Di lui si rammentano solo i calciofili accaniti, quelli che vivono il tempo a consumare gli almanacchi e a rispolverare storie ormai dimenticate. Gábor Pölöskei ha vissuto il suo fugace momento di gloria durante i mondiali spagnoli del 1982, quando l’Ungheria disputò la fase finale in terra iberica in un girone di cui facevano parte anche l’Argentina campione del mondo in carica, il Belgio, vicecampione d’Europa agli Europei italiani di due anni prima, e la cenerentola El Salvador.

Che tale si conferma nel match d’esordio, proprio contro i magiari, che lo subissano per 10-1. Una goleada immane, che replica nelle proporzioni (9-0) quella della Jugoslavia contro lo sventurato Zaire nella Coppa del mondo del ’74 in Germania occidentale. Dopo l’incornata vincente di Tibor Nyilasi già al 4’, fu proprio Gábor a raddoppiare al minuto n. 11, lo stesso della maglia da lui indossata per quella rassegna, con una staffilata di sinistro in diagonale dopo essere penetrato indisturbato nell’area salvadoregna.

La goleada contro El Salvador: 10 – 1

Punta in forza ai biancoverdi del Ferencváros, capace di destreggiarsi abilmente tra prima linea e mediana, Pölöskei in quella gara componeva un terzetto offensivo completato da László Fazekas a destra e dal rampante András Törőcsik al centro. Di quella ricca vendemmia di gol beneficiarono anche László Kiss (subentrato nella ripresa) con una tripletta, gli stessi Nyilasi e Fazekas con due centri personali a testa, nonché József Tóth e Lázár Szentes.

Un autentico incubo senza fine per i centroamericani – che, peraltro, chiusero il raggruppamento a 0 punti, con una sola rette fatta e ben 13 incassate – ed un’estasiante bengodi per i danubiani. Un ottimo viatico in vista della seconda gara contro gli argentini, superati a sorpresa nella partita inaugurale per 1-0 dal Belgio, con un assolo di Erwin Vandenbergh. Il compito non era dei più agevoli, toccava arginare la sete di riscatto degli albiceleste sudamericani, ma, purtroppo, per la selezione guidata da Kálmán Mészöly andò proprio male.

Argentina – Ungheria 4 – 1

Il c.t. danubiano scelse una formazione più coperta, ridimensionando il trio d’attacco e lasciando fuori sia Fazekas che Törőcsik, quest’ultimo sorprendentemente a secco all’esordio, per puntare sui soli Kiss e Pölöskei in avanti, con Nyilasi a sostegno. Invano. Nel giro di un paio di minuti poco prima della mezz’ora di gioco due tocchi sotto misura di Daniel Bertoni e Diego Maradona
schienarono gli ungheresi, prima che nella ripresa ancora Maradona e Osvaldo Ardiles, per grazioso e congiunto omaggio del portiere Ferenc Mészáros e del centrale difensivo László Bálint, arrotondassero ulteriormente il punteggio.

Spettò proprio a Pölöskei salvare quello che restava dell’onore danubiano con una precisa e potente conclusione di destro dal limite, vanificando il
tuffo del portiere argentino Ubaldo Fillol. Tutto questo mentre i belgi vincevano quel tanto che bastava (1-0) contro El Salvador per piazzarsi a 4 punti in testa alla classifica del girone, seguiti proprio da Argentina ed Ungheria a 2. Giochi ancora aperti, ma ancora una volta la teoria fu smentita dalla pratica.

Il pareggio con il Belgio: 1 – 1

Perché ai tangueiros argentini, nell’ultimo turno, toccavano proprio i salvadoregni ultimi della classe, mentre i magiari dovevano vedersela col solido Belgio, non proprio spettacolare ma in ogni caso molto concreto. Ed infatti, mentre Passarella e Bertoni bastarono ed avanzarono per archiviare la comoda pratica a loro assegnata dalla sorte, Mészöly, rompendo gli indugi e tentando
il tutto per tutto, presentò in campo Fazekas, Törőcsik, Kiss e Pölöskei tutti insieme.

E i fatti sembrarono dargli ragione, perché furono proprio gli ungheresi a chiudere in vantaggio la prima frazione di gara, anche se con una repentina incursione offensiva del difensore József Varga, che colse impreparata l’intera retroguardia belga.

Nel secondo tempo Mészöly pensò bene di cautelarsi e sostituì uno dei quattro attaccanti, Kiss, con un uomo d’ordine in più, Ferenc Csongrádi, al 70’, ma nemmeno questo fu sufficiente per scongiurare la beffa, doppia se si pensa che a materializzarla fu giusto sei minuti dopo Alex Czerniatynski, attaccante di origini polacche che, con un tocco nei pressi del dischetto, segnò il pari e consentì ai suoi di superare il turno addirittura da primi con 5 punti, mentre gli argentini accedettero alla fase successiva con 4 e l’Ungheria tornò mestamente a casa con 3, dopo essere stata ad un passo dalla qualificazione.

Un epilogo triste – ma non del tutto impronosticabile, considerate le antagoniste in lizza – che lasciò l’amaro in bocca anche a Pölöskei, che dovette accontentarsi di appena 15 presenze e 4 reti con la casacca della sua Nazionale e di quest’effimero momento di gloria, con la magra consolazione di essere l’unico tra i compagni di reparto ad essere partito sempre titolare.



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Foto: fourfourtwo.hu