Il ruolo di Tibor Nyilasi

Se un merito ha avuto l’Aranycsapat, la ‘squadra d’oro’ emblema del calcio ungherese degli anni ‘50, è stato quello di aver imposto all’attenzione l’invenzione tattica del centravanti arretrato o di manovra, quello che correntemente, secondo la tendenza spagnoleggiante del football targato anni 2000, è ormai noto come falso nueve.

Lo stesso Johan Cruijff – che del mondiale tedesco del ’74 fu indiscusso protagonista di livello assoluto – ebbe modo di distinguersi proprio in questo tipo specifico di ruolo, insomma, non inventò nulla di nuovo, ma ne rese magistrale l’interpretazione.

Ecco, è questo il prototipo che meglio di qualunque altro può far comprendere a quale tipologia di calciatore s’ispirasse Tibor Nyilasi, che gli almanacchi, di solito, etichettano come attaccante. Non una vera e propria punta, ma un elemento offensivo in grado di partecipare alla costruzione del gioco, di rifinire e di concludere a rete, spesso col suo pezzo forte, il colpo di testa in elevazione. La sua confidenza col gol – 132 con la maglia del club magiaro più titolato di sempre, il Ferencváros, e 81 con l’Austria Vienna – è la prova eloquente di quanto appena affermato.

Il mundial argentino del 1978

Tibor faceva parte della rappresentativa ungherese che prese parte al mundial argentino del ’78, primeggiando nel girone di qualificazione davanti alla temibile Urss dell’ex pallone d’oro Oleh Blochin, estromessa per un punto, e aggiudicandosi lo spareggio intercontinentale con la Bolivia.

Di quella nazionale era il simbolo, insieme all’astro nascente András Törőcsik, promettente attaccante dell’Újpest Dózsa che, per la chioma bionda, pareva il chitarrista di una band pop o rock. Spiccavano anche il libero (allora si definiva così) László Bálint e László Fazekas, detto ‘Kapa’, prolifica punta che nell’Újpest spalleggiava Törőcsik. Ma Nyilasi era l’uomo più rappresentativo, quello che con i suoi movimenti tra mediana ed attacco poteva mandare in crisi le difese avversarie, specie quelle dell’epoca, ancora in massima parte rigorosamente fedeli al credo della marcatura a uomo.

Il sorteggio di gennaio non sorrise all’Ungheria, capitata in un girone a dir poco rognoso, con i padroni di casa dell’Argentina, l’Italia di Bearzot (desiderosa di riscatto dopo la clamorosa figuraccia di quattro anni prima in Germania) e la Francia di Michel Platini, per tutti le roi, che terrorizzava i portieri del torneo con le sue punizioni dal limite dell’area.

Il buongiorno si vide subito dal mattino, la gara d’esordio proprio contro la nazionale ospitante, che finì per prevalere, seppur a fatica, solo a sette minuti dal termine, dopo essere addirittura passata presto in svantaggio al 10’, in seguito ad una rete di Károly Csapó che aveva approfittato di una corta respinta di Fillol. Il ct Lajos Baróti aveva schierato un undici raccolto, usando due ali tattiche e con Törőcsik unica vera punta, supportata proprio da Nyilasi, che col suo movimento tra le linee causò più di un’apprensione alla retroguardia albiceleste. Parve che l’andamento del match premiasse le scelte del selezionatore danubiano.

Invece, sarà un caso, ma proprio Nyilasi e Törőcsik rientrarono anzitempo sotto la doccia, il secondo per doppia ammonizione – quella decisiva davvero molto opinabile, dopo un contatto con Gallego, apparso ai più di ordinaria amministrazione – mentre il primo venne allontanato per un fallo di evidente frustrazione, dovuta ad una direzione di gara del portoghese Garrido fortemente sospettabile di partigianeria. Fatto sta che proprio le due pedine più importanti per le trame offensive magiare vennero meno nella sfida contro l’Italia, che vinse abbastanza agevolmente per 3-1. Identico l’esito finale dell’ultima sfida contro i galletti transalpini, nonostante il rientro in campo di Nyilasi e Törőcsik.

nazionale ungherese 1978

La nazionale ungherese del mondiale del 1978. Foto: valogatott.blog.hu

Il malinconico riflesso di un passato luminoso

Insomma, zero punti nel girone, appena 3 gol fatti e ben 8 subiti, la nazionale ungherese non si dimostrò degna erede della ‘squadra d’oro’. Un vero peccato, perché se, al netto di quanto accadde contro l’Argentina, avesse potuto riproporre meglio la mossa tattica del centravanti arretrato, nella versione incarnata da Nyilasi, forse avrebbe potuto levarsi qualche soddisfazione ed offrire miglior prova di sé. Così non andò ed i rimpianti rimasero, non cancellati nemmeno dalla spedizione successiva in Spagna quattro anni dopo, quando Nyilasi figurava ancora quale vessillifero di un calcio che poteva tornare a rivoluzionare la scena calcistica. Ma nemmeno in terra iberica l’Ungheria superò il primo turno, nonostante un esordio deflagrante per 10-1 contro la nazionale di El Salvador. E quello che poteva essere un nuovo futuro divenne solo un malinconico riflesso di un passato luminoso, sì, ma destinato a non tornare più.    



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Foto: nemzetisport