È appena entrato in vigore il nuovo decreto del Governo di Viktor Orbán, che prevede una nuova stretta sull’interruzione volontaria di gravidanza. Diventa infatti obbligatorio l’ascolto del battito cardiaco fetale alle donne che si apprestano ad abortire, come parte del “consenso informato” prima di eseguire la procedura.

Tale pratica – ritenuta inaccurata da molti medici ed esperti, dal momento che nelle prime settimane della gravidanza tale suono è generato dalle macchine ad ultrasuoni con cui si procede all’ecografia – è l’ennesima stretta sui diritti riproduttivi delle donne, adottata senza nessuna consultazione e che di fatto rende più difficile usufruire del diritto ad abortire dal momento che potrebbe costituire nella maggior parte dei casi un’esperienza traumatica per le donne che vogliono accedervi.

Bruxelles: Ungheria non può essere considerata una democrazia completa

La reazione del Parlamento Europeo non si è fatta attendere, ieri i deputati hanno approvato un progetto di relazione che avverte che il Paese non può più essere considerato una democrazia completa. La relazione è stata approvata con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astenuti. Gli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro il rapporto in cui si definisce il Paese come una “minaccia sistemica ai valori fondanti dell’Ue ed una autocrazia elettorale”.

Tale documento ha una portata simbolica e relativamente pratica, infatti definisce l’indirizzo politico del Parlamento provando a spronare il Consiglio e la Commissione Europea: “La mancanza di un’azione decisiva da parte dell’Ue – si legge nella relazione – ha contribuito all’emergere di un regime ibrido di autocrazia elettorale, ovvero un sistema costituzionale in cui si svolgono le elezioni ma manca il rispetto di norme e standard democratici.”

È stato anche chiesto che si proceda con le misure previste dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea, attivato nel 2018, che può portare alla sospensione del diritto di voto dell’Ungheria al Consiglio dell’Unione. L’articolo 7, infatti, non richiede l’unanimità degli Stati membri per identificare “un chiaro rischio di grave violazione dei valori europei”, anche se poi servirebbe il consenso di tutti i Paesi per arrivare fino in fondo alla procedura e sospendere i diritti dell’Ungheria.

La situazione in Europa

In Europa non esiste una legge uniforme sull’aborto, il 9 giugno scorso è stata votata una risoluzione per includere il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

Nella maggioranza dei Paesi dell’Unione infatti, le donne che vogliono abortire devono sostenere percorsi burocratici estremamente lunghi e ostruzionismo da parte del personale sanitario. Finiscono quindi col ripiegare su pratiche rischiose che mettono in pericolo, se non addirittura portano alla morte. Nella vicina Polonia, così come a Malta, l’aborto è illegale in tutti i casi, ed in Italia la situazione è altrettanto critica, con tassi di obiezione di coscienza tra l’ 80-100% in alcune regioni

Proprio a causa della situazione dello Stato di diritto e dei problemi legati alla corruzione, la Commissione Europea non ha ancora approvato il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Ungheria, l’ultimo tra quelli degli Stati membri rimasto in sospeso. L’esecutivo comunitario ha di fatto “congelato” i fondi, quasi sei miliardi di euro, preoccupato per la situazione attuale che mette in pericolo i valori democratici dell’UE.

I prossimi giorni saranno decisivi, in questo braccio di ferro tra il Governo Orbán e Bruxelles, dal momento che questa domenica, la Commissione dovrebbe fare il passo successivo in questo processo proponendo formalmente al Consiglio dell’UE di sospendere una parte significativa dei fondi del bilancio dell’UE dell’Ungheria.



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