla costruzione della nuova banchina.

Con il terminal triestino l’Ungheria si riaffaccia sull’Adriatico dopo un secolo di assenza, da quando nel 1920 il trattato del Trianon la privò definitivamente del porto di Fiume che le era stato assegnato dalle clausole del Compromesso del 1867 che sancì la nascita della Monarchia Austro-Ungarica assegnando peraltro a Vienna il porto di Trieste quale suo proprio sbocco marittimo. Oggi, per ironia della sorte, Budapest sceglie proprio Trieste per costituire la sua nuova piattaforma commerciale marittima, proiezione di un  ritrovato slancio economico fondato sul rilevante export garantito dalla filiera produttiva legata alle multinazionali dell’automotive, del settore farmaceutico e alla propria agricoltura in forte espansione, cresciuta enormemente nell’ultimo quinquennio in termini di ammodernamento delle tecnologie impiegate e della competitività qualitativa raggiunta dai suoi prodotti sui vari mercati. Un binomio, quello italo-ungherese, che si spera vincente perché spesso l’unione combinata dei due Paesi è stata foriera di sviluppi positivi ogni qualvolta si sia presentata la possibilità di un’azione coordinata comune.



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Foto: All Trieste News, Giovanni Montenero per Euroregionews